2022-05-18
La Nato fa esercitazioni a due passi da Putin
Manovre dell’Alleanza in Estonia, mentre Finlandia e Svezia accelerano sull’adesione. Ma pesa il veto della Turchia. Sergej Lavrov ribadisce la linea morbida di Mosca sull’argomento: «La scelta di Helsinki e Stoccolma? Non fa molta differenza». Intanto i negoziati saltano.Prosegue l’avvicinamento di Finlandia e Svezia all’ingresso nella Nato. Ieri il parlamento di Helsinki ha votato a stragrande maggioranza per avviare il processo di ammissione nell’Alleanza atlantica. Tutto questo, mentre la Casa Bianca ha fatto sapere che Joe Biden ospiterà domani a Washington la premier svedese, Magdalena Andersson, e il presidente finlandese, Sauli Niinistö, per discutere della questione. I due Paesi scandinavi dovrebbero presentare, tra l’altro, oggi la domanda formale di ingresso nell’Alleanza. A premere sull’acceleratore dell’ammissione sono state ieri Bruxelles e, in particolare, Berlino: il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, si è detta fiduciosa su un’entrata celere di Stoccolma ed Helsinki, pur riconoscendo la presenza di problemi a causa dell’opposizione di Ankara. «Ci sono alcune questioni in sospeso da parte turca», ha detto. «Se ne sta discutendo ma sono molto fiduciosa che ci sarà una rapida adesione». Dei mal di pancia turchi si è mostrata ben consapevole la stessa Helsinki. «Le dichiarazioni della Turchia sono cambiate molto rapidamente e sono diventate più difficili negli ultimi giorni», ha dichiarato ieri Niinistö. «Ma sono sicuro che, con l’aiuto di discussioni costruttive, risolveremo la situazione», ha aggiunto. Ricordiamo che l’altro ieri il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, si è detto esplicitamente contrario all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, accusando le due nazioni di connivenza con il Pkk: un no pesante, quello di Erdogan, visto che per l’ammissione di nuovi membri è richiesta l’unanimità da parte dei componenti dell’Alleanza atlantica. Non è ancora chiaro se il veto del presidente turco sia dettato realmente da ragioni di sicurezza oppure da altri fattori: magari punta ad assumere una maggiore centralità politica, a spuntare qualche significativa concessione agli alleati o ad evitare di irritare eccessivamente il Cremlino. Niente di più facile inoltre che tutte queste eventuali motivazioni possano intrecciarsi. Come che sia, Finlandia e Germania si dicono ottimiste nel riuscire a convincere Ankara. Vedremo nei prossimi giorni se le cose andranno come da loro auspicato. Nel frattempo, Mosca continua a mantenere un atteggiamento molto cauto, quasi a voler evitare un ulteriore incremento della tensione. «Finlandia e Svezia, così come altri Paesi neutrali, partecipano da molti anni alle esercitazioni militari della Nato», ha affermato ieri il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. «La Nato tiene conto del loro territorio, quando si pianificano avanzamenti militari verso Est. Quindi in questo senso probabilmente non c’è molta differenza. Vediamo come il loro territorio viene utilizzato in pratica nell’alleanza del Nord Atlantico», ha concluso. Le parole del ministro russo appaiono quasi una (mezza) apertura, per quanto sub condicione, all’eventualità di un ingresso di Helsinki e Stoccolma nella Nato. D’altronde, già l’altro ieri Vladimir Putin aveva assunto una posizione similare. «Per quanto riguarda l’espansione della Nato, anche attraverso nuovi membri dell’Alleanza - Finlandia, Svezia - la Russia vuole informarvi che non ha problemi con questi Stati», aveva detto il presidente russo. Come giudicare l’atteggiamento di Mosca? Una resa? Una strategia machiavellica? Una ricerca del compromesso? È ancora presto per dirlo. Sono nel frattempo in corso esercitazioni militari della Nato nei Paesi baltici. Una si svolge in Estonia: coinvolge 15.000 soldati provenienti da 14 Paesi (tra cui Svezia e Finlandia) e, secondo la Bbc, ha lo scopo di simulare un attacco della Russia all’Estonia stessa. L’altra ha invece luogo in Lituania e vi prendono parte 3.000 militari. L’Alleanza atlantica ha voluto comunque precisare che si tratta di esercitazioni pianificate prima dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, avviata lo scorso 24 febbraio. Tutto questo, mentre sabato Mosca aveva tenuto esercitazioni aeree per respingere un attacco simulato nell’exclave russa di Kaliningrad. Inoltre, appena l’altro ieri, il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, aveva esortato i membri dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva a un compattamento in funzione antioccidentale. La diplomazia continua frattanto ad oscillare tra alti e bassi. Ieri, Volodymyr Zelensky ha avuto un colloquio telefonico con Olaf Scholz. I due hanno discusso del sostegno tedesco all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea, invocando una soluzione diplomatica e il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina. «Contiamo su un’ulteriore assistenza tedesca nel percorso dell’Ucraina verso la piena adesione all’Ue», ha detto il presidente ucraino, che ha avuto poco dopo una telefonata anche con Emmanuel Macron, il quale ha promesso più armi da Parigi. L’asse franco-tedesco, insomma, sta progressivamente cercando di ritagliarsi un ruolo politico e diplomatico centrale in questa crisi. Putin, per parte sua, ha parlato al telefono con il nuovo presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed Al Nahyan, in vista di un rafforzamento delle relazioni bilaterali. La strada delle trattative tra Kiev e Mosca si conferma comunque nettamente in salita, visto che il processo negoziale si è ufficialmente interrotto. Il capo negoziatore ucraino, Mikhaylo Podolyak, ha incolpato il Cremlino della situazione, accusandolo di avere una «mentalità stereotipata». Mosca ha invece scaricato le responsabilità su Kiev. «I negoziati non stanno proseguendo. L’Ucraina si è praticamente ritirata dal processo negoziale», ha detto il viceministro degli Esteri russo, Andrei Rudenko.