2018-12-18
La pace fiscale si estenderà all’Inps. Sanatoria fino a 5 anni di «buco»
Agevolazioni studiate per chi, al lavoro solo dal 1995, coprirà i contributi mancanti. Pensati incentivi anche per le aziende. Allo studio un sistema simile per il riscatto della laurea: l'assegno, però, sarà più leggero.Tra le novità della manovra c'è anche la possibilità di fare pace con l'Inps. Si tratta di una sanatoria contributiva che verrà inserita all'interno del maxi emendamento che l'esecutivo si prepara a presentare in Senato. In parole povere, sarà data la possibilità a tutti i lavoratori di coprire qualunque buco contributivo all'interno del proprio percorso previdenziale. L'unica condizione, però, è che il professionista, ai tempi del mancato versamento, avesse un regolare contratto di lavoro. Pertanto, il lavoro nero viene esplicitamente escluso dal provvedimento. Secondo l'emendamento si potranno riscattare fino a cinque anni di contributi. Inoltre, la possibilità di coprire i mancati versamenti pensionistici potrà essere richiesta solo da chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 e, dunque, si trova a prendere una pensione basata essenzialmente sul sistema contributivo. Il versamento all'Istituto nazionale di previdenza sociale si potrà fare a rate in un massimo di 60 mesi e a patto che la rata mensile non sia inferiore ai 30 euro. Inoltre, la norma prevede un beneficio fiscale che incentivi i cittadini a riscattare i mancati versamenti. L'incentivo, però, cadrebbe, qualora il lavoratore si vedesse accreditati dei contributi precedenti al 1996. Al momento in cui si scrive non è ancora chiaro con precisione l'importo del beneficio fiscale perché il governo lo starebbe ancora decidendo. Si tratterà, però, di una detrazione importante tra il 50 e il 65% di quanto versato per coprire le proprie mancanze previdenziali.All'interno dell'emendamento legato alla pace contributiva resta però ancora da capire come verranno calcolati i riscatti. Per sapere quale sarà l'importo da versare, la retribuzione di riferimento sarà quella assoggettata a contribuzione nei dodici mesi meno remoti rispetto alla data della domanda. In poche parole, i contributi da riscattare si baseranno su quanto percepito negli ultimi dodici mesi in cui un lavoratore ha avuto un regolare contratto. All'interno dell'emendamento sulla pace contributiva c'è poi un'altra novità. Anche il datore di lavoro potrà contribuire al riscatto dei mancati versamenti del proprio dipendente. Le società potranno infatti destinare ai contributi mancanti i premi di produzione degli stessi lavoratori. In pratica, è prevista la possibilità che il «bonus» percepito oggi possa essere utilizzato per i mancati versamenti del passato. In questo caso, il vantaggio sarebbe doppio. Il professionista avrebbe a disposizione una somma maggiore per la sua pensione e il datore di lavoro potrà scontare fiscalmente l'aiuto dato al suo dipendente. Unica «nota dolente» è che, se la pace contributiva dovesse servire al lavoratore come scivolo verso la pensione, costui non potrà avere accesso alla rateizzazione. La pace contributiva che dovrà passare dal Senato, però, non ha nulla a che vedere con il riscatto della laurea, anche se il sistema di riscatto potrebbe essere simile. Il versamento dei contributi necessari a coprire gli anni dell'università entrerà con ogni probabilità nel decreto legge sulla riforma quota 100 delle pensioni che sarà varato dopo la manovra, con un apposito disegno di legge collegato alla legge di bilancio (molto probabilmente lo stesso con cui si darà il via anche al reddito di cittadinanza). Lo scopo dell'esecutivo è incentivare gli italiani a riscattare la laurea rendendo il sistema meno oneroso. L'idea è di introdurre un sistema che indicizzi i nuovi contributi versati solo al momento del loro effettivo pagamento (quindi in tempi decisamente più recenti) e non, come avviene ora, dagli anni in cui si è frequentata l'Università. Da un lato, dunque, riscattare la laurea diventerebbe più economico ma, dall'altro, i contributi versati avrebbero meno peso ai fini dell'assegno previdenziale. Certo, sempre meglio che non riscattare del tutto gli anni universitari. In più, sempre per chi si trova pienamente nel sistema contributivo (e quindi ha cominciato a lavorare dopo il 1995), è al vaglio anche l'abbassamento della soglia minima della pensione per anticipare l'uscita a 62 anni. Oggi bisogna aver maturato un assegno almeno pari a 2,8 volte quello minimo, l'idea è di scendere almeno a due volte e permettere un accesso alla pensione anticipato.Il lato positivo di tutti questi provvedimenti è che si tratta di sistemi che non prevedono un esborso da parte della collettività. Sia la pace contributiva, che il riscatto della laurea, funzionano infatti su iniziativa del singolo cittadino e non incidono sulle tasche dei cittadini.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)