2021-04-07
La pagliuzza dei brogliacci indigna più della trave dei bonifici alle Ong
I giornalisti intercettati con gli indagati oscurano i traffici di Luca Casarini & C. e i legami coi nuovi schiavisti. È la solita storia: le notizie passano in secondo piano quando c'è da difendere (a sinistra) i taxi del mare.Alla fine della fiera, scopriamo che l'unica cosa per cui indignarsi è il trattamento riservato ai giornalisti. Ci vengono a dire, da giorni, che il vero problema riguarda la libertà di stampa, e non i traffici che avvengono nel Mediterraneo. Ci sono ben due inchieste - una a Ragusa, l'altra a Trapani - riguardanti le Ong. Da entrambe (in un caso dopo anni di indagini) emergono schifezze non da poco, brutture che potrebbero smascherare una volta per tutte i furbastri umanitari. Eppure - pensate un po' - di che cosa si parla sui giornali? Su che cosa verte il dibattito istituzionale? Sui giornalisti intercettati dalla Procura di Trapani.Come noto, i magistrati siciliani stanno lavorando, ormai da parecchio tempo, sugli opachi rapporti che intercorrono fra i taxisti del mare e gli scafisti che fanno partire i migranti dalle coste libiche. Gli attivisti hanno sempre legato ogni forma di collaborazione e persino relazione con i trafficanti di uomini, ma stando alle notizie finora emerse pare che le cose non stiano esattamente così. All'inizio di marzo, ad esempio, sono uscite immagini e registrazioni risalenti al 2017 e riguardanti la situazione della nave Vos Hestia di Save the Children (organizzazione coinvolta nell'inchiesta assieme a Jugend Rettet e Medici senza frontiere). In alcune foto, scattate sull'imbarcazione da un agente sotto copertura, si vede uno scafista frustare i migranti con una cintura, e poi coccolarli con un tubo di ferro. Parliamo dello stesso trafficante che, poco dopo, viene immortalato bello tranquillo sulla Vos Hestia e poi a zonzo nel porto di Reggio Calabria. In sostanza, lo scafista picchiatore sarebbe stato caricato a bordo dall'equipaggio della Ong, il cui comandante - registrato - dichiara orgoglioso: «Sui trafficanti non faccio la spia». Capite bene che di materiale su cui riflettere - non solo a livello giudiziario, ma pure politico e civile - ce ne sarebbe già a sufficienza, anche perché ci sono ben 21 indagati. Pare, insomma, che ci siano conferme di ciò che si sospettava da tempo, cioè del fatto che le Ong (o almeno alcune di quelle che operavano nel Mediterraneo nei mesi della grande invasione tra il 2016 e il 2017) avessero legami non proprio limpidi con gli schiavisti operativi in Nordafrica, contribuendo così ad alimentarne il commercio.Come detto, però, non c'è solo l'inchiesta di Trapani. Anche a Ragusa s'indaga, e anche da lì sono saltate fuori notizie inquietanti. In questo caso riguardano la Ong Mediterranea (legata ad alcune realtà della sinistra di governo) e la sua nave Mare Jonio. Dalle carte giudiziarie sono spuntate le frasi dell'ex no global riciclatosi armatore Luca Casarini. Intercettato mentre parla con un sodale, gongola: «Domani a quest'ora potremmo essere con lo champagne in mano a festeggiare perché arriva la risposta dei danesi». E ancora: «Abbiamo svoltato e possiamo pagare stipendi e debiti». Il riferimento è ai soldi che il colosso danese Maersk avrebbe versato a Idra (società armatrice della Mare Jonio e entità «ombra» di Mediterranea) come «rimborso» per aver accolto a bordo della nave un gruppo di migranti recuperati da una petroliera. Certo, ognuno è innocente fino a prova contraria, ma il tema su cui sono all'opera gli inquirenti è piuttosto chiaro: Mediterranea, tramite Idra o in altro modo, si faceva pagare per prendere a bordo i migranti?Non stiamo parlando di faccende di poco conto, ma di realtà che negli ultimi anni hanno influito pesantemente sulla politica italiana (ne sa qualcosa Matteo Salvini, spedito di fronte a un tribunale per aver fatto rimanere a bagnomaria alcune navi cariche di stranieri). La Verità, quasi in solitaria, ha rivelato sull'inchiesta trapanese particolari da far accapponare la pelle e dettagli che da soli bastano a smontare per intero il mito dei «buoni che salvano vite».Eppure l'apparato mediatico, praticamente al completo, fa finta di non vedere e si occupa d'altro. Di intercettazioni, per la precisione. Nelle carte dell'inchiesta trapanese, infatti, sono apparse le registrazioni di alcuni giornalisti, tra cui il bravo Fausto Biloslavo, piuttosto noto ai nostri lettori, e altri colleghi di Avvenire e Fatto Quotidiano. Una cronista in particolare, la freelance Nancy Porsia, lamenta di essere stata ascoltata dagli investigatori - benché non indagata - mentre parlava con il suo avvocato. Nello Scavo di Avvenire, invece, ieri ha dichiarato di essere stato contattato da diverse fonti spaventate all'idea di essere a loro volta intercettate. Sull'argomento sono intervenuti giornalisti e politici, ieri il giurista Vladimiro Zagrebelsky, sulla Stampa, ha evocato addirittura l'«attentato all'informazione», mentre il ministro Cartabia ha disposto accertamenti.Posto che la Procura di Trapani afferma che le intercettazioni irrilevanti saranno distrutte, giova ricordarlo: nella gran parte dei casi i cronisti sono stati intercettati mentre parlavano con indagati o persone coinvolte nelle indagini. Nello Scavo, ad esempio, ha fatto sapere che le registrazioni che lo riguardano «risalgono al primo luglio 2017 e sono telefonate fatte dal mio ufficio al sacerdote eritreo Mosè Zerai». Beh, Zerai - anche noto come Don Barcone - fu indagato proprio nel 2017 dalla Procura trapanese per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.Comunque sia, è giusto che - se ci sono state irregolarità da parte degli inquirenti - le magagne emergano e tutte le eventuali responsabilità siano chiarite. Non può sfuggire, tuttavia, come finora questo dibattito sulle intercettazioni abbia oscurato i fatti centrali, e cioè i rapporti fra le Ong e gli scafisti. Per l'accoglienza l'Italia ha speso milioni di euro, fuoriusciti direttamente dalle tasche dei cittadini. I quali hanno diritto di sapere se le organizzazioni che scaricavano qui migliaia di esseri umani nascondendosi dietro «l'umanità» e le «leggi del mare» abbiano in qualche modo agevolato i trafficanti oppure no.Se si trattasse di qualunque altra inchiesta, siamo certi che alla grandissima parte dei giornalisti non importerebbe un fico della privacy degli intercettati. Si butterebbero come piranha sulla storia, specie se riguardasse qualche figuro di destra. Qui però ci sono di mezzo le Ong, ed ecco allora che gli editorialisti scoprono all'improvviso la «giustizia a orologeria», i «teoremi giudiziari» e gli inconvenienti delle registrazioni.La sensazione è che si cerchi in ogni modo di deviare l'attenzione, di proteggere i taxisti del mare che la sinistra da sempre coccola. Ci si accapiglia su parole pronunciate da cronisti che nessuno leggerà mai, e non un papavero progressista che si chieda perché Casarini progettasse di brindare a champagne o perché su una nave «umanitaria» salisse tranquillamente un aguzzino, roba che dovrebbe irritare pure i fan dell'accoglienza.Così funziona dalle nostre parti: se un'inchiesta rischia di scoperchiare il calderone Ong, che si fa? Si cerca di sabotare l'inchiesta, che domande.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
Continua a leggereRiduci