Dopo 10 anni di assenza, il protagonista assoluto della della pop art Americana torna in mostra a Milano con una grande esposizione allestita (sino al 26 marzo 2023) negli spazi della Fabbrica del Vapore. In un’esplosione di colori, oltre trecento opere raccontano la parabola artistica e umana di uno degli artisti più originali e innovativi della storia dell’arte mondiale.
Dopo 10 anni di assenza, il protagonista assoluto della della pop art Americana torna in mostra a Milano con una grande esposizione allestita (sino al 26 marzo 2023) negli spazi della Fabbrica del Vapore. In un’esplosione di colori, oltre trecento opere raccontano la parabola artistica e umana di uno degli artisti più originali e innovativi della storia dell’arte mondiale.Di umili origini, ossessionato per tutta la vita dall’idea di essere brutto, una vocazione artistica precoce che sfociò in un talento di quelli con « T» la maiuscola . Un talento che divenne genialità e rivoluzionò per sempre il mondo dell’arte. A tal punto da creare un genere, da dare la «paternità» a un genere. Perché dire Warhol, Andy Warhol, è come dire pop art, popular art.Quell’arte apparentemente semplice e colorata, ispirata alla società consumistica americana degli anni ’60 e alla rappresentazione in serie degli oggetti comuni, quelli più banali e commerciali: lattine, bottiglie, riviste, lavatrici, televisioni, poster, fumetti. Prodotti di massa, oggetti ordinari e accessibili a tutti elevati al grado di opere d’arte. E in questo Warhol fu maestro. Se la sua sia stata un’arte critica o un’esaltazione della società iperconsumistica in cui si è trovato a vivere, non è ancora ben chiaro, quello che è certo, è che Warhol – inizialmente stroncato dalla critica - è stato un artista straordinario, rivoluzionario e poliedrico. Grafico, pubblicitario, illustratore, pittore, scultore, regista, persino produttore musicale (della band d'avanguardia The Velvet Underground, di cui faceva parte Lou Reed), attorno a lui si muoveva un mondo in fermento, quello degli artisti e delle superstar che frequentavano la sua factory, il suo studio newyorkese in cui si faceva di tutto, dalle serigrafie ai film. Musica. E anche orge, tante. Alcool e anfetamine. Feste trasgressive. «Non era chiamato la Fabbrica senza motivo. Era qui che la linea di assemblaggio delle serigrafie aveva luogo; e mentre una persona produceva una serigrafia, qualcun altro poteva girare un provino. Ogni giorno si faceva qualcosa di nuovo» ha dichiarato John Cale dei Velvet in un’intervista di qualche tempo fa… Keith Haring e Jean-Michel Basquiat, Truman Capote e Mike Jagger, persino Salvador Dali. Tutti gli artisti più trasgressivi e geniali passarono dalla factory e dal suo guru dalla chioma posticcia, il «Raffello della società di massa americana…colui che ha dato classicità alla pop art e profondità all’immagine attraverso la superficialità», come lo ha definito Achille Bonito Oliva, curatore , insieme a Edoardo Falcioni, della mostra milanese Andy Warhol. La pubblicità della forma.La mostra Trecento opere (divise in sette aree tematiche e tredici sezioni) che spaziano dagli inizi negli anni Cinquanta all’ultimo decennio degli anni Ottanta catapultano letteralmente il visitatore nel mondo flou e ipercolorato della pop art. Coloratissime le opere. Coloratissime le pareti. Sensazionale la riproduzione della Silver Factory, coperta di stagnola e vernice argentata come l'originale, il divano rosso al centro. A colpire le serigrafie, l’intuizione che ha reso Warhol ricco e famoso, quelle immagini ripetute più e più volte, quasi all’infinito, in modo da farla entrare per sempre nella mente del pubblico, esattamente come fa la pubblicità: le arcinote Lattine Campbell, Flowers, i ritratti in serie delle celebrità dell’epoca, da Marilyn Monroe a Mao Zedong, passando per il Che Guevara e Gianni Agnelli. E poi la serie Ladies & Gentlemen (dedicata alle drag queen, i travestiti, simbolo di emarginazione per eccellenza e considerati da Warhol delle superstar) e la sezione che raccoglie le sue ultime opere (Andy Warhol, nato a Pittsburgh nel 1928 da genitori di origine cecoslovacca, muore nel 1987 a New York per una infezione alla cistifellea), quelle che in cui diviene predominante il rapporto col sacro: potrà suonare strano, ma nonostante l’esistenza trasgressiva e sempre sopra le righe, Warhol era un cattolico praticante e lo spirito religioso lo pervase per tutta la vita, un po’ come la sua timidezza.Accanto a queste opere, quasi tutte uniche, sono parte del percorso espositivo anche disegni, fotografie, dischi originali, T-shirt, il computer Commodore Amiga 2000 con le sue illustrazioni digitali (le prime della storia), la BMW Art Car dipinta da Warhol con il video in cui la realizzò e una parte multimediale con proiezioni di film da vedere con gli occhialini tridimensionali.La mostra-evento alla Fabbrica del Vapore rappresenta un’ occasione davvero unica e imperdibile per godere appieno di un artista trasversale e sempre attuale. E della sua arte coraggiosa, innovativa e traboccante di idee.
Alice ed Ellen Kessler nel 1965 (Getty Images)
Invece di cultura e bellezza, la Rai di quegli anni ha promosso spettacoli ammiccanti, mediocrità e modelli ipersessualizzati.
Il principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud e il presidente americano Donald Trump (Getty)
Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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Lockheed F-35 «Lightning II» in costruzione a Fort Worth, Texas (Ansa)
- Il tycoon apre alla vendita dei «supercaccia» ai sauditi. Ma l’accordo commerciale aumenterebbe troppo la forza militare di Riad. Che già flirta con la Cina (interessata alla tecnologia). Tel Aviv: non ci hanno informato. In gioco il nuovo assetto del Medio Oriente.
- Il viceministro agli Affari esteri arabo: «Noi un ponte per le trattative internazionali».
Lo speciale contiene due articoli.
Roberto Cingolani, ad e direttore generale di Leonardo (Imagoeconomica)
Nasce una società con Edge Group: l’ambizione è diventare un polo centrale dell’area.







