
Nel 2019 la Camera impegnò l’esecutivo, ma l’allora presidente Conte (e i suoi successori) non fecero nulla. La segretaria degli armeni d’Italia Gayané Khodaveerdi: «Il premier ha sempre sostenuto la nostra causa, ora potrebbe agire».«Nel giorno dell’anniversario del genocidio armeno, l’abbraccio mio e di tutta la Lega ad un popolo che ha saputo superare una delle pagine più buie della storia dell’uomo. Un crimine che portò via la vita a un milione e mezzo di donne, uomini e bambini. Un dramma troppo spesso ignorato, da ricordare e tramandare, per non dimenticare»: le parole del vicepremier Matteo Salvini onorano la giornata di ieri, il 24 aprile, data rimasta scolpita nella storia delle più grandi atrocità. Il genocidio del popolo armeno, lo ricordiamo, fu perpetrato dai turchi tra il 1915 e il 1919. Il riconoscimento del termine «genocidio» per quel che riguarda la strage degli armeni per mano dei turchi, è un fattore molto importante affinché la memoria di quanto accaduto non vada dispersa, tanto più in Europa, considerato che l’Armenia è una culla del cristianesimo. Non solo: ancora oggi l’Armenia vive momenti di grande sofferenza a causa del conflitto con l’Azerbaijan: «Purtroppo», dice alla Verità Gayané Khodaveerdi, presidente dell’Armenian General Benevolent Union Milan e segretaria dell’Unione degli armeni d’Italia, «il popolo armeno viene annientato ancora oggi. Da quasi cinque mesi l’Azerbaijan, sostenuto dalla Turchia, sta bloccando il corridoio di Lachin, isolando i 120.000 armeni dell’Artsakh/Nagorno Karabakh , con conseguenti mancanze di viveri, medicinali, assistenze e così via. È in corso una vera e propria crisi umanitaria e purtroppo l’Azerbaijan non viene fermato dalle potenze internazionali. Poco è cambiato», aggiunge Gayané Khodaveerdi, «dall’indifferenza mostrata dalle potenze straniere nei confronti degli armeni durante il primo genocidio del secolo architettato dall’impero ottomano». La Camera dei deputati, nell’aprile del 2019, approvò con 382 voti a favore, nessun contrario e 43 astenuti (i parlamentari di Forza Italia), una mozione che impegnava il governo italiano (allora era il Conte I) a riconoscere il genocidio armeno, ma almeno fino ad ora questo ulteriore passo non è stato compiuto: per Giorgia Meloni, il cui partito ha sempre avuto a cuore la questione, potrebbe essere il momento di dare seguito a quella votazione. Due anni fa, il 24 aprile del 2021, la Meloni, all’epoca all’opposizione, affidò a Twitter la sua riflessione sull’argomento: «Il 24 aprile», affermò l’attuale presidente del Consiglio, «si commemora il genocidio armeno: tra il 1915 e 1916 i Giovani Turchi massacrarono 1.500.000 persone. Dramma riconosciuto dall’Onu, dal Parlamento Europeo e dal Vaticano, ma vergognosamente negato da Erdogan. Anche per questo Fdi dice no alla Turchia in Europa». Tra il popolo italiano e quello armeno c’è da sempre grande vicinanza: «La solidarietà dell’Italia e del governo italiano», sottolinea Gayané Khodaveerdi, «sono molto importanti per noi in questa giornata di commemorazione del genocidio degli armeni. Noi armeni italiani, integrati nella società italiana da più di un secolo, ci sentiamo molto vicini alla cultura e alle istituzioni italiane e dunque il sostegno e la solidarietà della nostra generosa patria di adozione sono di vitale importanza. Purtroppo», argomenta la Khodaveerdi, «i contratti commerciali dell’Italia con l’Azerbaijan, acquirente a sua volta di gas russo, stanno riempiendo le casse dell’apparato militare azero, che risulterà ulteriormente rinforzato nell’attaccare la popolazione armena. Noi cittadini italiani di origine armena da più di un secolo partecipiamo attivamente alla vita sociale, economica e politica, dunque ci auguriamo che il nostro Paese, l’Italia , pretenda dal proprio fornitore, l’Azerbaijan, il rispetto dei diritti umani, degli accordi internazionali e la cessazione di ogni conflitto». L’influenza della Turchia sulla Nato e sull’Europa e la potenza della lobby azera incidono sulla situazione in Armenia e sulle posizioni internazionali: «Sicuramente», conferma la Khodaveerdi, «il ruolo della Turchia influisce ampiamente su questa situazione. La Turchia, seguendo il disegno di panturchizzazione, vorrebbe disfarsi di tutte le popolazioni che ostacolerebbero questo progetto, tra cui i 3 milioni di armeni dell’Armenia e dell’Artsakh/Nagorno Karabakh». Non mancano, come dicevamo, importanti fattori di carattere religioso: «La nazione armena ha adottato il cristianesimo come religione di Stato ancor prima di Roma, nel 301, e questo momento ha sicuramente segnato un capitolo chiave per comprendere la nostra storia. La religione», spiega ancora Gayané Khodaveerdi, «ha sempre svolto una funzione unificatrice per noi armeni. Le nostre tradizioni culturali sono state trasmesse grazie all’accoglienza e alla perseverante organizzazione della Chiesa Armena e dunque sicuramente la forza spirituale e quella culturale ci hanno sempre tenuti uniti causando così ostacoli invalicabili per le popolazioni che ci hanno voluto conquistare».
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.





