2018-06-21
La «pace fiscale» di Salvini al vaglio di Tria
In campagna elettorale la Lega aveva proposto una sanatoria che ha come primo obiettivo quello di aiutare i contribuenti con una situazione economica critica. Per il ministro dell'Economia Giovanni Tria ci deve essere «continuità con le politiche del passato».Annullare tutte le cartelle esattoriali fino a 100.000 euro. Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, in occasione delle celebrazioni per il 224° anniversario della fondazione della Guardia di finanza ha riproposto la promessa della «pace fiscale» fatta dalla Lega durante la campagna elettorale. «Tocca al governo semplificare il sistema fiscale, ridurre le tasse e da subito chiudere tutte le cartelle esattoriali di Equitalia per cifre inferiori ai 100.000 euro per liberare milioni di italiani incolpevoli ostaggi e farli tornare a lavorare, sorridere e pagare le tasse», ha affermato. A moderare l'entusiasmo di Salvini ci ha pensato il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, sostenendo che le sfide economiche dovranno «essere affrontate nel segno della continuità con le politiche adottate nel passato». «Il governo italiano», continua il responsabile del Mef, «si impegnerà a porre in essere iniziative di contrasto all'evasione e alle frodi, nella consapevolezza che solo da un contesto efficace dell'illegalità possono derivare maggiori risorse per ridurre la pressione fiscale».In campagna elettorale la Lega aveva infatti proposto una sanatoria che aveva come obiettivo quello di aiutare i contribuenti con una situazione economica critica. Si era dunque parlato di chiudere tutte le pendenze con il fisco facendo pagare, ai contribuenti, da un minimo del 6% a un massimo del 25% sull'ammontare totale del debito maturato con l'Agenzia entrate e riscossione. Secondo i calcoli della Lega, questa operazione, avrebbe portato, in due anni, nelle casse dello Stato circa 60 miliardi di euro. Risultato plausibile, ipotizzando di coinvolgere tutte le cartelle esattoriali fino a 200.000 euro.Importo in contrasto con quanto dichiarato da Salvini. Se si vogliono infatti considerare solo le cartelle esattoriali con importi inferiori ai 100.000 euro, come ha fatto ieri Salvini, la prima conseguenza è il non raggiungimento della soglia dei 60 miliardi. Ma non finisce qua, perché la stima dei 60 miliardi si basa sui crediti accumulati dal fisco per oltre 800 miliardi. Secondo l'Agenzia delle entrate, però, si possono potenzialmente recuperare solo 51 miliardi. Se si applicasse, infine, l'aliquota massima del 25% il governo incasserebbe 13 miliardi di euro. Somma al di sotto delle previsioni fatte in campagna elettorale dalla Lega. Inoltre, stando agli ultimi dati pubblicati dall'Agenzia delle entrate a fine 2016, ad avere un debito sopra i 100.000 euro è il 4% dei contribuenti. II 54% ha invece un debito fino ai 1.000 euro. Ma, se si considerano gli importi riscossi, il 54,8% degli incassi arriva da chi ha pendenze oltre i 100.000 euro. Per rimpolpare dunque le casse dello Stato si dovrebbe pensare a una pace fiscale per chi non è esattamente un microcreditore.Ci sono però altri due aspetti che rendono ancora più complesso lo scenario. Il primo riguarda il come si vuole realizzare «la pace fiscale». E il secondo è con quale strumento. Per quanto riguarda il come potrà concretizzarsi il «modello di sanatoria», le ipotesi in campo sono tre, se si esclude il condono tombale. Il governo potrebbe: proporre di togliere le sanzioni sulle cartelle esattoriali, ridurre le sanzioni o dare la possibilità al contribuente di rateizzare il debito. In quest'ultimo caso, però, la questione si complica. Il 15 maggio 2018 è infatti scaduto il termine per la rottamazione delle cartelle esattoriali. La rottamazione è uno strumento fiscale che permette al contribuente di rateizzare il debito che ha con l'Agenzia delle riscossioni. Per accedere alla rottamazione bisognava rispondere a determinati requisiti. Questo significa che, nel caso in cui il governo dovesse decidere di concretizzare la «pace fiscale» con una rateizzazione del debito, se contestualmente non cambiasse le regole esistenti, molti contribuenti si ritroverebbero al punto di partenza. Chi non ha potuto dunque godere della rottamazione 2018, non lo potrà fare - a norme invariate - neanche con la «pace di fiscale» di Salvini. Altra variabile: lo strumento che il governo deciderà di usare per concretizzare la «pace fiscale». In questo caso le strade sono due. Può scegliere un decreto legge o un decreto legislativo. La differenza è la durata. Il decreto legge deve essere convertito in legge entro 60 giorni, il decreto legislativo prevede invece tempi più lunghi perché deve vedere l'approvazione da entrambi i rami del Parlamento. Se dunque il governo ha premura di incassare le somme della pace fiscale dovrà dare il via a un decreto legge in questi mesi estivi.
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