2019-09-04
La psicosi molestie fa male alle donne ma ancora continua
Il codice rosso rende più difficile individuare i casi urgenti di violenza. A Milano intanto pensano a cambiare la lingua. Sono inquietanti le dichiarazioni del capo della Procura di Milano, Francesco Greco, riportate ieri dal Corriere della Sera. Il magistrato si è espresso a proposito del cosiddetto «codice rosso», la riforma entrata in vigore il 9 agosto scorso che impone alle forze dell'ordine di comunicare subito alla Procura le notizie di reati riguardanti le violenze sulle donne, compresi maltrattamenti e stalking. Il fatto è, dice Greco, che da quando la legge è operativa le segnalazioni ai pm sono raddoppiate. A Milano «arrivano 30 allarmi al giorno contro i 15 del 2018». L'anno scorso furono aperti 5.395 fascicoli per reati di questo tipo, ora si rischia l'aumento esponenziale. Il problema, secondo Greco, è che tutte queste segnalazioni non si sa bene come gestirle. La mole delle richieste, spiega il procuratore, «ci impedisce di estrapolare i casi più gravi». Risultato: il dramma di chi è in pericolo di vita rischia di confondersi nel mare di questioni meno urgenti o comunque meno gravi. È un punto, questo, su cui si dovrebbe riflettere con profondità. Perché siamo di fronte alla trasposizione nella realtà di un rischio che da tempo segnaliamo. Da un po' di tempo a questa parte, giustamente, il tema della violenza sulle donne è al centro del dibattito, anche se i dati mostrano che tali violenze sono in calo (e per fortuna). L'argomento, solitamente, viene affrontato con un approccio fortemente ideologizzato, basti pensare agli strascichi che ha avuto nel nostro Paese la campagna del Me too. Per dirla in poche parole: si tende a presentare come «violenza» anche ciò che violenza non è. Stando a ciò che ha comunicato l'Istat nel 2018, «oltre il 43% delle donne italiane ha subito molestie sessuali». Un dato incredibile. Poi, però, scopriamo che il 24% delle donne ha subito «molestie verbali». Capite bene che una parola di troppo gridata da un estraneo non ha lo stesso peso di un pugno o di una violenza sessuale subita da uno sconosciuto o dal partner. Se tutto diventa «violenza» e «abuso», il pericolo che si corre è proprio questo: confondere le acque e far sì che i casi davvero gravi passino in secondo piano o comunque si confondano nel mare di segnalazioni. Questo accade quando si prendono provvedimenti (e si fanno leggi) sulla base dell'ideologia e della moda del momento. Il 2018 è stato senz'altro l'anno delle molestie, numerosi Vip in tutto il mondo si sono sentiti in dovere di mobilitarsi per campagne per lo più mediatiche contro i maltrattamenti. La stessa norma sul codice rosso è stata molto sostenuta da Michelle Hunziker, che ne è diventata testimonial e di fatto - tramite il lavoro della sua associazione Doppia Difesa (gestita con il ministro Giulia Bongiorno) - anche la fonte d'ispirazione. Sul piano dell'immaginario collettivo iniziative di questo tipo colpiscono molto, ma una volta che vengono applicate, poi, cominciano i problemi. Forse, allora, sarebbe il caso di cominciare a scremare, sarebbe opportuno comunicare che non tutto è molestia, e che una parola offensiva è diversa dalle botte. Eppure, la sensazione è che l'ideologia continuerà a dominare. Ormai ogni minimo gesto è divenuto «violenza». A questo proposito portiamo un esempio suggestivo, che viene proprio da Milano. Il 2 agosto scorso, la giunta progressista meneghina ha approvato delle «linee guida per l'adozione della parità di genere nei testi amministrativi e nella comunicazione istituzionale del Comune». In sostanza, il provvedimento prevede che siano modificati «tutta la modulistica amministrativa e i provvedimenti in modo da mettere in evidenza entrambi i generi». Insomma, si correggerà il linguaggio in modo da renderlo più rispettoso delle «differenze di genere». Una boldrinata bella e buona che prevede anche «piani di formazione sull'uso del linguaggio di genere». Sarà tutto un fiorire di «sindaca», «assessora» eccetera. Il Comune di Milano provvederà a sradicare «abitudini linguistiche androcentriche, radicate entro la struttura grammaticale» e provvederà a «modificare la rappresentazione stereotipa delle donne che domina nell'opinione pubblica». Ecco, questo genere di idiozie - inutili e offensive dell'intelligenza e dell'italiano - sono figlie delle stessa subcultura che ha prodotto la psicosi sulle molestie. Una follia che, negli Stati Uniti, ha danneggiato le donne (secondo autorevoli sondaggi le denunce di molestie sono diventate meno credibili) e rischia di danneggiarle sul serio anche qui.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)