
Sergio Caputo, l'autore del Sabato italiano che seppellì gli Anni di piombo si racconta: «Vivo fuori dal sistema del Festival e delle radio». Conversare con Sergio Caputo - 63 anni, cantante, pittore, scultore - è, volendo parafrasare il verso di un suo indimenticato brano, «concedersi un pediluvio» nell'acume e nell'onestà intellettuale. Baciato dal successo 35 anni fa con il suo album d'esordio, Un sabato italiano, cui seguì Italiani mambo che vendette pure di più, nonostante i due titoli con il richiamo al Belpaese, Caputo ha vissuto spesso da emigrante. Prima 12 anni negli Stati Uniti, prendendo la cittadinanza grazie al matrimonio con un'americana (finito male: «I due figli avuti con lei non mi parlano da 6 anni»). Ora in Francia da due anni, con una nuova moglie, Cristina, da cui ha avuto tre figli, l'ultimo dei quali appena nove mesi fa. 1983. Arriva nei negozi di dischi un ellepì di atmosfere swing e blues, fiati alla Glenn Miller, oggi si direbbe un prodotto da crooner alla Michael Bublé: si passava da Tanz bambolina di Alberto Camerini, Non sono una signora di Loredana Bertè e Un'estate al mare di Giuni Russo a un «fetido cortile» che ricomincia a miagolare, con l'umore «tipico di un sabato invernale», anche se «il peggio sembra essere passato». «Capita ancora che mi chiedano: “Sergio, ma com'è un sabato italiano?", “Com'è cambiato il sabato degli italiani?", come se fossi un guru o un sociologo. La verità è che il disco rifletteva una fase di crescita personale, un punto di svolta esistenziale: ero prossimo ai 30 anni, si levava l'ancora e si partiva per sfidare l'ignoto. Emozioni, sogni, voglia di vivere e di “volare" caratteristici non di un'epoca, ma di una fase precisa della vita di ciascuno di noi. Questo forse ne spiega la longevità». Era anche un modo di voltare pagina. Eravamo reduci da anni di terrorismo e crisi economica che ci avevano sfiancato, i cantautori cantautoravano, poter gorgheggiare «Idrofobina vegetale, bevo per dimenticare il mal di mare» era liberatorio. Perché la versione originale Citrosodina divenne Bimba se sapessi? «La casa farmaceutica, contattata per correttezza, ci ringraziò per il regalo che facevamo loro, ma proprio per questo ci segnalò che la pubblicità dei medicinali era soggetta a precise disposizioni del ministero della Sanità. Se fosse intervenuta una multa, con sanzioni pecuniarie nell'ordine dei 500 milioni di lire, loro avrebbero dovuto rivalersi sulla casa discografica, la Cgd di Pietro Sugar e sua moglie Caterina Caselli. Così abbiamo rovinato un pezzo bellissimo ricantando il verso iniziale, con l'inesistente “idrofobina". Ma nei concerti io canto “Citrosodina granulare"...». Le pesa essere sempre collegato a un disco di 35 anni fa? «Ho un grande rispetto per coloro che vengono ai miei concerti, tra cui molti neppure nati quando quel disco uscì. So che quelle canzoni se le aspettano, io le eseguo sempre con piacere perché intrattenere il pubblico fa parte del mio mestiere. Detto questo, sì, un po' mi pesa essere sempre riportato agli anni Ottanta, come se Gino Paoli fosse sempre ricondotto agli anni Sessanta, o Francesco De Gregori agli anni Settanta. Ho però una mia spiegazione sul perché ciò avvenga». Mi faccia indovinare: tutti si ricordano il disco con cui lei è «esploso», un po' come con Gianni Morandi, che si lamenta del fatto che gli chiedano sempre Fatti mandare dalla mamma. «Se è per questo anche Billy Joel sono almeno 15 anni che non fa un nuovo disco e gli domandano sempre i vecchi successi. Il problema principale è che per far sapere che tu continui a comporre canzoni e fare serate devi appartenere a una lobby, che ormai è come una sorta di Grande Fratello composta da case discografiche, radio che producono artisti, promoter che organizzano le loro tournée. A lei sembra normale che la Rai, cioè il servizio pubblico, metta Sanremo in mano a un cantante, che per ciò stesso è già in conflitto d'interessi, il quale ha alle spalle la Sony, e che ospita al Festival molti cantanti di quella etichetta, con i loro concerti gestiti dalla stessa società privata, la Friends & partners, e che hanno passaggi radiofonici assicurati dagli stessi network, in primis Rtl? Fuori da quel cerchio magico sei un fantasma». Be', lei già 35 anni fa aveva previsto tutto: «la radio mi pugnala con il Festival dei fiori», per fortuna «un angelo al citofono mi dice: vieni fuori». Lei si è sempre ribellato contro quello che nell'autobiografia Un sabato italiano. Memories (2013) ha bollato come il «conformismo depressivo» degli anni Settanta. «Quel periodo fu oscuro, bieco e triste. I media, i cattivi maestri, i pessimi politicanti e perfino buona parte delle istituzioni fecero del loro meglio per rovinare la vita a una generazione. La chiave di tutto era una volgare e cinica lotta per l'egemonia politico culturale. Negli Usa la protesta giovanile nacque dal movimento per i diritti civili e contro la guerra nel Vietnam, culminando nel festival di Woodstock. Da noi invece i ragazzi si sparavano tra loro per le strade, e non si poteva andare ai concerti per via dei coglioni che sfondavano i cancelli lanciando molotov alla polizia o sparando sul palco a gente come Carlos Santana. Così alla fine le star straniere non vollero più venire a suonare da noi, a impazzare sopra ogni cosa c'era solo lo sfinimento inspiegabile degli Inti Illimani». Così però conferma l'immagine di «uomo di destra» che le hanno appiccicato. «Sa da dove nasce la leggenda? Nel 1969, l'anno dell'autunno caldo e dello slogan “studenti e operai uniti nella lotta", io mi ero avvicinato al movimento studentesco perché pensavo volesse la riforma della scuola. Capii dopo poco che i giovani erano considerati solo una massa da portare in piazza per altri scopi. Arrivavi a scuola per un'interrogazione e trovavi i picchetti per impedire l'ingresso perché “gli imperialisti americani continuano a bombardare il Sud Est asiatico". E secondo loro io avevo studiato per giorni, mi ero alzato all'alba, cambiato due autobus, fatto un pezzo a piedi per poi tornarmene a casa? Così mi sono ritrovato minacciato di morte da gente che poi è entrata nella lotta armata. E gli estremisti che non si sono spinti fino al terrorismo, sono diventati giornalisti cooptati nell'establishment, con il risultato di rimanere sempre ai vertici: prima del cosiddetto contropotere, poi del potere, senza soluzione di continuità». Conosco questo perverso riflesso pavloviano, tipico di una certa intellighenzia: se non sei di sinistra, automaticamente sei un fascista. In America ha respirato un clima diverso? «Negli Usa, avendo la cittadinanza, ho pure votato. Per Barack Obama. Sono arrivato che c'era Bill Clinton e poi mi sono beccato due mandati di George W. Bush. Anche perché Clinton aveva mentito sul famoso “sesso inappropriato" con Monica Lewinski nello Studio Ovale, dove lei si era applicata in un...». Provino, per dirla in rima. Cosa pensa dello scandalo delle molestie sessuali rimbalzato dagli Stati Uniti? «Come uomo provo disgusto per ogni forma di violenza o coercizione. Però il fatto che si sia scatenata una caccia alle streghe (oggi un uomo che vuole corteggiare una donna non sa se domani si ritroverà additato come uno stupratore da quella moderna inquisizione che sono i social) rappresenta una preoccupante deriva. Pur non amando io dietrologie e complottismi, mi domando: ma com'è che, tutto a un tratto, si è abbattuto un ciclone su Harvey Weinstein? Non ci sarà stato di mezzo anche qualche regolamento di conti a Hollywood? Dov'era Meryl Streep negli anni passati, ora una paladina della coscienza neofemminista con il sigillo del #metoo, lei che pure - in posti dove i comizi politici non si dovrebbero tenere, per esempio alla serata dei Golden globes - non ci ha risparmiato un monologo contro Donald Trump? Che, piaccia o non piaccia, è il presidente di tutti gli americani, eletto con quella stessa legge elettorale con cui aveva vinto Obama. Ma non mi risulta che quando fu un nero ad arrivare alla Casa Bianca, il Ku Klux Klan abbia organizzato marce e manifestazioni» . Alle elezioni del 4 marzo scorso come si è regolato? «Troppi impicci burocratici all'estero, quindi non ho partecipato. Di certo non mi sarei espresso per quei politici alla Laura Boldrini che hanno consentito che l'immigrazione (fenomeno che ben conosco, essendo io un nomade) si trasformasse -per interessi speculativi e cattiva coscienza - in accoglienza indiscriminata, tanto più nei confronti di soggetti che non vogliono integrarsi né rispettare le leggi e i costumi del nostro Paese. Non credo si possano far entrare persone che culturalmente sono cresciute in una dimensione tribale o feudale, che praticano l'infibulazione o impiccano i gay, pensando che solo per questo loro dimenticheranno i propri valori. Più facile che vogliano cambiare i nostri, di principi». Come valuta il risultato? «Be', una volta la Lega voleva dividere il Paese in due, c'è riuscita no? Il centrodestra dal Nord fino al Centro, il M5s dal Centro al Sud. Scherzi a parte, in Italia siamo fermi a un eterno dopoguerra, fascisti e partigiani, i rossi e i neri, con continue delegittimazioni reciproche, mentre all'estero hanno abbattuto muri e sono andati avanti. Ma poi che democrazia è quella in cui un capo dello Stato come Giorgio Napolitano ha imposto di prepotenza governi a suo piacimento?». Meglio suonare e cantare? «Certo. Da solo, con la mia etichetta Alcatraz moon Italia. E in duo con Francesco Baccini come Swing brothers: abbiamo realizzato un album, Chewing gum blues, con 10 canzoni nel nostro stile. E un titolo ironico su tutti: Non fidarti di me».
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Parla Roberto Catalucci, il maestro di generazioni di atleti: «Jannik è un fenomeno che esula da logiche federali, Alcaraz è l’unico al suo livello. Il passaggio dall’estetica all’efficienza ha segnato la svolta per il movimento».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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