
Una single di 62 anni si è fatta fecondare al «supermarket» dei bimbi di Tirana. Una vicenda che sancisce il diritto dell'adulto di far nascere un figlio per soddisfare i propri bisogni. Come se fosse un lifting o una tv.Voglio vederla, fra un paio d'anni, quando la bimba correrà per casa come una forsennata cercando di aprire uno per uno tutti i cassetti. Voglio vederla quando dovrà inseguirla per strada, starle dietro in bicicletta o spingerla sull'altalena. Voglio vederla, la mamma che diventa mamma oggi, a 62 anni, quando festeggerà i 65 anni con in braccio la figlioletta di tre. Voglio vedere che cosa diranno la sua sciatica, la sua cervicale, il male alla schiena naturale a quell'età. È vero che ci sono tanti nonni che si prendono cura dei bambini: ma l'idea di mettere la nonna al posto della mamma e abolire quest'ultima, con un parto contro natura, è un orrore che solo una civiltà che ha perso il rispetto della vita poteva immaginare. E realizzare.Lei si fa chiamare Marina (nome di fantasia) e di mestiere fa l'infermiera. Ha partorito due giorni fa alle 12.15 all'ospedale San Giovanni di Roma, lo stesso dove lavora. E dove nessuno sapeva nulla. Ha tenuto tutto nascosto fino al giorno in cui ha chiesto il ricovero in ostetricia. Immagino il colloquio. «Colleghe devo darvi una notizia». «Vai finalmente in pensione». «No, metto al mondo una bimba». Il patronato può aspettare, bisogna cercare un biberon. «Il mondo del lavoro è difficile, prima si pensa a stabilizzarsi», ha spiegato la neomamma, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ma si capisce: come mai c'è qualcuno ancora che osa mettere al mondo un figlio prima di avere incassato l'assegno dell'Inps?Marina, peraltro, è single. Ovviamente ha avuto la bimba con la fecondazione artificiale. Ed è andata a farsi fecondare a Tirana, in Albania, perché la legge in Italia dice che per sottoporsi all'impianto bisogna essere in età «potenzialmente fertile». A 62 anni, difficile sostenere di essere in età «potenzialmente fertile». In ogni caso nel Lazio, dove vive la neomamma, il limite massimo è fissato a 50 anni. Ma perché fermarsi davanti a questi ostacoli? Perché fermarsi davanti all'assenza di un compagno? O al giudizio delle sorelle (cui Marina non ha detto nulla)? O alle «chiacchiere» (le definisce così) delle persone che chissà mai perché trovano strana questa maternità? Perché, soprattutto, fermarsi davanti ai divieti della legge? Via, un viaggio a Tirana, e tutto si sistema. La bimba è servita. Sfornata. Cotta a puntino come una brioche. «Basta che arrivi con me ai 18 anni…», dice l'allegra signora. La quale può contare, a suo dire, sull'appoggio della sua mamma (neononna) 92enne. Che dice: «Quando non ci sarò più io, ti farà compagnia lei».Ovvio, no? A che serve una figlia? A farti compagnia durante la vecchiaia. È per quello che si mettono al mondo i bimbi. Anzi: è per quello che si ordinano al supermercato di Tirana. «Sa com'è, c'è il rischio che rimanga sola, potrei annoiarmi». Ma perché la signora non si è comprata un televisore? A leggere le sue dichiarazioni sembra, alla fine, che per lei la figlia serva esattamente allo stesso scopo: è un surrogato della Tv. Un oggetto di compagnia, che si compra per soddisfare un proprio bisogno, e che poi si butta in discarica, quando non serve più. «I figli devono essere indipendenti…», dice infatti la puerpera della Terza Età. E certo che devono essere indipendenti: se prima di compiere 18 anni si trovano con una mamma ottantenne, o sono indipendenti o sono orfani. Non si scappa.Per carità: noi auguriamo lunga vita alla signora Marina. Ma ci mettiamo nei panni di quella piccola, cui è stato dato «il nome di un pianeta» perché la mamma-nonna «ama la natura». Quanta tenerezza, vero? Ma ci domandiamo se, dietro questa tenerezza, non si nasconda un gigantesco orrore. Ci domandiamo, infatti, se non sia orrendo concepire un figlio così, soltanto come un diversivo per dimenticare l'età che avanza: non bastava una crociera nel Mediterraneo? Qualche abito nuovo? Magari anche un lifting, se proprio vogliamo esagerare? Si capisce: la nostra società ha paura della vecchiaia perché ha paura della morte. Avendo perso ogni valore e ogni credo, non riesce a tollerarne nemmeno l'idea. E perciò, per cancellare l'idea della vecchiaia, propaganda il mito dell'eterna giovinezza. Siamo pieni infatti di sessantenni che si vestono da ragazzini, si comportano da ragazzini, parlano come i ragazzini, pensando così di scongiurare il passare del tempo. Ora abbiamo anche la sessantenne che mette al mondo un figlio perché «nessuna deve sentirsi vecchia per queste cose». Dice proprio così. E lei per non sentirsi vecchia per queste «cose», mette al mondo una «cosa». Non è meraviglioso? Il lifting, evidentemente, non bastava più.Ma possibile considerare un bimbo, una creatura, un dono di Dio, come si diceva una volta, alla stregua di un lifting? O di una compagnia? O di un televisore? Cioè: è possibile considerare un bimbo come qualcosa che «serve» agli adulti? La colpa di tutto questo non è della signora Marina e nemmeno di chi permette che le leggi in Italia siano aggirabili a Tirana, a un tiro di schioppo da qui. La colpa di tutto questo è l'opera di distruzione fatta per anni della cultura della vita. Abbiamo sovvertito completamente la realtà, per cui i figli non sono più un dono di Dio o una benedizione del cielo, ma un bene a disposizione degli adulti. Che li possono uccidere, se danno fastidio. E che li possono far nascere quando vogliono, se fanno comodo. Nell'utero in affitto. In una coppia con due mamme. Nel corpo di una sessantaduenne. Perché oggi non esiste più il diritto del bambino alla vita, esiste soltanto il diritto all'adulto di usare la vita del bambino per soddisfare le proprie aspirazioni, i propri desideri o anche i propri capricci. Abbiamo ribaltato la realtà. E ne rimarremo schiacciati.
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