
Centrodestra furioso, Elon Musk: «Il pm è pazzo». Il Pd è in imbarazzo: il suo voto fu decisivo. Le Ong se la ridono.«È incredibile che un ministro della Repubblica Italiana rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini. Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo. La mia totale solidarietà al ministro Salvini»: lo ha scritto sui social il premier Giorgia Meloni subito dopo la richiesta di 6 anni di carcere per il vicepremier leghista. Matteo Salvini, dal canto suo, ha postato sui social una clip in cui ripercorre le tappe del caso Open Arms e difende la scelta che l’ha portato a processo: «Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa o processato per aver difeso i confini del proprio Paese. L’articolo 52 della Costituzione recita: la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani. Mi dichiaro colpevole di aver mantenuto la parola data». In un post precedente aveva scritto: «Rifarei tutto, la difesa dei confini dai clandestini non è reato, sul blocco degli sbarchi ho mantenuto la parola data agli elettori. Sei anni di carcere per aver bloccato gli sbarchi e difeso l’Italia e gli italiani? Follia. Io non mollo. Né ora né mai». Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani è intervenuto su X: «Matteo Salvini ha fatto il suo dovere di ministro dell’Interno per difendere la legalità. Chiedere 6 anni di carcere per questo motivo appare una scelta irragionevole e per giunta senza alcun fondamento giuridico».«La requisitoria dei pm ha un forte sapore politico» ha detto il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, «La tutela dei diritti umani dei singoli, per quanto assoluti, va sempre bilanciata con la difesa di interessi generali che tutelano anche altri diritti umani. Il giudizio sulla prevalenza è un giudizio prettamente politico e non giudiziario. Si rischia altrimenti di mettere in crisi lo Stato di diritto fondato innanzitutto sulla divisione dei poteri». «Sei anni di carcere troppi. Una pena eccessiva per un ministro che ha compiuto una attività nell’ambito del suo ruolo, anche se ritengo che sia andato oltre al mandato», ha detto l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta che da grillina era nel governo Conte.Contro i giudici di Palermo Simonetta Matone, ex magistrato e deputato leghista: «Difendere il delicato e complesso lavoro dei magistrati, credere nella loro indipendenza non mi impedisce di constatare amaramente che con la requisitoria dei pm di Palermo nei confronti di Salvini si stia celebrando un processo politico. Certe affermazioni a sostegno dell’accusa cozzano contro un ragionamento strettamente giuridico. “Salvini accentrava tutto il potere su di sé”, sostiene l’accusa, dimenticando il ruolo avuto dal presidente del Consiglio di allora, Giuseppe Conte e degli altri ministri che condivisero le scelte. Altri tribunali hanno assolto per le stesse accuse Salvini». Così il senatore e vicesegretario della Lega Claudio Durigon: «Salvini da ministro ha difeso i confini italiani, ridotto drasticamente gli sbarchi, combattuto trafficanti di esseri umani e organizzazioni criminali. Non è un reato, ma un dovere che il ministro ha compiuto agendo nel solo interesse del Paese, nel pieno di un mandato popolare e nel rispetto delle leggi. Pretendere una condanna è ingiusto e vergognoso. Totale solidarietà al ministro Salvini, ostaggio di un processo politico unico nel suo genere in tutto l’Occidente».
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
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Il presidente torna dal giro in Francia, Grecia e Spagna con altri missili, caccia, radar, fondi energetici. Festeggiano i produttori di armi e gli Stati: dopo gli Usa, la Francia è la seconda nazione per export globale.
Il recente tour diplomatico di Volodymyr Zelensky tra Atene, Parigi e Madrid ha mostrato, più che mai, come il sostegno all’Ucraina sia divenuto anche una vetrina privilegiata per l’industria bellica europea. Missili antiaerei, caccia di nuova generazione, radar modernizzati, fondi energetici e contratti pluriennali: ciò che appare come normale cooperazione militare è in realtà la struttura portante di un enorme mercato che non conosce pause. La Grecia garantirà oltre mezzo miliardo di euro in forniture e gas, definendosi «hub energetico» della regione. La Francia consegnerà 100 Rafale F4, sistemi Samp-T e nuove armi guidate, con un ulteriore pacchetto entro fine anno. La Spagna aggiungerà circa 500 milioni tra programmi Purl e Safe, includendo missili Iris-T e aiuti emergenziali. Una catena di accordi che rivela l’intreccio sempre più solido tra geopolitica e fatturati industriali. Secondo il SIPRI, le importazioni europee di sistemi militari pesanti sono aumentate del 155% tra il 2015-19 e il 2020-24.
Imagoeconomica
Altoforno 1 sequestrato dopo un rogo frutto però di valutazioni inesatte, non di carenze all’impianto. Intanto 4.550 operai in Cig.
La crisi dell’ex Ilva di Taranto dilaga nelle piazze e fra i palazzi della politica, con i sindacati in mobilitazione. Tutto nasce dalla chiusura dovuta al sequestro probatorio dell’altoforno 1 del sito pugliese dopo un incendio scoppiato il 7 maggio. Mesi e mesi di stop produttivo che hanno costretto Acciaierie d’Italia, d’accordo con il governo, a portare da 3.000 a 4.450 i lavoratori in cassa integrazione, dato che l’altoforno 2 è in manutenzione in vista di una futura produzione di acciaio green, e a produrre è rimasto solamente l’altoforno 4. In oltre sei mesi non sono stati prodotti 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. Una botta per l’ex Ilva ma in generale per la siderurgia italiana.
2025-11-20
Mondiali 2026, il cammino dell'Italia: Irlanda del Nord in semifinale e Galles o Bosnia in finale
True
Getty Images
Gli azzurri affronteranno in casa l’Irlanda del Nord nella semifinale playoff del 26 marzo, con eventuale finale in trasferta contro Galles o Bosnia. A Zurigo definiti percorso e accoppiamenti per gli spareggi che assegnano gli ultimi posti al Mondiale 2026.





