2020-05-09
La maggioranza è compatta (controvoglia) per Bonafede. E Mattarella tace ancora
Settimana prossima verrà discussa la sfiducia del centrodestra contro il Guardasigilli. Il Quirinale non si esprime. Nessuna smentita sul caso di Francesco Basentini nella task force.Il centrodestra avanza compatto sulla richiesta di sfiducia individuale contro il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede: la mozione forse sarà discussa mercoledì al Senato. Martedì, questo invece è sicuro, la Camera dei deputati dibatterà del caso che oppone il Guardasigilli al magistrato palermitano Nino Di Matteo, membro del Consiglio superiore della magistratura. La querelle tra i due è ovviamente confluita nella mozione firmata da Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia: il testo ricorda le rivelazioni di Di Matteo, che da domenica scorsa accusa il ministro, appena insediatosi nel giugno 2018, di avergli offerto il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per poi cambiare idea precipitosamente, in sole 24 ore, per la contrarietà emersa tra i boss mafiosi detenuti. Ma la richiesta di dimissioni aggiunge altri carichi pesanti. A Bonafede, cui si imputa di aver dimostrato «scarsa conoscenza dell'attività e dell'organizzazione della macchina ministeriale», viene rimproverata anche la disastrosa gestione delle rivolte che il 7-9 marzo hanno devastato 22 carceri: spaventati dal contagio da Covid-19, i detenuti (61.230 contro una capienza reale di 47.000) chiedevano garanzie cui il ministero aveva risposto vietando i colloqui con i familiari. Il risultato? 14 reclusi morti, 40 agenti feriti, decine di evasioni e danni per almeno 35 milioni. Il testo della mozione di sfiducia ipotizza che quelle rivolte fossero «finalizzate ad alimentare la discussione su indulti, amnistie e provvedimenti che avrebbero potuto alleggerire il carcere anche per gli uomini della criminalità organizzata», e aggiunge che da quel momento «Bonafede inizia ad avanzare ipotesi di interventi normativi volti incredibilmente ad accogliere le richieste dei rivoltosi».Al Guardasigilli viene attribuita quindi la responsabilità delle scarcerazioni di 400-500 (ormai nessuno sa più quanti siano) detenuti «pericolosi» per motivi di salute collegati all'emergenza coronavirus, tra cui almeno quattro boss mafiosi: una responsabilità che Bonafede nelle ultime settimane ha scaricato per intero su Francesco Basentini, il magistrato che nel giugno 2018 il ministro aveva poi scelto come capo del Dap al posto di Di Matteo, e che il 30 aprile le polemiche hanno costretto alle dimissioni. A Bonafede vengono rinfacciate «carenze e insufficienze del sistema che non potevano essergli sconosciute: a fronte di tutto questo, il ministro in varie occasioni non si è mai assunto alcuna responsabilità». Il lungo elenco non contempla altre inadeguatezze del ministro: per esempio l'aver bloccato per mesi, tra 2019 e 2020, il dibattito politico sul blocco della prescrizione, controversa riforma grillina, e di non aver agito contro il sovraffollamento delle prigioni, pur sapendo almeno dal 31 gennaio (data della delibera dello stato d'emergenza) che il contagio vi avrebbe provocato disastri. Ma è grave anche l'inconcludenza dell'annuncio, fatto mercoledì scorso in Parlamento da Bonafede, di un decreto urgente che in pochissimo tempo avrebbe dovuto riportare i 400-500 detenuti pericolosi in carcere, mentre subito dopo si è scoperto avrà gestazione complessa.Insomma, questo è il ministro attorno al quale i vertici del M5s e del Pd sono obbligati a fare quadrato. Anche Italia viva, il partitino di Matteo Renzi, manifesta insoddisfazione per l'operato di Bonafede, ma poi va a palazzo Chigi a trattare con Giuseppe Conte ed è quasi certo non voterà la sfiducia. Il ministro intanto riceve attacchi anche in casa sua: il presidente della commissione Antimafia, il grillino Nicola Morra, protesta perché non ha ancora ricevuto dal ministero l'elenco dei mafiosi scarcerati. Il grande giurista siciliano Giovanni Fiandaca conferma che «Bonafede andrebbe sostituito per ragioni di demerito politico-culturale, che precedono e nulla hanno a che fare con la maliziosa e istituzionalmente scorretta accusa di Di Matteo». Per le sue accuse a Bonafede, ora anche Di Matteo a sua volta rischia forse un procedimento disciplinare dal Csm di cui fa parte. Sulla questione, il presidente dell'organo di controllo della magistratura, Sergio Mattarella, finora non ha fiatato. Il capo dello Stato, che pure fino a qualche mese fa manifestava grande interventismo (ricordate le «note limitative» ai decreti sicurezza varati dal Viminale di Matteo Salvini, o alla legge sulla legittima difesa votata dal centrodestra?), è come sparito. Forse sullo scontro Di Matteo-Bonafede il silenzio ha qualche motivo in più: c'è chi ipotizza che il Quirinale possa avere avuto un ruolo, nel giugno 2018, sulla retromarcia decisa dal guardasigilli sulla sua improvvisa - e improvvida - offerta del Dap proprio al magistrato che aveva avviato e condotto il processo sulla presunta «trattativa tra stato e mafia». Quel procedimento, ancora in corso, ipotizza che le bombe di Cosa nostra, nel 1991, volessero piegare le istituzioni e allentare il carcere duro per i boss di Cosa nostra. Uno dei grandi misteri d'Italia.Resta un ultimo mistero, molto più piccolo, ma anche questo riguarda le carceri. Ieri il ministero della Giustizia non ha smentito una voce, che pure circola da giovedì e di cui ieri La Verità ha dato notizia, sia pure in termini dubitativi: la voce vuole che l'ex capo del Dap, Basentini, sia stato cooptato da Bonafede nella «task force» sulle prigioni. Ora, viene difficile credere che Basentini sia stato allontanato dal ministero per poi rientrarvi di soppiatto. Ma ancor più strana è la non-smentita del ministero.
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