2020-04-21
La messa è interrotta, non andate in pace
A Cremona don Lino celebra di fronte a 12 persone (con mascherine): carabinieri sull'altare. A Piacenza don Pietro incalza i fedeli: «Opponetevi alle multe». È una ribellione gentile all'autoritarismo che avanza. Cercano di farla passare come una fissazione di pochi bigotti fascistoidi, come la pretesa arrogante di gente superstiziosa e disinteressata al bene comune. Ma, nel vedere un militare in divisa che marcia fin davanti all'altare e interrompe una messa nel pieno della celebrazione, i brividi sulla schiena dovrebbero correre a tutti, non soltanto ai cristiani. È accaduto a Gallignano, frazione di Soncino, in provincia di Cremona. Domenica mattina don Lino Viola, parroco di San Pietro Apostolo, ha detto messa di fronte alla bellezza di 12 fedeli. Avrebbero dovuto essere di meno, ma don Lino ha spiegato che «le sei persone in più che sono entrate lo hanno fatto mentre mi stavo cambiando in sagrestia. Erano una famiglia che ricordava alcuni defunti in quella messa più una signora che aveva perso un parente per coronavirus due giorni prima. Non era umano farli uscire». Tutti, nella chiesa, avevano la mascherina. Erano a distanza di quattro metri l'uno dall'altro. Ma non è bastato. Nel bel mezzo del rito sono entrati i carabinieri, e hanno cercato di interrompere la celebrazione. Un militare si è avvicinato al parroco chiedendogli conto di quanto stava accadendo, ma don Lino - con tempra d'acciaio - ha rifiutato di fermarsi. Ha tirato dritto, e pagherà le conseguenze del suo gesto: la multa che gli è piovuta addosso è di 680 euro. Ai fedeli, invece, tocca una sanzione di 280 euro a cranio. «Ho detto a tutti di non pagare», spiega don Lino a Cremonaoggi.it. «Al massimo ci penserà la parrocchia, Sono convinto di non avere creato assembramenti, parlerò con il prefetto e voglio rivolgermi a un avvocato per capire se non ci sia stato un possibile abuso di potere. Ho detto agli uomini dell'Arma che potevano fare i verbali sul sagrato, ma non in chiesa».Siamo certi che, se qualcuno avesse violato le disposizioni sanitarie al fine di difendere i «diritti dei migranti», subito sarebbe stata tirata in ballo la «disobbedienza civile». Trattandosi però di un sacerdote ostinato che non vuole interrompere la messa, non ci sono grandi intellettuali a schierarsi dalla sua parte. Eppure il coraggio di don Lino va a beneficio di tutti noi. Nel caso di Gallignano, infatti, non troviamo soltanto la mancanza di rispetto verso il momento più sacro per la fede cattolica. A essere calpestati sono pure i diritti costituzionali. Il disprezzo per la fede ormai è fin troppo diffuso, e purtroppo scandalizza pochi. Ma la totale noncuranza verso la libertà individuale dimostrata domenica nel Cremonese dovrebbe suscitare ampia indignazione. Di sicuro il rispetto di norme che dovrebbero garantire la salute è importante, ma negli ultimi tempi si sta decisamente esagerando, ed è stupefacente la rassegnazione dimostrata dalle istituzioni e da una larga fetta degli italiani. Droni che braccano malcapitati corridori, adesso pure i militari che fermano una messa: questi sono metodi cinesi, brutti segnali di una svolta autoritaria effettuata non in nome di un ideale superiore, ma di Giuseppe Conte e del suo governo inadeguato. I cittadini italiani, fino ad oggi, hanno in larghissima parte rispettato tutte le direttive, e hanno fatto bene. Ma quando il potere, approfittando dello stato di eccezione, mostra il suo volto smargiasso e, in cambio, non offre alcuna certezza o protezione, beh allora chinare il capo non è la soluzione migliore. L'atteggiamento del cremonese don Lino, in questo quadro, non può che suscitare solidarietà. Specie davanti a un comportamento molto diverso esibito dalle gerarchie ecclesiastiche. Giorgio Agamben, a tal proposito, è stato piuttosto duro: «La Chiesa, facendosi ancella della scienza, che è ormai diventata la vera religione del nostro tempo, ha radicalmente rinnegato i suoi principi più essenziali», ha scritto. È vero che il Papa, qualche giorno fa, ha parlato dei rischi di una fede senza comunità. Tuttavia molti vescovi continuano a insistere sulla linea dura, offrendo al governo un appoggio che probabilmente non merita.Emblematica, a questo proposito, la vicenda di don Pietro Cesena, parroco della chiesa dei Santi Angeli Custodi di Piacenza, quartiere di Borgotrebbia. Domenica il prete si è rivolto ai suoi parrocchiani dando sfogo all'esasperazione: «Non pagate le multe, non abbiate paura di venire a messa. Quello a cui ci hanno messo di fronte è anticostituzionale, è qualcosa di oppressivo», ha detto. Anche in questo caso sono intervenute le forze dell'ordine, che in borghese sono andate a battere alla sua porta. Il vescovo di Piacenza, monsignor Gianni Ambrosio, ha felpatamente preso le distanze, richiamando all'ordine il suo parroco. Le misure di sicurezza stabilite dal ministero, ha scritto il monsignore, «si possono discutere, certo, ma sono da osservare ovunque». Già, l'obbedienza resta una virtù, e il rispetto del potere politico da parte delle gerarchie ecclesiastiche sicuramente è un'ottima cosa. Ma c'è un limite: a chi sopprime la libertà di culto e cancella i diritti garantiti dalla Costituzione non dobbiamo sudditanza. Forse è ora di dare a Giuseppi quel che è di Giuseppi: il benservito.