2018-09-09
La quiete dopo la sferzata sulle toghe. Salvini calma il M5s e zittisce il Pd
Il capo leghista abbassa i toni: «Non esiste alcun golpe giudiziario». L'ala più dura del Movimento apprezza. Fallito l'ennesimo tentativo di dividere l'esecutivo, resta l'anomalia del sequestro monstre che investe la Lega.Con una tecnica comunicativa tipicamente trumpiana, Matteo Salvini un giorno accelera e il giorno dopo - ma solo in apparenza - scala le marce. Alcuni ve la racconteranno così, come una frenata, la performance di ieri del ministro dell'Interno a Cernobbio. Ma la verità è che il leader leghista è talmente al centro della scena, e con così tanto vento di consenso nelle vele, che può permettersi, dopo il videomessaggio dell'altro giorno, una sortita da «forza tranquilla» davanti agli imprenditori e ai media radunati di fronte al lago di Como per il Forum Ambrosetti.«Io sono amico di tutti, anche dei magistrati che indagano su di me», ha detto. «Ho la coscienza così a posto che sono disposto ad essere indagato anche per altre 15 fattispecie di reato. Non c'è nessun golpe giudiziario, ci sono delle inchieste, e spero che facciano bene e in fretta. Siccome non sono sopra la legge, sono disponibile ad andare a Palermo a piedi a spiegare come e perché sto combattendo l'immigrazione clandestina. Rispetto il lavoro di tutti, non mi tolgono il sonno e vado avanti a lavorare per fare quello che gli italiani mi chiedono». E ancora: «Conto di fare per almeno cinque anni il lavoro di ministro, senza essere considerato un assassino o un rapitore. Ci rivedremo l'anno prossimo, se sarò ancora a piede libero».E così, Salvini ha spiazzato tutti anche dal punto di vista del tono.L'ala più combattiva del «partito giustizialista» era già partita a descriverlo come un eversore, come un toro infuriato, e invece il leader leghista ha scelto ironia e pacatezza. Gli stessi 5 stelle, mettendo non poco a disagio i media più manettari da sempre fiancheggiatori del Movimento, non sono affatto andati all'assalto contro Salvini. Anzi. Ieri è emersa la notizia di un incontro dell'altra notte tra Salvini e Luigi Di Maio, faccia a faccia descritto dallo stesso vicepremier grillino nell'intervista a lato. E ieri pure il ministro Bonafede, che aveva punto il leader leghista dopo l'apertura dell'avviso di garanzia in diretta Fecebook, ha vestito panni da pompiere: «Il mio non era un attacco a Salvini ma una precisazione. Un ministro ha il diritto di dire che un magistrato sta sbagliando, ma dire che un magistrato sta sbagliando perché è di destra o sinistra è errato».Morale. Primo: il governo difende la linea di Salvini sull'immigrazione, senza sbavature e senza defezioni. Secondo: non sembra proprio che M5s e Lega vogliano creare o subire una crisi di governo. Terzo: anche politicamente, per il momento, non sembra avere spazio l'operazione volta a inserire un cuneo tra Salvini e Di Maio.Quarto: restano certamente (anche nel mondo leghista) fondate e non marginali perplessità sulle parti meno garantiste del pacchetto anti corruzione annunciato dal Guardasigilli (e ieri duramente criticato, con argomenti solidi, dall'ex magistrato Carlo Nordio), ma non è improbabile che si giunga a una forte limatura parlamentare degli aspetti più controversi, come per altro annunciato da Salvini stesso. E (punto forse più significativo) quinto: a moltissimi pare abnorme la storia del sequestro dei 49 milioni contro la Lega, che mette a rischio perfino i proventi attuali del 2 per 1.000, o le donazioni più recenti dei militanti leghisti.Ieri La Verità lo ha già fatto, ma vale la pena di ribadirlo ancora: senza alcuna simpatia per il vecchio finanziamento pubblico dei partiti o per i successivi rimborsi elettorali, va ricordato che la legge in vigore fino a qualche anno fa non obbligava i partiti a rendicontare le spese, ai fini di quel rimborso. Semmai - giusto o sbagliato che fosse - li rendeva beneficiari di una somma per ogni voto ricevuto. Come si possa - adesso - giungere al sequestro della somma mirabolante di 49 milioni per una ipotetica malversazione di circa poche centinaia di migliaia di euro, commessa da un diverso gruppo dirigente, il cui processo è peraltro ancora in fase in appello, suona francamente strano. Non si è fatto così per altri partiti, né - in questo caso - sembrano adeguatamente tutelati due cardini costituzionali: il carattere personale della responsabilità penale e la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva.Resta, però, la battaglia mediatica e di consenso, che finora vede Salvini trionfatore assoluto. La sensazione è che la sinistra continui a non imparare dai propri errori, e che stia tentando di applicare al leader leghista la stessa «tecnologia» sperimentata per 20 anni contro Silvio Berlusconi: demonizzazione personale e aggressione giudiziaria.Non funzionò allora, nel senso che la sinistra perse quasi sempre; né sembra che possa funzionare adesso.La storia è sempre la medesima: Pd e compagni cercano la scorciatoia, sperano nel rovesciamento del governo per via giudiziaria (che riediti l'asse Pd-M5s invocato da molti), attaccano selvaggiamente il nemico (ma gli regalano regolarmente il centro della scena), e soprattutto dimenticano un «dettaglio», cioè gli elettori, che oggi più di ieri, in larga maggioranza, sembrano odiare questo metodo, e tendono a simpatizzare per chi ne è bersaglio.Risultato? Appuntamento al prossimo sondaggio, dopo il 33,5% per la Lega pubblicato dal Corriere della Sera l'altro giorno. E c'è chi - non solo tra gli amici di Salvini - pensa che Pd, sinistra e odiatori del leader leghista, con le loro mosse autolesioniste e controproducenti, stiano costituendo una specie di involontario «comitato per Salvini al 40%».
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 16 settembre con Carlo Cambi
Il killer di Charlie Kirk, Tyler Robinson (Ansa)