2022-06-26
La Germania ci libera dalle balle verdi
Oggi parte il G7 nel pieno della crisi ucraina. I tedeschi sarebbero pronti a proporre di cancellare gli impegni «green» sulle fonti fossili per ricucire con gli Usa e salvare industria e occupazione. L’Italia tentenna ma è un’occasione per uscire dall’inflazione. Mosca continua l’avanzata mentre Vladimir Putin promette di dare missili all’alleato bielorusso. Da oggi a martedì il castello di Elmau sulle Alpi bavaresi ospiterà il G7. Il palazzo, che ora è un hotel di grande lusso, nel 1945 fu requisito dai militari americani. Per un breve periodo fu usato come carcere poi divenne un polo per l’addestramento. In piccolo, il simbolo della fine delle ostilità e dell’affiancamento politico che un decennio più tardi portò la Germania all’interno della Nato. Quest’anno il castello di Elmau potrebbe essere l’occasione per il cancelliere Olaf Scholz di completare l’inversione politica iniziata con la fine del regno di Angela Merkel e accelerata dalla guerra in Ucraina. Potrebbe essere l’occasione per rinsaldare i rapporti con gli Usa e soprattutto con l’economia e la finanza a stelle e strisce. Stavolta non si tratta di ricostruire il Paese dalle bombe e dal nazismo (anche perché i soldi del piano Marshall sono solo un ricordo da libri di scuola), stavolta le armi sono quelle del gas e degli investimenti finanziari a esso connessi. Cosa non da poco in un momento di spaccatura globale, senza precedenti almeno dai tempi della Baia dei Porci. L’obiettivo di Scholz sarebbe quello di convincere gli altri big a «riconoscere che gli investimenti pubblici nel settore del gas sono necessari come risposta alla crisi energetica», aggiungendo la toppa del mantenimento «degli obiettivi climatici senza creare effetti di blocco» al Pil. La posizione è esattamente l’opposto di quanto gli stessi grandi del mondo - nel consesso della Cop26 di Glasgow - avevano deciso. Soltanto lo scorso novembre, 20 Paesi, Italia compresa, assieme a Stati Uniti, Uk e Canada, si sono messi d’accordo per cessare entro il 2022 tutti i sussidi a fonti fossili non abbattute. «Intesa importante», recitavano i media mainstream. A sostenere la notizia il solito report sulle emissioni «quest’anno di nuovo in crescita a livelli record». Secondo il rapporto annuale del consorzio Global carbon project le emissioni di diossido di carbonio dovrebbero rimbalzare nel 2022 ai livelli pre Covid, con la quota della Cina in crescita a quasi un terzo del totale. In realtà si trattava della solita cortina fumogena che ha aiutato per anni a confondere le idee e ad accelerare sulla transizione forzata. Dietro lo storytelling ambientalista era già allora chiaro che a spingere in quella direzione c’era il mondo della finanza. Soltanto sei mesi fa si potevano contare 18.000 miliardi di Bond a tasso negativo. Riuscire a infilarli sotto la bandiera del «green» avrebbe significato riesumarli e riportarli verso rendite più alte. Un business enorme che giustificava le fregole assurde e la fretta per una riconversione forzata anche a costo di danneggiare l’economia reale di Paesi come il nostro. Nell’immediato, la scelta di Glasgow avrebbe bloccato 8 miliardi di finanziamenti già in essere e accelerato sullo stop al carbone. Il cambio di passo della Germania, che nel frattempo ha riaperto le sue centrali a carbone, è quindi legato alla guerra ma anche all’inversione dello scenario finanziario che essa ha generato. Non serve più indossare la divisa «green» per emettere obbligazioni con rendita interessante. Adesso l’inflazione corre e le Banche centrali hanno alzato i tassi. Adesso è tornato conveniente oltre che necessario puntare alle fonti tradizionali perché senza di esse non c’è crescita industriale. Sarà così interessante capire quali altri Paesi si affiancheranno a Scholz. Al momento ci sono indiscrezioni. «Il Regno Unito si opporrà alla proposta», hanno affermato due fonti citate da Bloomberg. «Un portavoce del governo tedesco si è rifiutato di commentare. Ma l’Italia sarebbe pronta a non opporsi attivamente alla proposta tedesca. L’Italia, come la Germania, è fortemente dipendente dal gas russo», prosegue Bloomberg concludendo che «venerdì, parlando durante una conferenza stampa a Bruxelles, il primo ministro Mario Draghi ha affermato che l’Italia è riuscita a ridurre le importazioni di gas russe dal 40% dell’anno scorso all’attuale 25. Ciò è stato possibile anche firmando nuovi accordi sul gas in Paesi tra cui Congo, Algeria e Angola». Il riferimento alle nazioni africane non è certo casuale. La stessa Bloomberg il giorno prima dell’avvio della Cop26 di Glasgow aveva diffuso uno scoop sul governo italiano. Secondo l’agenzia di stampa, l’adesione di Roma sarebbe avvenuta solo all’ultimo minuto con una sorta di inversione a U. Evento anomalo per un accordo programmato da così tanto tempo. La sera prima gli sherpa del Mite, il ministero della Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani, erano ancora in attesa di un allineamento da parte del Mef e del ministro dell’Economia Daniele Franco. Particolare che lasciava intendere un forte disallineamento tra i due ministeri. Nessuno ha mai spiegato perché lo scorso novembre abbia prevalso la linea del Mite. Adesso però è molto probabile che a dettare l’agenda sia il Mef che con L’Eni, impegnata a gestire gli investimenti «overseas» su fonti fossili non abbattute (proprio quelle vietate da Glasgow), ha una certa familiarità da azionista. Vedremo quale sarà la posizione ufficiale dell’Italia. Nel frattempo la Germania fa un passo in più per avvicinarsi agli Usa, uno per staccarsi dalla Russia e due per combattere l’inflazione. Non solo: Berlino, il cui governo è sostenuto dai Verdi, ha acceso uno spiraglio per tutti coloro che ancora sperano in una Ue libera dalle balle verdi e pseudoambientaliste. Ahinoi, qualcosa di buono può derivare anche dalla guerra.
«It – Welcome to Derry» (Sky)
Lo scrittore elogia il prequel dei film It, in arrivo su Sky il 27 ottobre. Ambientata nel 1962, la serie dei fratelli Muschietti esplora le origini del terrore a Derry, tra paranoia, paura collettiva e l’ombra del pagliaccio Bob Gray.
Keir Starmer ed Emmanuel Macron (Getty Images)
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