
Il fondatore della disciplina già alla fine dell'Ottocento parlava di omosessualità, bisessualità, transessualità, pedofilia, desideri di violenza carnale. Nel suo ultimo libro don Ennio Innocenti attacca il cuore delle sue teorie, contestandone i caratteri di scientificità.Tutti convengono nel dire che l'ultimo mezzo secolo di storia occidentale sia stato un periodo di forte secolarizzazione religiosa, di notevole evoluzione dei costumi e di cambiamenti etici e politici assolutamente radicali. La generazione dei neomaggiorenni nata nel 2000 neppure immagina che negli anni Settanta e Ottanta chi avesse parlato di matrimonio gay sarebbe stato preso per matto, più che per rivoluzionario e visionario. Quando Amintore Fanfani, durante il dibattito sul divorzio in Italia, parlò di un futuro matrimonio tra maschi o tra femmine, quale esito estremo della nuova concezione della famiglia, fu preso per provocatore e terrorista psicologico. E gli stessi dirigenti dei partiti divorzisti, come Enrico Berlinguer per il Partito comunista e Francesco De Martino per il Partito socialista, sarebbero allibiti davanti all'evoluzione storica che poi abbiamo conosciuto. D'altra parte sono note le critiche da sinistra che ricevette Pier Paolo Pasolini per la sua immoralità, mentre fa specie rileggere le pubbliche lodi di Palmiro Togliatti a Maria Goretti, che preferì morire piuttosto che concedersi sessualmente.Il 1968 fu una rivoluzione prima di tutto dei costumi e dei rapporti sociali (aborto, divorzio, omosessualità, droga libera, femminismo) e solo secondariamente della politica e degli assetti internazionali. Sigmund Freud (1856-1939) però, assieme ai suoi discepoli, già alla fine dell'Ottocento parlava di omosessualità, bisessualità, transessualità, pedofilia, desideri di violenza carnale, destando addirittura in alcuni il sospetto di presunte pratiche incestuose con la figlia Anna, durante le sedute di psicanalisi che il medico viennese lascerà in eredità al mondo.Oggi La psicanalisi di Freud e di Jung. Una critica epistemologica, il nuovo libro di Ennio Innocenti - sacerdote, giornalista e scrittore - offre un'analisi scientifica pressoché completa del freudismo. Freud (e in seguito Jung con altri adepti), inventando ex nihilo la psicanalisi, fondò una nuova antropologia, una nuova religione e una nuova scienza. Ma una nuova scienza è possibile in presenza di un nuovo ambito di studi, la cui stessa esistenza è dibattuta, come dimostra don Innocenti. Il fulcro del freudismo ruota come noto attorno all'inconscio e l'Es, che la maggioranza dei mortali tendenzialmente ignora, e che la nuova scienza si propone di svelare. Si tratta di uno di quei postulati che il matematico Piergiorgio Odifreddi chiamerebbe «scienziaggini», ovvero formulazioni con l'apparenza della scienza. Del resto, ben prima di Odifreddi autori di diversa estrazione culturale, come Ellen Grauenbaum, Jacques Derrida e Paul Ricoeur, hanno notato non tanto la fallibilità del metodo psicoanalitico, ma l'indimostrabilità scientifica dei suoi presupposti. Freud desidera curare le malattie psichiche attraverso una nuova metodologia: la presa di coscienza dei contenuti rimossi del soggetto (inconscio), dapprima utilizzando l'ipnosi, in seguito sostituita dall'interpretazione dei sogni, dalla rielaborazione degli atti mancati e dalla libera associazione dei pazienti. Don Innocenti, autore enciclopedico di teologia, filosofia e storia delle idee, in pagine documentate mostra anzitutto le patologie di Freud come uomo, prima ancora che come psichiatra; due aspetti inseparabili per il guru della nuova religione psicanalitica.Già medico Freud, che ebbe una vita piena di sbalzi e contraddizioni, si diede all'uso della cocaina e «se ne infatuò a tal punto da distribuirla a tutti senza chiedersi se vi potessero essere delle controindicazioni. La dette subito all'amico del cuore, il morfinomane Fleischl, per liberarlo dalla tossicomania; la dette alla moglie Martha per colorirne le guance; alle proprie sorelle per tenerle su con la vita; e a colleghi e amici, naturalmente esortandoli a darla ai pazienti».L'autore passa poi a una disamina approfondita della psicoanalisi in sé. Innocenti nota almeno quattro lacune metodologiche in Freud: la scarsa disponibilità alla discussione scientifica, l'assenza di una precisa quantificazione dei fenomeni, la trascuratezza nel verificare prudentemente le ipotesi formulate e la sua inclinazione all'unilateralità.Nel 2011 il filosofo francese Michel Onfray pubblicò un saggio che resterà come uno spartiacque dal titolo inequivocabile, Il crepuscolo di un idolo. Smantellare le favole freudiane, in cui intende smontare gli assunti freudiani. Odifreddi ha dedicato invece un lemma del suo serissimo Dizionario della stupidità alla psicanalisi, ricordando che Vladimir Nobokov definì la nuova religione fondata da Freud «una cura volgare che consiste nello spalmarsi miti greci sulle parti intime». A proposito della quintessenza della metodologia psicanalitica, ovvero L'interpretazione dei sogni (scritto da Freud nel 1899 e da allora uno dei bestseller del pianeta), fa notare: dato che «quasi tutte le cose al mondo sono concave o convesse, il contenuto latente di ciò che sogniamo è quasi sempre un pene o una vagina». D'altra parte per gli epistemologi Ludwig Wittgenstein, Rudolf Carnap e Karl Popper, la psicoanalisi non è falsificabile, non merita il nome di scienza, nel senso galileiano del termine e non è verificabile da nessuno. Secondo Popper, Freud ha costruito una vera e propria «mitologia della psiche». Una mitologia però non innocente, ma che massificandosi ci ha portato a una società senza autorità, senza legami stabili, senza morale e senza principi: tutto ciò sarebbe frutto di complessi e di nevrosi.Ma proprio i concetti più tipicamente freudiani come il complesso di Edipo, il complesso di Elettra, i desideri sessuali dei bambini verso i genitori, il valore dei sogni per la vita cosciente e tutto il resto rimangono secondo Innocenti ben lungi dall'essere universalizzabili, e da casi particolarissimi non può trarsi una teoria generale e invariabile. Trentacinque anni fa Louise de Urtubey faceva ampia luce sullo stretto rapporto tra Freud e l'occultismo, le superstizioni più assurde e la magia (Freud et le diable). Il sacerdote mostra invece il legame tra Freud e la cabala approfondito da David Bakam (Psicanalisi e cabala). Per finire, Freud, che fu sempre allergico alla religiosità, definì la Chiesa cattolica «nemica implacabile della libertà di pensiero e del progresso della conoscenza». E nel 1938, lo stesso anno dell'Anschluss (che lo aveva condotto in Inghilterra), scrisse che «le ricerche psicoanalitiche sono guardate con sospetto dai cattolici e noi non diciamo affatto che essi abbiano torto». Il libro contiene altresì alcuni interventi specifici di altri studiosi e una bibliografia più che abbondante sulle criticità della nuova «scienza». Leggerlo permetterà di cogliere appieno la definizione di Karl Kraus: «La psicoanalisi è quella malattia di cui ritiene di essere la terapia».
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Giusi Bartolozzi (Ana)
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