
Dopo il voto Conte dovrà spiegare la forzatura sui Servizi. E al Senato la fronda grillina mette a rischio l'ok alla riforma.Il M5s è una barchetta a vela che naviga nell'oceano in tempesta, mentre a bordo i marinai si azzuffano l'uno con l'altro. L'onda definitiva, quella che potrebbe rovesciare la barca, regionali a parte, è in arrivo: il Senato dovrà presto esaminare il decreto che proroga l'emergenza coronavirus fino al prossimo 15 ottobre, approvato dalla Camera con il voto di fiducia. Quel decreto contiene anche la modifica delle norme che disciplinano la nomina dei vertici dei servizi segreti, argomento che provocò la rivolta di 50 parlamentari del M5s, costringendo Giuseppi Conte, appunto, a mettere la fiducia. Ma a Palazzo Madama è allarme rosso: i senatori del M5s sono letteralmente sul piede di guerra, e non accetteranno in alcun modo un altro voto di fiducia. Non solo: i servizi segreti sono una vera e propria spina nel fianco di Conte che, come anticipato dalla Verità, il prossimo 22 settembre, 24 ore dopo le elezioni regionali e il referendum, dovrà riferire davanti al Copasir, il Comitato per la sicurezza della Repubblica, organismo di controllo sulla nostra intelligence.«Stavolta», rivela alla Verità una fonte di primissimo piano del M5s, «nessuno può scommettere sulla tenuta del gruppo al Senato. I senatori sono infuriati, soprattutto con Vito Crimi, che non riesce a dare una indicazione precisa su nulla, ma anche con Conte. La sensazione è che il premier sia completamente nelle mani del Pd, e che anche la norma sui servizi sia almeno in parte farina del sacco del Nazareno».Tutti contro tutti, nel M5s, ma soprattutto tutti contro Crimi e Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri, secondo molti big pentastellati, culla ancora il sogno di diventare presidente del Consiglio, soprattutto dopo che, qualche settimana fa, ha incontrato alla Farnesina il ministro Pd Dario Franceschini. Durante quel colloquio, Franceschini avrebbe lasciato credere a Di Maio che la possibilità di un suo approdo a Palazzo Chigi sia concreta. Tutto ciò, mentre Beppe Grillo lavora invece per rinsaldare l'alleanza di governo con il Pd e per tenere Conte al riparo dalle guerre interne al M5s. «Io e Grillo», dice Di Maio a Sky Tg24, «siamo abbastanza in sintonia». Quell'«abbastanza» dice tutto: in realtà Di Maio è costretto a digerire la volontà di Grillo di blindare Conte. E con Casaleggio? «È chiaro ed evidente», risponde Di Maio, «che in questo momento che il Movimento ha visioni differenti al proprio interno, però vogliamo tutti bene al Movimento e abbiamo bisogno di tutti. Lavoriamo in quella direzione».La rottura con Davide Casaleggio è ormai insanabile: come abbiamo riferito ieri, anche la separazione tra il M5s e la piattaforma Rousseau è ormai solo questione di tempo: ci si chiede come verrà risolta la questione dei dati in possesso della piattaforma. Un follower su Facebook chiede a Alessandro Di Battista, grande alleato di Casaleggio insieme a Paola Taverna, se ritiene che il M5s abbia «tradito il povero Casaleggio che si starà rivoltando nella tomba». «Io rispondo per le mie azioni. Non per quelle altrui», risponde Di Battista. Il clima è esacerbato. Vito Crimi è sotto assedio: i firmatari del documento di «Parole guerriere», correntone del M5s del quale fanno parte Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, e Carlo Sibilia, sottosegretario all'Interno, ha scritto al reggente una lettera aperta per chiedere, tra le altre cose, un confronto interno al movimento prima del 22 settembre. Niente da fare. «Subito dopo le elezioni regionali», risponde Crimi, «e il referendum ci sarà il percorso degli Stati Generali, sul farli in presenza vedo una difficoltà. Pensiamo intanto al referendum». «Il giorno dopo le elezioni», dice Di Maio, «dobbiamo metterci subito al lavoro per una leadership forte, che non vuole dire il leader, ma vuol dire una governance. È chiaro ed evidente che abbiamo bisogno di un gruppo di gestione, di controllo e che porta avanti il Movimento nella maniera il più possibile partecipata, però che prenda decisioni legittimate. Affinché queste decisioni siano legittime», aggiunge Di Maio, «devono essere legittimate da un voto, quindi dobbiamo eleggere il nostro gruppo di persone che porterà avanti il Movimento, darci dei nuovi obiettivi e andare avanti e correre». Il ministro degli Esteri non vuole un capo politico ma un organo collegiale. Intanto, dopo il tracollo delle regionali, via libera al rimpasto: i ministri grillini in bilico sono Lucia Azzolina (Scuola), Stefano Patuanelli (Sviluppo economico), Nunzia Catalfo (Lavoro), Federico D'Incà (Rapporti col parlamento), ma se la disfatta sarà una catastrofe, nessuno potrà dirsi al sicuro.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






