
La partner del Cavaliere concede un'intervista al Fatto Quotidiano in cui silura Matteo Salvini: «Per lui non ho simpatia, spiace che l'alleanza penda a destra». E si sbilancia: «Io né etero né gay, odio sovranismo e paletti». Due outing in un solo giorno e nella stessa frase da titolo. Un concentrato di ribellione, più choc di un jeans strappato sul ginocchio. Fa rumore la doppia svolta della donna che da alcuni anni incrocia i passi, l'affetto e i pensieri privati di Silvio Berlusconi: «Odio il sovranismo e i paletti. Né etero né gay, sono libera». Francesca Pascale - che non riusciamo a non immaginare con Dudù pensieroso sullo stesso divano in fiorato Sanderson - si pone a sorpresa dalla parte comoda della Storia, quella progressista. E lo fa in due mosse, le più scontate. Prima rigurgita con eleganza su Matteo Salvini («Per lui non ho particolare simpatia, mi fa paura vedere che l'asse della coalizione si stia spostando verso destra»), poi sventola la bandiera Lgbt con una convinzione da Gay Pride: «Difendo quei diritti anche nel mio interesse: e se domani decidessi di vivere in una famiglia arcobaleno? Nelle amicizie come nell'amore non seguo stereotipi». Perbacco, qui si prefigurano colpi di scena e si ipotizzano rivoluzioni copernicane di cui nulla possiamo immaginare. Per ora notiamo solo un deficit di visibilità colmato in un amen da parte di una signora che improvvisamente diventa, per chi non sopporta il Cavaliere, la Lady Diana della Brianza. Così indipendente da criticare le alleanze politiche di Forza Italia dal di dentro (o almeno da Villa Maria a Casatenovo), dopo la vittoria in Umbria e il rilancio del centrodestra unito. E così controcorrente da poterlo fare con parole che non sarebbero tollerate neppure se fossero Licia Ronzulli o Niccolò Ghedini a pronunciarle. È la mossa del cavallo, lo scarto improvviso che la accomuna a un'altra signora, insofferente allo stesso modo 10 anni fa: Veronica Lario, abile a cominciare lo sganciamento dal berlusconismo con un'uscita pubblica dall'effetto della criptonite. Anche il quotidiano scelto per l'intervista ha il valore subliminale della provocazione. Allora fu Repubblica, l'avversario editoriale, il collante del centrosinistra prodiano e pro giudici. Oggi è il Fatto Quotidiano diretto da Marco Travaglio, vale a dire Joker per Batman o una gerla d'aglio per un vampiro. Tutto per colpa di una festa di compleanno, allora come oggi. Dieci anni fa, a far partire i fuochi d'artificio di Veronica fu un anniversario con una presenza eccessiva: quella di Berlusconi a Casoria per il diciottesimo di Noemi Letizia, che quando vide entrare nel locale il premier lo chiamò «Papi». Leggendo le cronache del party, la moglie del presidente del Consiglio sbalordì e disse al giornale allora diretto da Ezio Mauro: «Quello che emerge dai giornali è un ciarpame senza pudore. E tutto in nome del potere. Figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo e la notorietà». Parole che diedero inizio alla stagione del bunga bunga. Qui l'acidità di stomaco che traspare dalle modalità sembrerebbe dipendere da una crisi di coppia, sancita dall'assenza della ex soubrette napoletana ai festeggiamenti per l'ottantatreesimo di Berlusconi il 29 settembre scorso a Villa Gernetto. Un vuoto notato da molti e ribadito due giorni fa da un articolo della Stampa in cui si raccontava di un malessere dei figli del Cavaliere, che avrebbero chiesto al padre di «mettere fine alla relazione con Francesca Pascale perché giudicata ingombrante» e causa di «un continuo stress con le sue scenate di gelosia e l'obbligo di un'eccessiva presenza sui social». Uno scenario turbolento al quale si è aggiunto un altro tassello: il leader ha partecipato da solo al matrimonio della nipote Lucrezia. Ma lo stesso Berlusconi ha voluto spazzare via le nubi con un post su Facebook: «Ancora una volta leggo con stupore notizie del tutto inventate o del tutto infondate. Come è naturale i miei figli non si sono mai permessi e mai si permetterebbero alcuna intromissione nella mia vita privata. Il mio rapporto con Francesca Pascale continua da molti anni con immutato, reciproco affetto e senza gelosie». Se il gossip famigliare si può facilmente incenerire, è più difficile derubricare l'intervista con nette valutazioni politiche. Scendendo in campo apertamente contro Salvini anche sul piano personale («mai avuto ospite a Villa Maria e lo dico con sollievo») e ponendo un quesito che sembra un ultimatum («qual è il progetto di Forza Italia, un partito comune con la Lega?»), Pascale si pone come un elemento di corto circuito. Una Wanda Nara extraparlamentare che imbarazza il partito e conferma come il leader sia tirato per il doppiopetto Caraceni dal mattino alla sera. Nel valutare amici e nemici, cherchez la femme. Lei che viene considerata l'antitesi della Ronzulli (ora in auge) apre con decisione a Mara Carfagna. «Apprezzo sempre le donne che hanno il coraggio di lottare per le proprie idee e lei lo sta facendo in nome dei valori con cui è nata Forza Italia», spiega Pascale idealmente alleandosi con la vicepresidente della Camera, molto critica sull'astensione alla mozione di Liliana Segre. Liberali o sovranisti? Il rovello interiore degli azzurri è così evidente che si nota non solo negli uffici di presidenza, ma anche sui divani del soggiorno. A leggere tutto ciò c'è da immaginare che buona parte del Partito democratico, da domani, comincerà a trattare Francesca Pascale come Nilde Jotti. E chiederà alla neonata commissione della bontà di rimuovere i video con il calippo.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






