2019-10-31
La Francia ordina e l’Ue frena Fincantieri
La Commissione europea avvia un'indagine antitrust sull'offerta per Chantiers de l'Atlantique. Eppure, più volte ha spiegato la necessità di avviare consolidamenti proprio per sostenere maggiori spese ai fini della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie.Occhio ai francesi, un motto sempre valido. Soprattutto se a guidare Parigi c'è Emmanuel Macron. E il tema in questione riguarda i cantieri. Mentre la joint venture militare tra Fincantieri e Naval group (oggetto di discussioni in sede di golden power ad agosto) procede grazie alla spinta di un solo uomo, Giuseppe Bono, gli accordi per l'acquisizione dei cantieri civili di Saint Nazaire da parte della stessa Fincantieri sono stati di fatto congelati per un intervento a gamba tesa dell'Antitrust Ue. Nello stesso giorno due avvenimenti di natura opposta, che segnano in modo chiaro la natura complessa e a volte schizofrenica dei rapporti tra Italia e Francia. Ieri mattina, Bono assieme ai vertici di Naval group annunciava il nome della joint venture, Navirsi. E commentava: «L'alleanza è una opportunità per entrambi i gruppi e i loro ecosistemi di migliorare la propria capacità di servire le rispettive Marine nazionali, acquisire nuovi contratti di esportazione, sviluppare nuove tecnologie e, in definitiva, aumentare la competitività dei comparti navali dei due Paesi». L'estate appena trascorsa si era spinto ancora più in là definendo il business della cantieristica l'unico in grado di far rientrare l'Italia nella partita della Difesa Ue. Un tema che merita trattati e lunghe discussioni, ma che siamo obbligati a mettere da parte visto la sberla dell'Antitrust. Bono infatti, ieri ha incassato e subito ha risposto spiegando che se Bruxelles dovesse mettere barriere incapperà in un grave errore. La Commissione ha espresso, in via preliminare, il timore che, in un mercato già concentrato e con limitazioni di capacità imposte, l'operazione, notificata il 25 settembre scorso, possa eliminare l'importante forza concorrenziale rappresentata da Chantiers de l'Atlantique nel mercato mondiale della costruzione di navi da crociera. Questo perché, secondo l'antitrust Ue, «a causa della natura altamente complessa di questo settore, non è presumibile l'emergere di nuovi costruttori qualificati in tempo utile a contrastare i probabili effetti negativi dell'operazione, che potrebbe quindi ridurre seriamente la concorrenza in questo mercato, determinando un innalzamento dei prezzi, una riduzione della scelta e un freno all'innovazione». Siamo di fronte a una giustificazione bislacca, visto che l'Ue usa i dazi per proteggere il proprio mercato e più volte ha spiegato la necessità di avviare consolidamenti proprio per sostenere maggiori spese ai fini della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie. Soprattutto l'uscita dell'antitrust rispecchia i desiderata di Macron che sulla partita della crocieristica sembra deciso a scombussolare ancora le carte (come aveva già fatto nel 2017) per avere nuovi margini di manovra a favore del proprio Paese e anche di alcune controparti che più volte si erano dichiarate contrarie all'acquisizione italiana. Ad esempio Msc si era detta disposta a subentrare. Probabilmente per il timore che l'avanzata di Bono in Francia e in Cina potesse schiacciare il gruppo svizzero. In realtà la mossa dell'antitrust insegna che giocare al tavolo con i francesi è sempre pericoloso, visto il gioco di sponda che amano fare. Non possiamo non notare che mentre il settore della cantieristica veniva scossa da una tale notizia, il nostro ministro della Difesa, il piddino Lorenzo Guerini, era in audizione davanti al Parlamento e si è fatto scappare un passaggio estremamente delicato. Una frase colta e rilanciata da Germano Dottori, analista di livello, attento sia alla geopolitica che alla guerra economica. Guerini ha spiegato che «in Africa bisogna sviluppare sinergie con la Francia». Una posizione che temiamo possa realizzarsi sul campo. I loro interessi non sono i nostri e quando ci si siamo messi in scia abbiamo trovato terreno bruciato. Non solo in Libia ma in tutto il Sahel dove negli ultimi quattro anni la Francia ci ha lentamente espulsi. Basti ricordare la famosa missione in Niger che avrebbe dovuto secondo il governo Gentiloni dirottare sul terreno poco meno di 500 militari, approvata dall'Aula e subito abortita. Una nostra presenza massiccia con supporto aereo e logistico sarebbe diventata troppo invasiva e minacciosa per gli interessi francesi anche nel sud della Libia. Al contrario Parigi avrebbe preferito una presenza appiedata e di mero sostegno. Avremmo fatto i galoppini senza alcun vantaggio. Per fortuna tutto è saltato. Ma il fatto che il ministro della Difesa ritiri fuori il tema impone di drizzare le orecchie. Parigi è capace di influenzare l'antitrust Ue per usare la minaccia di stop all'accordo civile con Fincantieri per trattare in posizione di forza e la riattivazione di una missione tricolore nel Sahel, esclusivamente a vantaggio di Macron. Attenzione.