2019-01-22
La Grillo oggi vuole imporre i vaccini. Ma ieri chiedeva di abolirli nella Pa
Il ministro della Salute nella scorsa legislatura aveva cofirmato una proposta di legge per cancellare l'obbligo per dipendenti pubblici e militari: «Esistono collegamenti con leucemie, tumori e autismo».Coinvolti 770 medicinali per cui serve la ricetta ma non danno diritto ai rimborsi.Lo speciale contiene due articoli.Giravolte e poltrona instabile tra obbligo dei vaccini e maggiore informazione, regionalismo differenziato, decreti di nomina dei 30 componenti del nuovo Consiglio superiore di sanità e un partito alleato non sempre in sintonia.Come annunciato su Facebook ieri il ministro della Salute, la pentastellata Giulia Grillo, ha iniziato dal Pertini di Roma il suo tour negli ospedali italiani «per capire la situazione, sapere il punto di vista dei pazienti, che cosa succede nelle sale d'attesa, nelle osservazioni brevi del Ps, ma anche vedere come lavorano i nostri medici e i nostri infermieri, dalla cui qualità di vita e lavoro dipende anche la qualità delle cure che ci vengono prestate». Già che era lì, accompagnata anche dai deputati Massimo Enrico Baroni e Francesco Silvestri, ne ha approfittato per fare il vaccino contro l'influenza. «Lo faccio per proteggere il mio piccolo», ha spiegato facendo riferimento al piccolo Andrea di soli due mesi. Un paio di giorni fa, durante la trasmissione Mediaset Mattino 5, era stata più dura: «Se la popolazione autonomamente non si vaccina certo che la si obbliga: prima si convince il cittadino, poi eventualmente lo si obbliga. Vaccinarsi è fondamentale e l'obbligatorietà la decide la politica in base alla situazione epidemiologica, se ci sono cali di coperture vaccinali o emergenze epidemiche. In casi invece in cui non ci sono cali di coperture o epidemie può esserci una forte raccomandazione, come era prima che ci fosse l'epidemia di morbillo o i cali di coperture».Il ministro continua a essere «instabile» sul tema vaccini. Se la maggioranza degli italiani li considera uno strumento di prevenzione primaria, una minoranza, considerata in quota grillina, è no vax. Appena eletta ministro, la Grillo è stata sulla graticola proprio su questo tema, bersagliata non soltanto dall'opposizione ma anche dai pediatri, oberati dalle richieste dei genitori, e dai dirigenti scolastici, che pur rifiutandosi di fare le «sentinelle» dell'obbligatorietà hanno chiuso le porte ai bambini non vaccinati. E poi non ha presentato una sua proposta di riforma. Un disegno di legge (il 770) firmato da alcuni senatori giace «insabbiato» perché prevede una lunga lista di audizioni. L'obbligatorietà soltanto qualche anno fa lasciava perplessa la stessa Grillo che insieme ad altri deputati pentastellati firmò addirittura una proposta di legge «sull'informazione e sull'eventuale diniego dell'uso dei vaccini per il personale della pubblica amministrazione», presentata il 12 febbraio 2014. Sottolineando l'articolo 32 della Costituzione («Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge»), i firmatari ricordavano che «il personale civile o militare della Pa è soggetto, a causa del servizio prestato alla Repubblica, alla copertura obbligatoria vaccinale e quindi a limitazioni costituzionali dovute al suo status. Numerosi, ad esempio, sono i casi di rifiuto delle vaccinazioni che, per i militari, comportano la segnalazione alla Procura militare per il reato di disobbedienza». Come nel caso del maresciallo di 1° classe dell'Aeronautica militare Luigi Sanna, indagato per il reato di disobbedienza aggravata e continuata per essersi rifiutato di sottoscrivere la scheda anamnestico vaccinale. Un abuso, secondo i firmatari, che parlavano esplicitamente dei rischi dei vaccini: «Recenti studi», si legge nel documento, «hanno però messo in luce collegamenti tra le vaccinazioni e alcune malattie specifiche quali la leucemia, intossicazioni, infiammazioni, immunodepressioni, mutazioni genetiche trasmissibili, malattie tumorali, autismo e allergie». Per questo i proponenti ricordavano il caso del militare Francesco Finessi deceduto per un linfoma di Hodgkin fulminante, per il quale il tribunale di Ferrara riconobbe il nesso di causalità tra vaccini e cancro condannando il ministero della Salute a indennizzare la famiglia con 150.000 euro.La proposta di legge, di soli tre articoli, cominciava con la richiesta di dare al personale civile o militare della Pa che per ragione di servizio deve sottoporsi a vaccinazioni «informazione preventiva anche con motivazione scritta, sulla composizione del vaccino somministrato e sulle malattie che dovrebbe immunizzare; sugli eventuali effetti collaterali e sulle controindicazioni». La Grillo chiedeva anche per i dipendenti pubblici civili o militari il «diritto i opporre rifiuto alla richiesta di vaccinazione motivandolo in forma scritta». Il comma quattro dell'articolo 1 recitava: «Al personale che contrae malattie o danni in conseguenza della vaccinazione è riconosciuto un risarcimento adeguato alla gravità dell'infermità contratta e, ove ne ricorrono le condizioni, l'eventuale invalidità o inabilità al lavoro per causa di servizio».All'articolo 2 la proposta prevedeva «il divieto di somministrare vaccini al personale che può documentare attraverso il libretto vaccinale e test sull'avvenuta immunizzazione, di essere già coperto da quel vaccino». Infine l'articolo 3 contemplava da parte del ministero della Salute in collaborazione con quelli competenti «l'invio di una relazione annuale alle commissioni parlamentari sugli eventuali effetti collaterali delle vaccinazioni sul personale della Pa, civile o militare, nonché sul numero dei dipendenti vaccinati e di chi aveva opposto rifiuto».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-grillo-oggi-vuole-imporre-i-vaccini-ma-ieri-chiedeva-di-abolirli-nella-pa-2626645202.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="farmaci-da-banco-rincarati-in-media-del-5-7" data-post-id="2626645202" data-published-at="1757648975" data-use-pagination="False"> Farmaci da banco rincarati in media del 5,7% Antidolorifici contro il mal di testa, antinfiammatori per i dolori muscolari ma anche il collirio per la congiuntivite. Antidepressivi, sonniferi e antistaminici contro l'asma, le pomate contro l'acne e le compresse di vitamina C. Aumentano i prezzi dei farmaci di fascia C o da banco, ovvero i medicinali che si acquistano con la ricetta ma per i quali non sono possibili rimborsi dal servizio sanitario nazionale. I rincari, in media del 5,7%, in parte sono già scattati e in parte entreranno in vigore entro febbraio. Oggi gli italiani spendono oltre 3 miliardi di euro per tali prodotti destinati a curare patologie non gravi ma largamente diffuse e fastidiose: proprio su di loro sta arrivando la stangata. Tra i medicinali più noti coinvolti ci sono Tachipirina, Fluimucil, Novalgina, Ansiolin, Gentamicina, Muscoril, Oki, Plasil, Toradol, Valium e Voltaren. Quelli con l'aumento più consistente sono il Muscoril, che costerà 1,60 euro in più, e il collirio Tobradex, 2 euro in più. Stando ai valori delle tabelle diffuse da Federfarma per comunicare alle farmacie associate i nuovi prezzi, l'aumento alla cassa sarà in media di 0,89 centesimi, quasi un euro, sul costo di ogni confezione: il prezzo medio delle confezioni dei farmaci interessati salirà da 15,58 a 16,47 euro. Una spesa aggiuntiva non di poco conto che interesserà peraltro quasi 800 tipologie di prodotti. Sono 3.740 i farmaci di fascia C soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili. Si tratta di quei medicinali non soggetti a limiti univoci il cui prezzo può subire, da parte delle aziende farmaceutiche, una revisione ogni due anni come previsto dal comma tre articolo uno del decreto legge 87/2005 (il cosiddetto decreto Storace, dal nome dell'allora ministro della Salute), che permette alle aziende farmaceutiche di ritoccare verso l'alto i prezzi dei farmaci con obbligo di ricetta non rimborsati. Di fatto un aumento all'inizio di ogni anno dispari. Gli ultimi aumenti erano avvenuti fra gennaio e febbraio 2017. Rimane per le farmacie la possibilità di praticare sconti sul prezzo al pubblico, come previsto dall'articolo undici della legge 27 del 2012, la cosiddetta Cresci Italia. Invece, ricorda Federfarma, «il prezzo al pubblico dei medicinali senza obbligo di ricetta è liberamente fissato da ciascuna farmacia o dagli esercizi commerciali abilitati». La conferma dell'aumento arriva da Pharmacy Scanner, settimanale online dedicato ai farmacisti. «Tra generici e prodotti branded», spiega il direttore responsabile della testata, Alessandro Santoro, «sono 770 i farmaci interessati quest'anno dagli aumenti, che portano il prezzo medio a confezione (sui prodotti interessati dagli incrementi) da 15,58 a 16,47 euro. Ne consegue una differenza di 0,89 euro, che equivale a un aumento medio del 5,7% sui prezzi di due anni fa». Rincari a parte l'Italia (prima nell'Unione europea per produzione di medicinali con 31,2 miliardi) resta uno dei Paesi del Vecchio continente con il più basso prezzo dei farmaci all'uscita dalla fabbrica (il prezzo a ricavo industria), circa il 15-20% in meno rispetto alla media europea. Questo vantaggio, però, si perde quando si considera il prezzo al pubblico, poiché al prezzo di produzione viene aggiunto un margine per la distribuzione, dai grossisti alle farmacie, più l'Iva: se il guadagno dell'industria farmaceutica è del 63,8%, quello del distributore è del 6,7%, mentre la farmacia ricava in media su ogni medicinale il 2,4%. Nel passaggio dalla produzione alla vendita al dettaglio, insomma, il prezzo dei farmaci in Italia diventa quasi equivalente a quello degli altri Paesi europei, con buona pace dei cittadini consumatori.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».