2024-02-14
La fuga di Bonaccini sull’eutanasia è solo un palliativo per la sua giunta
Stefano Bonaccini (Imagoeconomica)
Con una furbata, il capo dell’Emilia-Romagna si intesta la lotta, insidia Elly Schlein e nasconde divisioni e voti mancanti in Regione.Stefano Bonaccini, da politico consumatissimo qual è, adesso cerca di farla passare come una grande battaglia di civiltà. «In Emilia-Romagna», dice a Repubblica, «facciamo quello che il Parlamento non ha il coraggio di fare». Il riferimento è alla delibera con cui la giunta della regione rossa intende regolare il ricorso al suicidio assistito sul suo territorio, presentata con grande clamore qualche giorno fa. «È dovuta intervenire la Corte costituzionale per riconoscere che un malato con una sofferenza insopportabile, senza alcuna speranza, attaccato a macchine per il mantenimento in vita, abbia il diritto di congedarsi dalla propria esistenza nel pieno rispetto della propria dignità e volontà. Le persone si rivolgono ai tribunali, alle istituzioni per avere una risposta. Il Parlamento si è fatto scavalcare dalla Consulta. In attesa della legge nazionale, noi abbiamo preso l’iniziativa, forti di quanto previsto dalla Corte che ha dettato criteri rigidi», insiste Bonaccini, forte del fatto che effettivamente a livello nazionale la materia non è normata. «Io aspetto l’iniziativa del Parlamento», insiste il governatore del Pd. «Però la nostra delibera è la prima risposta che siamo stati in grado di dare. Vuol dire che in Emilia-Romagna, si può».Messa così, in effetti, è venduta benissimo. Bonaccini ne esce come un campione di laicità, un difensore dei diritti capace di scavalcare a sinistra persino i vertici del suo partito (che, come noto, non gli stanno proprio simpaticissimi, a partire dalla ex sfidante alle primarie, Elly Schlein, che gli ha scippato la segreteria). La realtà, tuttavia, è un filino differente. Come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, infatti, la delibera della giunta emiliana non nasce certo per colmare il vuoto lasciato dal Parlamento, né origina dall’insopprimibile desiderio di sostenere i sofferenti. Deriva, piuttosto, da una bega politica non indifferente. Il Consiglio regionale avrebbe dovuto esaminare oggi una proposta di legge sul fine vita elaborata dall’Associazione Luca Coscioni, che per mesi è rimasta a prendere polvere. Avrebbe dovuto occuparsene la commissione Sanità, ma ha accuratamente evitato di farlo, così il testo è arrivato in aula ed è stato immediatamente rispedito indietro: tornerà cioè in commissione per essere esaminato. Un tira e molla che ha consentito alla politica di prendere tempo e di rinviare il confronto delicatissimo su una materia rovente.Se la sinistra emiliana si fosse limitata a fare melina, però, non ne avrebbe certo ricavato una splendida figura. Così Bonaccini ha estratto l’eutanasia dal cilindro. La sua giunta ha deciso di risolvere il caso con una delibera, gesto che permette di scavalcare l’aula e di evitare il voto. Soprattutto, permette al governatore piddino di sfilarsi dallo scontro con la corrente cattolica interna al partito e, contemporaneamente, di evitare una figuraccia come quella rimediata dai sostenitori del fine vita in Veneto, dove la norma regionale non è passata proprio per il «voto di coscienza» di un’esponente dem.Che le cose stiano così lo conferma il veloce calcolo che ha svolto ieri una collega del Resto del Carlino, spiegando che la legge sul suicidio assistito in Consiglio regionale non passerebbe, dato che (tra destra e sinistra) i contrari sono 27 e i favorevoli 23. Ecco perché, agendo d’imperio, il governatore emiliano scarica almeno per il momento la patata bollente. Il bello è che a punzecchiarlo sono, più che i conservatori, i 5 stelle e gli attivisti radicaleggianti. La pentastellata Silvia Piccinini, ad esempio, invita il governatore a «non giocare a nascondino: faccia ricorso alla procedura d’urgenza per la votazione di un progetto di legge». Anche Marco Cappato martella, chiedendo una norma vera e propria.Il fatto è che uno scontro sul fine vita Bonaccini non può permetterselo. La sua delibera di giunta ha svegliato perfino il solitamente timidissimo e politicamente correttissimo presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, già arcivescovo metropolita di Bologna e dunque amico del governatore, che ha ribadito l’inesistenza del diritto a morire. Sulla scia di Zuppi hanno preso la parola pure i cattolici dem, tramite intervista al Resto del Carlino di Graziano Delrio. L’ex ministro non ci è andato troppo leggero: «Regolare con leggi regionali questo tema non è una scelta adeguata. È come se avessimo una legge sull’aborto veneta e una siciliana», ha detto. «Così non si garantisce lo stesso diritto sul territorio nazionale. È un problema serio fare accelerazioni con leggi regionali una diversa dall’altra. Stiamo parlando di una legge che interviene sul codice penale, l’urgenza resta la legiferazione del Parlamento». Stimolato da Davide Nitrosi sulla delibera di Bonaccini, Delrio si è mostrato freddino: «La priorità, la cosa su cui siamo chiamati a essere responsabili è la legge nazionale. Però nell’attesa, piuttosto che 20 leggi regionali, è meglio istituire comitati etici che nei singoli casi possano valutare tutte le condizioni, a partire dal fatto che ci siano cure palliative. Meglio una delibera che istituisce percorsi amministrativi in attesa di una legge».Il messaggio è chiaro: i balzi in avanti non servono, la posizione dei cattolici democratici è quella rimarcata dal presidente della Cei.Bonaccini, non per nulla, deve mostrarsi conciliante: «Il cardinale Zuppi è una delle persone che stimo e apprezzo di più, ogni sua parola va ascoltata sempre. Mi confronterò con lui anche su questo. Sui temi cosiddetti etici sono consapevole che all’interno degli stessi schieramenti bisogna avere rispetto e garantire il diritto a chiunque di avere un’opinione anche diversa», dichiara a Repubblica. E ci tiene a rimarcare che «non può esserci disciplina di partito precostituita su questo». Insomma, è abbastanza chiaro che i dem camminino sulle uova e siano lacerati sul fronte etico.Il problema è che, per risolvere le beghe interne, hanno pensato bene di fregarsene della democrazia e del parere della maggioranza dei consiglieri regionali. Bonaccini ripete che il Parlamento deve esprimersi, ma intanto ha deciso di cancellare il suo parlamentino regionale, rallentando il percorso della legge e togliendo ai consiglieri la possibilità di esprimersi su un argomento delicatissimo, sul quale sarebbe opportuno che tutte le voci fossero ascoltate. È il suicidio assistito della democrazia.
Simona Marchini (Getty Images)