2020-03-15
La mano lenta e maldestra di Borrelli affossa una struttura unica al mondo
Il commissario gestisce un'emergenza storica con la passività del burocrate. Da lui solo freni all'ospedale in Fiera Milano e confusione sulle forniture. L'esercito dei volontari, inventato da Giuseppe Zamberletti, merita di più.«Vedremo nei prossimi giorni». È una frase da ufficio anagrafe il venerdì, da indolente burocrazia giudiziaria, di quelle che suscitano immediato senso di ribellione nell'italiano medio. E sentirla pronunciare ad Angelo Borrelli, commissario della Protezione civile, mette paura. Il tempio della reazione immediata costretto a «vedere nei prossimi giorni» con uno sbadiglio. Un ossimoro da brividi, il segnale dello sbandamento. Era il martedì della richiesta di chiudere tutto, forte e gridata, da parte dei governatori Attilio Fontana e Luca Zaia, e dei sindaci lombardi. Allora Borrelli aggiunse una spiegazione che sa di scartoffia: «Il governo non è indisponibile a un inasprimento delle misure, ma vuole farlo passo dopo passo e in maniera misurata». La metafora del bradipo.Cosa sta accadendo alla Protezione civile? In quale ufficio in fondo a sinistra è finito lo spirito di un'organizzazione che insegnava al mondo a salvare vite nelle catastrofi? Tra le fragilità messe a nudo dal coronavirus c'è anche quella di una macchina perfetta che - nel comportamento dei suoi vertici - sembra improvvisamente arrugginita, non all'altezza della tradizionale efficienza. Mentre i volontari rimangono i più reattivi, i meglio organizzati, rappresentanti sul campo dei valori più nobili tramandati da questa disciplina nei decenni, nel quartier generale si notano affanno e passività. Il comandante arretra, temporeggia quando servirebbe il colpo di reni. E gli esempi cominciano a essere numerosi. Primo. La Regione Lombardia è pronta a costruire un ospedale con 500 posti di terapia intensiva al Portello, nella vecchia Fiera; lo realizzerebbe in una settimana (progetti e finanziamento ci sono) perché quando serve, Milano sa essere più veloce dei cinesi. Ma sorge un problema: la Protezione civile non riesce a fornire i letti, le attrezzature non si trovano. Così, anche se il formidabile 118 sta supportando la lotta al nemico invisibile con la nota maestria (ieri un operatore è morto a Bergamo in trincea), tutto rimane fermo. Il «vedremo» dei vertici non basta.Secondo. Negli ospedali lombardi la carenza di mascherine sta diventando un dramma. I medici sono costretti a tenere la stessa per più giorni, non esiste ricambio, e lo stallo nei rifornimenti agevola i contagi. A Brescia 500.000 mascherine sarebbero bloccate in un'azienda in attesa dell'autorizzazione della Protezione civile (la consigliera regionale Viviana Beccalossi accusa, lo staff di Borrelli smentisce). Terzo. In Regione Lombardia sono arrivate da Roma 200.000 mascherine sotto gli standard di sicurezza per gli ospedali. «In ritardo e non a norma», ha protestato l'assessore regionale leghista Davide Caparini. Nella videoconferenza operativa una scena che fotografa il clima: i tecnici milanesi avevano le mascherine, quelli romani no.Inefficienze nel coordinamento, risposte balbettanti e una purtroppo palese subalternità agli opachi tentennamenti di Palazzo Chigi. Sembra che la Protezione civile sia un purosangue con le briglie tirate e questo ferisce innanzitutto quelle migliaia di addetti e volontari che hanno costruito il modello italiano e lo hanno esportato nel mondo. La dolente parabola di Borrelli non deve offuscare una storia straordinaria, cominciata quando un parlamentare democristiano di Varese, Giuseppe Zamberletti, applicò il principio di sussidiarietà al sistema delle emergenze. E per vincere il terremoto del Friuli nel 1976 inventò qualcosa che non c'era: una task force per coordinare i soccorsi e assistere i cittadini che partiva dalle istituzioni comunali (il primo dirigente è il sindaco) per arrivare, attraverso le associazioni del territorio e le prefetture, fino ai ministeri.«Arrivavamo dall'esperienza degli angeli del fango di Firenze e volevamo dare la possibilità ai volontari di iscriversi in un elenco della prefettura anche in tempo di pace», spiegò Zamberletti in un'intervista a Linkiesta poco prima di morire. «Questa norma scatenò la dura reazione del Pci. I comunisti pensavano che avremmo fatto un uso politico di quei volontari. Questo mi rese molto difficile far approvare la legge finché non togliemmo l'elenco, sostituendolo con un censimento delle associazioni attive sul territorio». La struttura fu messa a punto nel 1980 durante il terremoto dell'Irpinia. E l'accelerazione decisiva fu data dall'allora presidente Sandro Pertini, sotto choc dopo una contestazione subìta dai terremotati.Da allora questo è l'esercito del nostro orgoglio. Non c'è emergenza, non c'è alluvione, non c'è sisma, non c'è maremoto nel mondo in cui la Protezione civile italiana non sia protagonista. Dopo l'uragano Katrina che sconvolse New Orleans nel 2005 - con furti, omicidi, stupri per le strade da parte di criminali ma anche da gente dimenticata ed esasperata - l'amministrazione statunitense volle conoscere a fondo il sistema italiano per copiarlo. E la prima ad arrivare sui luoghi dello tsunami in Oceano Indiano (227.000 morti) fu un'équipe di medici dell'ospedale di Pisa. La Protezione civile che ricordiamo è veloce e decisiva. Nel segno di una capacità di reazione totale, di una professionalità e di una dedizione senza eguali. Molle pronte a scattare, che hanno fatto la differenza quando la terra ha devastato l'Aquila e poi l'Emilia e ancora Amatrice. Se abbiamo una sicurezza sta in quegli uomini e quelle donne che spesso danno tutto senza chiedere niente. E che oggi per primi si domandano quando il timido Borrelli intende innestare la marcia in più. Oppure farsi da parte.
(Totaleu)
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Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (Getty Images)