2024-01-19
La guerra mondiale non è più a pezzi. Ed è in mare
L’Iran ha aperto le ostilità col Pakistan (una potenza nucleare) per appiccare il fuoco in Medio Oriente e compensare i sauditi. In ballo, contro gli Usa, la supremazia su oceani, commerci e cavi sottomarini. Dopo l’Ucraina e Gaza, il mondo scopre che due potenze dei Brics, Iran e Pakistan (quest’ultima con un grosso arsenale nucleare) si scambiano missili per colpire rispettive basi militari di irredentisti. Fino a quattro anni fa il mondo era ordinato e basato su flussi commerciali abbastanza ordinati. Con guerra esclusivamente di natura finanziaria. Poi, dopo il Covid e l’invasione russa di Kiev, le catene dell’approvvigionamento si sono spezzate. Andiamo verso un mondo in cui la finanza sarà meno importante e conterà molto di più la forza. Quella militare e quella che consente il controllo delle materie prime critiche, delle terre rare e dei flussi commerciali lungo i mari e gli oceani. In queste settimane l’Iran sta alzando la posta con il chiaro obiettivo di accendere focolai di guerra nella grande area del Medio Oriente, che va dallo Yemen fino al Belucistan, dalla Siria a Gaza. L’obiettivo nel breve termine è giocare di sponda con la Cina. Convincere l’Europa a riaprire i confini dell’Ucraina e riavviare i rapporti con la Russia. Teheran sa perfettamente che gli Usa (Europa al traino) non possono permettersi di perdere il controllo del canale di Suez e di una importante fetta di oceano Indiano. Purtroppo queste sopra descritte sono dinamiche superficiali che nascondono (dietro le placche tettoniche della geopolitica) la nascita di un mondo multipolare. Che dovrà tenere conto della crescita economica solida di Paesi come l’India e il Brasile, di domini tecnologici fino a pochi anni fa egemonia occidentale e di influenze sovrapposte in Africa. Risultato? I parametri di gestione dell’inflazione sono saltati. La Bce già spaccata al suo interno (le esigenze tedesche, francesi e italiane sono ad esempio divergenti) applica criteri monetari per gestire fiammate di prezzi tipiche da economia di guerra. Ma sono saltati anche i tradizionali equilibri di politica estera e di accordi commerciali ancora eredità del Wto impostato nel lontanissimo 2001. Paesi come l’Iran da anni hanno invece cominciato a prepararsi per scenari di guerra ibrida che sfuggono alle democrazie parlamentari. Queste ultime fanno accordi per blocchi. Dittature o oligarchie si muovono su più scacchieri anche confliggenti tra di loro. Una sorta di multiverso geopolitico nel quale Iran da un lato e Arabia Saudita dall’altro riescono a distribuire le carte molto più velocemente dell’Occidente. Riad dialoga con Russia, Cina e pure Stati Uniti. Con ciascuna ha tavoli separati e nel frattempo persegue l’indipendenza tecnologica e la proiezione estera sfruttando conflitti regionali per distribuire soldi e armi. Il caso del Sudan è emblematico. A partire dal 2005 è intervenuta a Kartoum con 5 miliardi di dollari destinati all’allora comandante Omar Al Bashir. La mossa all’epoca era anti Iran. Poi trascorsi gli anni e salutato Bashir, Riad si è dedicata all’acqua. Il fondo Saudita per lo sviluppo (Sfd) ha inaugurato l’implementazione di un progetto per fornire acqua potabile alle aree rurali. Il progetto include lo sviluppo di 1.300 pozzi sotterranei, di cui 500 verranno realizzati nella prima fase. L’obiettivo è di fornire 120.000 metri cubi di acqua al giorno alle aree rurali e remote del Sudan, specialmente nelle regioni lontane dal fiume Nilo, servendo oltre 3 milioni di beneficiari. Insomma, un esempio concreto di nuovo colonialismo e di rete differenziata di relazioni. Sul fronte opposto l’Iran, non potendo usare dollari per business commerciali, arma milizie sparse nel mondo. E purtroppo le armi iraniane a breve potrebbero coinvolgere l’Iraq, ma anche il Caucaso. Oltre che gli Huthi già in forze nello scacchiere della tensione. Le milizie yemenite hanno ancora tanti missili e, soprattutto, il giorno in cui decideranno di dismettere i droni e usare i pirati, potrebbero inaugurare una stagione di sequestri. Potrebbe anche accadere presto e ciò ci riporta al terzo livello delle guerre ibride: la geopolitica degli oceani. È evidente che la decisione americana di inviare una portaerei per contrastare gli Huthi sia da inscrivere dentro un perimetro molto più ampio. Non si manda una portaerei contro basi missilistiche come quelle in Yemen. Basterebbe altra deterrenza per affrontarle. Si invia nell’area un mezzo di tale portata per occupare spazi e sorvegliare anche ciò che passa sotto la superficie. Se da un lato bloccare Suez significa affamare l’Egitto e trasformare il Mediterraneo in un lago, avviare tensioni nel Mar cinese meridionale significa stravolgere il 35% dei flussi commerciali internazionali. Non solo, in un’economia sempre più dipendente da internet e dall’Ia, i cavi sottomarini in fibra ottica sono una fonte inesauribile di dati e indicheranno la dorsale lungo la quale cresceranno le nuove fonti energetiche. L’eolico flottante e le turbine da moto ondosi. Ora sembra fantascienza ma fra un po’ sarà realtà. Ecco perché gli oceani diventeranno probabilmente campi di battaglia. In tutto questo scacchiere abbiamo omesso tante cose e nazioni. Non abbiamo parlato di Turchi e pochissimo di Cina. Ciò che è chiaro è che ci aspetteranno mesi di tensioni carsiche. E saremo costretti a imparare nomi di regioni remote e difficili da ritrovare sulle mappe. Sono scontri per procura che servono a creare un caos ragionato. Portare a nuovi equilibri. Intanto il conto lo paghiamo tutti con il nostro portafogli.
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Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre descrive la rete di abusi orchestrata da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell e ripercorre gli incontri sessuali con il principe Andrea, confermando accuse già oggetto di cause e accordi extragiudiziali.