
Dal rave di Viterbo all’orda del Garda, passando per gli scafisti, il Viminale sa solo stare a guardare. Ora che Sea Watch si avvicina con 356 clandestini, vedremo se il ministro si farà irridere pure da loro.Doveva essere il ministro della discontinuità. Dopo la pirotecnica gestione Salvini, che tante ansie aveva creato al centrosinistra, Luciana Lamorgese era stata chiamata al Viminale per incarnare l’idea del servitore dello Stato sobrio ed efficiente, che non twitta ma risolve problemi, che agisce senza parlare (anche perché, causa cadenza regionale, l’arte oratoria non è esattamente la specialità della casa). Ci deve essere stato un equivoco, però: l’ex prefetto ha infatti interpretato il suo ruolo con talmente tanta modestia che, alla fine, ha parlato poco, ma agito ancora meno. Anzi, per non sbagliare ha deciso di fare direttamente da spettatrice agli eventi che pure avrebbe il dovere di controllare, dirigere, contrastare o reprimere. Era già accaduto con l’incredibile e interminabile rave che aveva allietato, si fa per dire, l’estate scorsa nelle campagne del Viterbese, sotto l’occhio bonario delle forze dell’ordine. È accaduto il 2 giugno a Peschiera del Garda, dove 2.000 teppisti le hanno davvero provate tutte pur di farsi beccare, annunciando ripetutamente sui social la calata sul lago, ma niente, a parte qualche carica di alleggerimento, tutto sommato si sono goduti la giornata di sole, la festa a spese di un’intera comunità e un movimentato viaggio di ritorno nelle condizioni che ormai ben sappiamo. Ma Peschiera è solo la punta dell’iceberg, un iceberg che, sott’acqua, continua a ingrandirsi senza più controllo. Ieri, a Lampedusa, si sono avuti tre sbarchi, con un totale di 114 clandestini finiti all’hotspot di contrada Imbriacola, che ora ospita 996 persone a fronte di 350 posti disponibili. Il giorno prima di sbarchi ce n’erano stati nove, per un totale di 281 immigrati. Situazione simile a Roccella Ionica, in provincia di Reggio Calabria, dove ieri si è fatta sentire la Lega, esponendo lo striscione «Lamorgese vi augura buon soggiorno» davanti al centro di prima accoglienza. Ma se gli assalti giornalieri alle coste del Sud sono imprevedibili, anche se non certo inattesi, pare quanto meno legittimo domandarsi come la Lamorgese e il suo ministero si stiano attrezzando per affrontare gli sbarchi «telefonati». Già, perché nel Mediterraneo, oltre alle carrette degli scafisti, sono tornati anche i barconi delle Ong. Ieri Sea-Watch 3 scriveva sui suoi social: «Ieri notte siamo stati avvisati da Alarm Phone di un’altra imbarcazione in difficoltà. Dopo lunghe ore di ricerche, questa mattina la Sea-Watch 3 ha individuato e soccorso 49 persone. Sono stremate. Alcune hanno bisogno di assistenza medica urgente. A bordo il nostro equipaggio si sta prendendo cura di 356 persone». Ebbene, come ha intenzione di regolarsi il ministero dell’Interno rispetto a questo carico di clandestini già ampiamente annunciato in anticipo? Durante la riunione dei ministri Med5, a Venezia, la Lamorgese ha ripescato dall’atlante delle frasi fatte il «patto europeo» per far fronte all’emergenza: «Abbiamo confermato alle due presidenze uscente e entrante dell’Ue il supporto a un approccio graduale, step by step, sul negoziato per un patto europeo su migrazione ed asilo. Siamo convinti, come Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna, che questo sia il metodo migliore per cercare soluzioni equilibrate tra responsabilità e la necessaria solidarietà che gli altri membri sono chiamati a dimostrare. La solidarietà deve essere fondata anche su un adeguato meccanismo di redistribuzione su un numero sufficientemente ampio di Stati membri per essere efficace». Mentre il fuffometro prende fuoco per sovraccarico, viene da chiedersi se questa decantata solidarietà europea possa per caso già entrare in azione da... subito. Sea Watch 3 è una nave battente bandiera olandese e gestita da un’Ong tedesca. Qualcuno dei suddetti Paesi è stato forseinterpellato? Intendiamoci: quella delle redistribuzioni è una falsa soluzione. Il concerto europeo dovrebbe servire per chiudere tutti insieme le frontiere, non per gestire collettivamente le conseguenze della porte girevoli in entrata. Ma, in ogni caso, agire insieme rispetto all’emergenza sarebbe già una importante e benvenuta novità. Telefonare ai leader europei affinché si gestiscano da sé i propri attivisti potrebbe essere un ottimo inizio. Non è tuttavia questa l’aria che tira. Anche perché la Lamorgese appare allergica a ogni forma di decisionismo. Anzi: a ogni forma di decisione. Meglio mimetizzarsi con la tappezzeria e aspettare che le emergenze vadano via da sole. In fin dei conti, bastava aspettare e alla fine i fattoni del rave viterbese se ne sono andati con i loro camper. E anche la racaille di Peschiera, fatti i propri porci comodi, ha tolto le tende da sé (l’inferno delle ragazzine molestate in treno, in tal senso, va probabilmente accettato come effetto collaterale di questa brillante strategia). Alla fine, pure gli sbarchi in un modo o nell’altro finiranno. E, se non finiranno, qualcun altro ci penserà, che è un po’ la cifra strategica dell’esperienza della Lamorgese al Viminale. Con solo qualche eccezione degna di nota, fugaci bagliori di un approccio muscolare: i ragazzini manganellati a gennaio perché protestavano contro le restrizioni e le coraggiosissime retate dell’epoca Covid, dai runner rincorsi in campi desolati ai bagnanti agguantati sul bagnasciuga, fino alle vecchine braccate sui bus affinché posizionassero bene la mascherina. Sciocche loro, non avevano pensato di giocarsi la carta passepartout: «Stiamo facendo un rave». O, al limite, «lo facciamo perché manca lo ius soli».
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
iStock
In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






