2020-03-30
La grande sfida all’ombra del virus
La pandemia, gestita in modo opaco dalla Repubblica popolare, sarà la miccia della prossima guerra fredda Usa-Cina. L'Europa dovrà scegliere con chi stare.L'attuale pandemia del coronavirus potrebbe rivelarsi foriera di significativi sommovimenti geopolitici: sommovimenti che potrebbero trovare il proprio epicentro nella Repubblica popolare cinese. Nonostante Pechino stia abilmente cercando di rilanciare la propria strategia internazionale attraverso una politica di aiuti sanitari a vari Paesi (in Europa, Africa e Medio Oriente), non è infatti detto riesca a eludere un progressivo accumulo di tensione cui si sta trovando sempre più soggetta. Un accumulo di tensione che la Cina non potrà riuscire prevedibilmente a fronteggiare con la sola «diplomazia delle mascherine». I nodi sul tavolo sono infatti principalmente due. In primis, stanno crescendo le tensioni con gli Stati Uniti. Nonostante la recente telefonata cordiale tra Donald Trump e Xi Jinping, le relazioni tra i due Paesi sono più fredde che mai. Il presidente americano parla apertis verbis di «virus cinese», mentre il Congresso ha presentato una mozione bipartisan che accusa Pechino di cattiva gestione dell'epidemia. Si tratta, a ben vedere, di una situazione radicalmente differente, rispetto al clima disteso di metà gennaio, quando venne siglato l'accordo commerciale parziale tra Stati Uniti e Cina. L'altro fronte problematico per la Repubblica popolare è quello interno. Da più parti si registra che ampi strati della popolazione cinese non abbiano affatto apprezzato la gestione dell'epidemia da parte del governo. E, se malcontento e tensioni iniziano realmente a serpeggiare, la leadership del Partito comunista cinese potrebbe pericolosamente risentirne. Con conseguenze difficilmente prevedibili. In questo senso, gli interventi di Bowen Xiao ed Edward Luttwak - che trovate nelle interviste qui sotto - vanno fondamentalmente nella medesima direzione. Entrambi fotografano un governo cinese in difficoltà. Entrambi parlano di un Partito comunista che ha gestito la crisi in modo opaco e che sta cercando di scaricare su altre nazioni (tra cui l'Italia) le proprie gravi responsabilità nella vicenda. Entrambi ravvisano poi una sostanziale tensione geopolitica tra Pechino e Washington. Ed entrambi - soprattutto - mettono in evidenza il crescente disagio del popolo cinese nei confronti della propria attuale leadership politica. La «grande trasformazione» del nostro tempo sembra quindi passare (anche) dal coronavirus. Perché questa crisi pandemica - nelle sue implicazioni geopolitiche - potrebbe costituire la base di uno snodo storico decisivo, paragonabile al crollo del Muro di Berlino o a Piazza Tienanmen. Non sappiamo ovviamente quello che accadrà nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Ciononostante quella che qualcuno ha già battezzato la «nuova guerra fredda» tra Stati Uniti e Cina subirà le inevitabili conseguenze di questa crisi pandemica. Una prospettiva che chiama direttamente in causa anche il Vecchio Continente: quello stesso Vecchio Continente che - in molti casi - sta intrecciando legami sempre più stretti con Pechino, allontanandosi progressivamente dall'orbita statunitense. Per questo, l'Europa dovrebbe finalmente sciogliere le proprie ambiguità, avendo ben chiara la differenza tra i due (antitetici) paradigmi tra i quali è chiamata a scegliere.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)