2019-08-13
La Lega è pronta a ritirare i ministri: «Il Colle sa che non c’è alternativa»
Il vicepremier incassa il voto di Forza Italia sulla sfiducia: «Siamo pronti a tutto, non scaldiamo le poltrone». La rottura in occasione del discorso di Giuseppe Conte in Senato. Fino ad allora, ogni giorno dito puntato sul papocchio.«Per ora siamo d'accordo su un numero, per tutto il resto c'è tempo». La battuta nel bar di fronte al Senato mette di buonumore il leghista e il forzista rientrati a tappe forzate dalle vacanze per ordini di scuderia. Abbronzature dorate, mocassini con le nappe e quel numero a fare da collante: Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia chiedono che il premier Giuseppe Conte sia in aula il 14 agosto (domani) a incassare la sfiducia, non un minuto dopo, mentre M5s, Pd e partitini da prefisso telefonico più a sinistra indicano un più rilassato martedì 20 agosto, ma solo per «comunicazioni».Per la prima conta, quella per decidere la data dello show-down parlamentare, i tre partiti di centrodestra si presentano dallo stesso lato della strada, istintivamente affiancati e solidali. Ma uno solo è molto curioso di sapere come andrà a finire e quanto potrà valere il suo terzismo naturale: quello di Silvio Berlusconi. Perché è molto probabile che il voto in Senato - fossa dei leoni in cui la presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati ha gettato scientemente la calendarizzazione - rappresenti la prova generale dell'inciucio M5s-Pd più mosche cocchiere rosse. Con 159 parlamentari contro i 136 di centrodestra, il lungo addio di Conte potrebbe diventare lunghissimo e Matteo Salvini potrebbe cogliere al volo una necessità impellente: accordarsi con Berlusconi su tutto.In mattinata Salvini era intenzionato a ritirare i ministri della Lega per far precipitare la situazione. Poi ha letto l'agenzia in cui la stessa mossa gliela chiedeva Luigi Di Maio e ha rinunciato («Non possiamo lasciar credere che facciamo ciò che vuole lui»). La contrapposizione è ancora forte, ma dopo l'assemblea dei parlamentari della Lega, ha ribadito il concetto: «Siamo pronti a tutto, anche a ritirare i ministri. La democrazia è dare la voce al popolo, noi siamo per dare la voce al popolo. L'unica cosa che non ci interessa è scaldare la poltrona». Ed è probabile che, se non ci sono sorprese prima, lo farà il 20 quando Conte andrà in Senato. Poi il Capitano ha buttato la palla sul Colle: «Mi affido alla sua saggezza, che non ci sia maggioranza alternativa è avidente». Quello che accadrà oggi sarà comunque importante per il futuro del centrodestra come lo immaginavamo prima del 4 marzo, ovviamente con il leader leghista al centro del progetto e con Giorgia Meloni solida partner a destra dello schieramento. Subito dopo aver fatto saltare il banco, Salvini aveva fatto capire che avrebbe voluto correre da solo. Ma ora il problema è arrivarci, alle urne. E i parlamentari di Forza Italia prematuramente bistrattati potrebbero tornare ad essere l'ago della bilancia. Già oggi i due leader si vedranno per pianificare i termini di un'alleanza vera, senza tentennamenti, che presupponga ruoli ben distinti ma consonanza di idee e obiettivi. Questo con un faro e due obiettivi. Il faro è rappresentato dall'esperienza solida e concreta dell'alleanza nelle regioni e nelle città amministrate insieme. Gli obiettivi sono salvaguardare da una parte il sovranismo di Salvini e dall'altra l'europeismo meditato del Cavaliere. E soprattutto togliere a Berlusconi la tentazione di strizzare l'occhio a Matteo Renzi per un Nazareno-ter che finirebbe per favorire l'accordicchio con i 5 stelle. Situazione divenuta improbabile con il passare delle ore, visto che il leader di Fi ha confermato ai fedelissimi di non voler avere niente a che fare con i grillini, gli stessi che «nella mia azienda li prenderei per pulire i cessi», disse.Così Berlusconi torna centrale ed è pronto a chiedere collegi blindati per alcuni suoi uomini di fiducia, corsari di lunga pezza della politica centrista. Non si sa quanto Salvini sia in grado di respingere le lusinghe, anche se non vorrebbe nomi da cerchio magico berlusconiano nelle vicinanze. Ma le grandi manovre sono appena cominciate e il voto di oggi sarà interessante per capire chi potrà entrare nelle liste condivise. In questo magmatico contesto ferragostano, più adatto a una lunga sospensione dell'esistenza che a giochi di potere e di palazzo, diventa interessante un'uscita di Michaela Biancofiore (parlamentare di Fi stimata da Berlusconi), che suona come provocazione e insieme consiglio per stanare il presidente Sergio Mattarella. «Per disinnescare il ribaltone, Salvini ha un'unica strada certa, quella di farsi dare l'incarico da premier ora dal capo dello Stato, dopo un'eventuale sfiducia a Conte ma annunciandolo prima per rassicurare tutti. Mercati e forza spread compresi».L'idea è suggestiva fin sulla porta del Quirinale, poi diventerebbe inapplicabile perché mai Mattarella darà l'incarico a Salvini se non dopo essere stato colpito in testa da uno specchio staccatosi dall'omonima sala. Ma in quelle parole ci sono due concetti decisivi fra le righe: la volontà di correre ancora una volta insieme e la necessità di Forza Italia di non andare alle urne alla cieca per non dimezzare i seggi. Ciò che chiederà Berlusconi a Salvini è sul tavolo. Il resto vale un temporale d'agosto, con la grandine o senza.