2022-07-02
La Lamorgese racconta favole sugli sbarchi
Luciana Lamorgese (Imagoeconomica)
Coste italiane prese d’assalto dalla Locride a Lampedusa, navi delle Ong ignorate da Malta che fanno rotta verso di noi, morti in mare. Ma il ministro nega la realtà e parla di «risultato storico» sulle redistribuzioni. Che però restano sulla carta. La narrazione che il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese sta cercando di costruire col sostegno dei media amici è concentrata su quelli che vengono presentati, anche in modo imbarazzante, come risultati eccezionali. Ieri, per esempio, Lamorgese deve essersi convinta che sia partito il meccanismo della redistribuzione, tanto che è arrivata a definire, peraltro con un certo ritardo, «risultato storico» quello sui partenariati per le relocation firmato il 10 giugno scorso al Consiglio europeo di Lussemburgo. Finora non si è visto un solo trasferimento, ma Lamorgese è fiduciosa: «Al di là dei numeri che verranno, può darsi che all’inizio non saranno elevati, ma man mano cresceranno». In un modo particolarmente confuso e a tratti sgrammaticato, poi, le agenzie di stampa riportano così il Lamorgese pensiero: «Perché ogni volta che quando sono partiti e sono in mare (gli immigrati, ndr) non puoi farli tornare e non si possono fare respingimenti perché, questo vorrei che chi fa le questioni su queste cose le comprenda bene, al di là delle strumentalizzazioni, ci sono le norme di diritto internazionale che impediscono comportamenti di questo tipo». Poi il ministro sembra rinsavire: «Certo, non bisogna farli partire». Ma subito dopo si chiede: «E come si fa?». Una domanda alla quale da un ministro del governo italiano ci si aspetterebbe delle risposte. Che sono nei dati sugli sbarchi: tutti in clamoroso aumento. Una certificazione del fallimento della politica italiana in tema di accoglienza. «Sono saliti gli arrivi dalla Turchia rispetto all’anno scorso», ammette Lamorgese, snocciolando qualche dato: «Circa il 30% in più, se consideriamo lo stesso periodo dell’anno scorso». E dalle coste della Tunisia e della Libia le partenze sono all’ordine del giorno. Dal fronte libico, inoltre, l’Italia sembra in ritirata: «È una situazione critica quella in Libia. Se c’è un punto di riferimento si può parlare, se non c’è un’autorità definita è difficile comprendere», afferma il ministro. Che sembra non considerare un dettaglio per nulla secondario: a più barche in mare corrispondono sempre più tragedie. Nei giorni scorsi nel Mediterraneo si sono verificati due naufragi. E una barca partita da Sfax (porto tunisino) si è trasformata in natante fantasma, sparendo completamente dai radar. Ieri la Guardia costiera tunisina ha recuperato tre morti al largo dalla costa. Secondo l’emittente Radio Med Tunisie, i guardacoste hanno soccorso oltre 100 persone in diverse regioni del Paese nelle ultime ore, tra cui 72 africani subsahariani. Col caldo, inoltre, i viaggi si fanno sempre più complicati. E ieri è arrivata la notizia dell’ennesimo morto. Era tra i 57 pakistani che viaggiavano su una barca a vela che si è arenata sulla spiaggia di Caulonia, sulla costa calabrese della Locride. Si tratta del quinto arrivo negli ultimi quattro giorni in quell’area e il trentunesimo dall’inizio dell’anno. A segnalare alle forze dell’ordine lo sbarco autonomo sono stati alcuni bagnanti che si trovavano a poca distanza. La Procura di Locri ha disposto il sequestro dell’imbarcazione e richiesto l’autopsia sul corpo dell’immigrato deceduto. Altre due imbarcazioni sono approdate nella notte in Sicilia, a Lampedusa, con complessive 91 persone a bordo. Il primo gruppo, formato da 31 persone di origine subsahariana, è stato soccorso dagli uomini della Capitaneria di porto a 18 miglia dall’isola. Tra loro c’erano anche cinque donne e un bambino. Altri 60, tra cui un minore, invece, sono stati avvistati e soccorsi a 14 miglia dalla costa. Operazioni in mare anche a Pozzallo, dove due motovedette sono dovute salpare per recuperare circa 70 persone stipate su un barcone di legno che cominciava a imbarcare acqua. E non è finita: tre tunisini devono aver sviluppato una vera e propria ossessione per i viaggi della speranza verso l’Italia. Destinatari di diversi divieti di reingresso nei confini nazionali, ieri sono stati trovati a Pantelleria e arrestati dagli investigatori della Squadra mobile di Trapani. Tra i tanti sbarcati negli ultimi giorni a Pantelleria c’era anche un altro tunisino che, si è scoperto, era stato condannato per furto a Firenze. Anche le attività dei taxi del mare sembrano non trovare sosta: la Ocean Viking, nave di Sos Mediterranée, ha individuato una barca in difficoltà in zona Sar maltese e ha tirato a bordo otto persone. Poco dopo ne ha recuperate altre 14, tra cui sei donne. Ora il totale dei passeggeri ha raggiunto quota 228. Per ora si trova a sei miglia dalle acque territoriali italiane, al largo di Lampedusa. E c’è da scommettere che punterà presto verso l’Italia. Proprio come la Geo Barents, che con 65 persone a bordo, da qualche giorno chiede un porto al Viminale. Ieri, tre uomini e una donna sofferenti per bruciature da carburante sono stati evacuati dalla nave che si è posizionata davanti alla costa italiana, a poche miglia da Augusta, in provincia di Siracusa. E ha avviato il solito pressing sul governo: «Quando il Viminale ci assegnerà un porto sicuro? I sopravvissuti non possono aspettare più a lungo».