2020-10-19
La manovra di Conte ha un buco di 17 miliardi
Lo schema del governo, da 40 miliardi e «salvo intese», ha coperture traballanti: aumentano di 3 miliardi i fondi europei, peccato non si sappia come e quando saranno erogati. Almeno sospendono le cartelle fiscali.L'unica certezza - se così si può dire - è che ancora una volta il testo della manovra non c'è. Il disegno di legge di bilancio (come si sa, la manovra è, dal punto di vista della tecnica normativa, un disegno di legge che il governo propone alle Camere) è stato infatti varato dall'esecutivo con l'ormai consueta formula interlocutoria «salvo intese», ragion per cui occorrerà attendere per comprenderne i dettagli. L'altro elemento che balza agli occhi lo ha evidenziato il viceministro all'Economia del Pd, Antonio Misiani, illustrando il mix che compone la finanziaria: «40 miliardi tra fondi nazionali (23 miliardi) e europei (17 miliardi)». E proprio qui sta il primo clamoroso punto debole dell'intera impalcatura: il solo fatto che 17 miliardi (quindi una cifra rilevantissima) siano legati a qualcosa che ancora non c'è, come il Recovery Fund e altri meccanismi di finanziamento Ue, fa capire la fragilità dell'operazione. Il negoziato europeo è ancora in alto mare, il dissenso di numerosi Paesi è forte, e nessuno può avere un'idea precisa né delle risorse che verranno dall'Ue, né dei tempi (comunque, assai dilatati) con cui ciò avverrà, né delle condizioni che ci saranno imposte per il relativo utilizzo. La domanda, dunque, sorge spontanea: si può impostare una manovra in questo modo, sottoponendola già in partenza a un'enorme alea, peraltro del tutto estranea alle potestà di decisione del Parlamento italiano? Va peraltro segnalato che, nella Nadef, la parte di fondi attesi dall'Ue era fissata a 14 miliardi: dunque, realisticamente per tappare qualche falla, la quota è stata fatta crescere ancora. Per il resto, Misiani ha prevedibilmente suonato la grancassa: «L'obiettivo è una crescita del Pil del 6 per cento». E ancora: «Con la legge di bilancio aumenteremo ulteriormente lo stanziamento per il sistema sanitario, continueremo ad aiutare i settori economici più colpiti dalla crisi, rilanceremo fortemente gli investimenti pubblici e privati, facendone il volano principale dello sviluppo sostenibile». A seguire, la rivendicazione dei punti che stanno maggiormente a cuore al Pd: l'assegno unico per le famiglie, il taglio del cuneo fiscale, e un pacchetto cosiddetto per i giovani. Tuttavia, esaminando questi capitoli, la sensazione di fragilità si conferma e anzi si aggrava. Per ciò che riguarda l'annunciatissimo assegno unico, appare chiaro l'accorpamento di misure e provvidenze esistenti (detrazioni e bonus), ma non è specificato lo stanziamento in più che il governo intende fare. Quanti soldi freschi saranno destinati a questo strumento? Non solo: la misura partirà a luglio del 2021, quindi ha tempi ancora molto lunghi.Quanto al taglio del cuneo fiscale, siamo in presenza di entità piccole. Va ricordato che l'intervento deciso nel 2006 dal governo Prodi, con risorse ben più consistenti, risultò di scarso impatto: figuriamoci cosa rischia di accadere stavolta con interventi omeopatici. In sostanza, viene reso permanente il bonus di 100 euro per i lavoratori dipendenti; si conferma la riduzione (ma con paletti e limitazioni) del costo del lavoro nelle cosiddette aree svantaggiate; e tutto il resto è affidato a una futura legge delega fiscale. Peraltro, proprio dal punto di vista fiscale, la cattiva notizia è non solo la conferma della plastic tax (da luglio), ma la vaghezza su come sarà composto il mix dei 23 miliardi di fondi nazionali che (accanto ai fantomatici 17 europei) finanzieranno la manovra. Quanti di quei 23 saranno in deficit? E quanti invece deriveranno da nuove tasse, ad esempio intervenendo sulle tax expenditures? In sostanza, c'è il rischio che per fare un impercettibile taglio a qualcuno, qualcun altro subisca un aumento netto dell'imposizione fiscale. Per il resto, ci sono i prevedibili canti di vittoria dei ministri di settore: Nunzia Catalfo esulta enfaticamente («Rendiamo i nostri figli protagonisti della rinascita del paese») per la decontribuzione applicata alle imprese che assumeranno giovani; giubilo da Roberto Speranza che rivendica 4 miliardi per la sanità («Chiudiamo definitivamente la stagione dei tagli e ricominciamo ad investire sulla cosa più preziosa»). Si fa prendere da un entusiasmo difficile da condividere (del resto un paio d'anni fa festeggiò da un balconcino nientemeno che l'abolizione della povertà) Luigi Di Maio: «Ci sono decine di miliardi per sostenere le imprese, potenziare il sistema sanitario e supportare le famiglie». Un'ulteriore misura riguarda altre settimane di proroga della cassa integrazione. Mentre appare francamente risibile lo stanziamento di appena 350 milioni (da dividere tra tutte le regioni) per il trasporto pubblico. Conclusivamente, oltre al già citato interrogativo sui 17 miliardi europei, restano tre pesanti elementi di negatività. Primo: la manovra è ancora vaga, da un certo punto di vista è come se avesse ancora i contorni di una Nadef. Secondo: la manovra non sembra tenere conto della torsione drammatica destinata a prodursi nei prossimi mesi, con uno tsunami di fallimenti e licenziamenti. Davanti a quella prospettiva, le aspirine e le tisane contenute in questa bozza appaiono drammaticamente inadeguate. Terzo: cresce il rimpianto per l'uso a pioggia, dunque infruttuoso, dei 100 miliardi stanziati da marzo a oggi. L'unica piccola buona notizia, dopo le numerose proteste delle settimane passate, è che il governo - bontà sua - si è deciso a sospendere fino a fine anno vecchie e nuove cartelle e pignoramenti. Dall'esito del Cdm si legge che «viene disposta la proroga fino al 31 dicembre 2020 della sospensione delle attività di notifica di nuove cartelle di pagamento, del pagamento delle cartelle precedentemente inviate e degli altri atti dell'Agente della Riscossione. Allo stesso tempo, si proroga al 31 dicembre anche il periodo durante il quale si decade dalla rateizzazione con il mancato pagamento di 10 rate, anziché 5». Esulta il centrodestra, con il leader della Lega Matteo Salvini che però rilancia: «La Lega che ascolta e che propone costringe il governo a cambiare idea. Però non basta rinviare tutto a dicembre: Pace fiscale, si paga il 15% e si torna a lavorare».