2019-06-05
La principessa che finanziò Mazzini e finì in miseria per l’unità d’Italia
Cristina Trivulzio Belgioioso diede un grande contributo al Risorgimento, aiutando economicamente la causa e gli esuli. Per punirla la polizia le sequestrò il patrimonio, ma lei non rinunciò alle sue idee.Il Risorgimento italiano non è fatto solo delle gesta di grandi uomini, gesta quasi sempre conosciute, importanti e applaudite dai posteri. Il Risorgimento è composto anche dalle azioni, spesso meno note - a volte quotidiane e semplici; altre eclatanti e straordinarie - di grandi donne. Donne che appartengono a ogni ceto sociale: possono essere belle, cosmopolite e ricche aristocratiche; colte, influenti e innovative esponenti dell'alta borghesia; piccolo borghesi dall'apparenza modesta. Ancora, possono venire dal popolo ed essere analfabete; vivere nel chiostro e portare il velo; arrivare persino da paesi stranieri. Tutta la penisola, dal Nord al Sud, ha dato i natali a esponenti di sesso femminile che hanno combattuto al pari dei maschi - anche se in modo diverso - in certi casi offrendo la vita per il Paese. Le loro azioni sono rese più difficili da un fatto: all'epoca la posizione delle donne è, sotto ogni profilo (incluso quello legislativo), decisamente subalterna.Una delle signore più note e di maggior valore simbolico - forse, seconda solo ad Anita Garibaldi - del Risorgimento è Cristina Trivulzio, principessa di Belgioioso. La sua è una storia movimentata e libera quanto quella di Anita, in grado di offrire un contributo immenso - sul piano culturale, economico e pratico - alla causa. Cristina nasce a Milano, nel palazzo avito, il 28 giugno 1808. I suoi genitori sono Vittoria Gherardini, figlia del Gran ciambellano e ministro dell'imperatore d'Austria, Maurizio Gherardini, e Gerolamo Trivulzio, discendente dalla ricca, nobile e potente famiglia che aveva dato i natali a Gian Giacomo. Rimasta orfana a 4 anni, la bambina trova un patrigno affettuoso nel nuovo marito della madre, Alessandro Visconti d'Aragona. L'infanzia di Cristina è piuttosto malinconica, anche a causa del suo carattere timido e introverso. Studia volentieri e si lega alla maestra di disegno, Ernesta Bisi, che le rimarrà sempre vicino. È per lei un enorme dispiacere, quando Alessandro Visconti viene arrestato nel 1821 per aver partecipato ai moti carbonari. Resterà due anni in carcere, e ne uscirà minato nel fisico e nella psiche.Nel settembre 1824, a soli 16 anni, Cristina sposa il principe Emilio Barbiano di Belgioioso, portandogli una ricchissima dote. È bella, di una bellezza assai particolare, che si ritrova nei ritratti, fra cui quello di Hayez: magra, slanciata, elegante, pelle bianca, capelli nerissimi, occhi scuri e profondi. Dopo poco il rapporto si incrina, a causa della dissolutezza dello sposo, che si dedica solo alle donne, al gioco e ai piaceri, e ha un temperamento scialacquatore. I due si separano nel 1828, anche se non ci sarà un vero divorzio. Nel frattempo, la Belgioioso è sempre più coinvolta nelle cospirazioni che mirano alla liberazione d'Italia, ma capisce che la cultura deve avere un ruolo importante. Gli austriaci - padroni della Lombardia - cominciano a tenerla d'occhio, tramite il capo della polizia, Torresani. Per il momento, comunque, vogliono evitare gesti eclatanti, data la notorietà di Cristina e della sua famiglia.Stanca della società milanese, la principessa raggiunge Genova, procurandosi il passaporto con un escamotage. Lì, alla fine del 1828, stringe amicizia con eminenti personaggi, fra cui la marchesa Teresa Doria, Bianca Milesi Mojon, il notaio Barnaba Borlasca. Pur tuttavia, la sua salute è malferma - soffre di epilessia - e deve passare molto tempo a letto. Per evitare la vigilanza, nel 1829 Cristina prende a viaggiare: è una donna libera e si trova a suo agio sul palcoscenico italiano ed europeo. Si lega a Ortensia de Beauharnais, moglie separata del fratello di Napoleone, Luigi Bonaparte, nonché madre del futuro Napoleone III. In virtù di quella frequentazione, entra in modo più sostanziale nella Carboneria e guarda con interesse all'attività del giovane Napoleone Bonaparte, che poi però la deluderà. A Roma, Napoli, Firenze, la Belgioioso sta benissimo. Ovunque va, del resto, è al centro della vita culturale. Nella città toscana frequenta Gian Pietro Vieusseux, esponente di punta del Gabinetto e fondatore dell'Antologia. Dopodiché, si reca in Svizzera per curarsi, e per aiutare i rifugiati politici italiani. Pur tuttavia, l'occhiuta polizia e il governo di Vienna la controllano in modo ossessivo e cercano di impedirle spostamenti e contatti, negandole i visti. Torresani dichiara che è espatriata illegalmente e deve rientrare nel Lombardo-Veneto: dopo una serie di fughe rocambolesche, Cristina si rifugia invece in Provenza, in altre città francesi, infine a Parigi nel 1831. Nel frattempo, aiuta economicamente la causa italiana. Per punirla, Torresani le sequestrerà il suo ingente patrimonio, lasciandola in gravi ristrettezze.A Parigi, la Belgioioso diventa amica dell'anziano marchese Lafayette e anima un salotto aperto ai maggiori personaggi del tempo (fra i tanti, Vincenzo Bellini, Pietro Maroncelli, Terenzio Mamiani, George Sand, Alfred de Musset, Honoré de Balzac, Friedrich Heine, Franz Listz). Rimasta senza soldi per i sequestri, non abituata a guadagnarsi da vivere, è costretta a molti sacrifici, tuttavia non intende accettare i diktat degli oppressori. Preferisce l'esilio al rientro forzoso a Milano e al recupero di soldi e palazzi. Guadagna qualcosa con la pittura di porcellane e con una collaborazione con il giornale Constitutionnel, dove si firma La Princesse ruinée, La Principessa rovinata. La sua autonomia, la sua libertà, la sua bellezza destano invidie e danno scandalo, ma lei non demorde. Qualche tempo dopo, riesce a ottenere il pagamento degli alimenti e, nel 1834/35, il dissequestro del patrimonio e la concessione del passaporto. La sua posizione rimane delicata, perché alcuni degli emigrati hanno ripagato malamente la sua generosità. Il problema riguarda soprattutto Mazzini: benché lo avesse finanziato, Cristina ha dissentito con lui e il rapporto si è incrinato. Per lo meno, fra le nuove amicizie può vantare quella con René de Chateaubriand e Juliette de Récamier. Frequenta le riunioni dei sansimoniani, è diventata maestra giardiniera, rappresenta il punto di riferimento di molti esuli. Sentimentalmente, non ha tutte le storie che le vengono attribuite, anzi è quasi sempre sola. Il suo vero amore è lo storico Francois Mignet. A fine dicembre 1838, nasce la sua unica figlia Maria, il cui padre non sarà mai reso noto (forse, è proprio Mignet). Cristina torna in Italia nel 1840. Con suo grande dispiacere, non tutti gli antichi amici la accolgono: Alessandro Manzoni, scandalizzato dalla sua reputazione, le nega una visita alla madre Giulia Beccaria, in punto di morte. Sempre positiva, la principessa rifiuta di farsi scoraggiare. Aiuta i poveri, fonda una scuola a Locate di Triulzi, dove c'è la residenza di famiglia, trasforma il palazzo in un «falansterio» e lancia importanti riforme. Continua a scrivere molto fino al 1848, sostiene la Gazzetta italiana di Parigi, fonda la rivista L'Ausonio. Non abbandona l'impegno politico, anzi cercare appoggi, va a trovare Luigi Napoleone, e decide che la cosa migliore per l'Italia sia appoggiare Carlo Alberto e i Savoia.Nel 1948 è di nuovo a Milano per le Cinque Giornate: vi è arrivata da Napoli, portandosi dietro centinaia di volontari partenopei. Poi, tuttavia, è costretta all'esilio. Si sposta a Roma, durante la Repubblica romana, che dura dal 9 febbraio al 4 luglio '49. Nell'Urbe si prodiga, organizza gli ospedali e un servizio infermieristico in anticipo su Florence Nightingale. Dopo la sconfitta della Repubblica ( causata anche dai francesi), parte per l'Asia Minore con la figlia, si ferma in Turchia e vive lì alcuni anni, sviluppando un'attività agricola e scrivendo. Finalmente, in virtù di un'amnistia, rientra in Italia nel 1855. A Locate combatte l'analfabetismo dei bambini, organizza asili e scuole elementari, aiuta i contadini.Nel 1860, la figlia sposa Ludovico Trotti Bentivoglio, matrimonio che la rende felice. Subito dopo, nel 1861, si giunge alla tanto bramata unità, per cui Cristina considera conclusa la fase avventurosa e attiva della sua vita e si ritira fra Milano, Locate e il lago di Como. Muore nel 1871, a 63 anni: è indicativo notare che ai suoi funerali non prendono parte gli uomini politici che sono al comando della nazione da poco riunita. Una volta, ha detto: «Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi a venire rivolgere il pensiero ai dolori e alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata, felicità».
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