
La memoria del dramma giuliano dalmata è ostaggio di quelli che mentono, di quelli che sminuiscono e di quelli che tacciono. Tutti quanti, però, concorrono a sabotare l'ultima commemorazione dedicata all'orgoglio nazionale istituita nel nostro Paese.Ricominciamo male con le foibe e l'esodo. A pochi giorni dalla Giornata del ricordo si profilano tre gradi di oblio sulla tragedia degli istriani, dei giuliani e dei dalmati: i negazionisti, come l'Anpi di Rovigo, che reputano le foibe una pura invenzione nazionalfascista; i deviazionisti, che ne fanno un piccolo incidente dovuto a una grande ingiustizia subita, come gli antifascisti di Parma che dedicano il 10 febbraio a «Foibe e fascismo», suggerendo che la colpa - ma guarda un po' - è sempre del fascismo; infine i dimenticazionisti, quelli che tacciono; e se impegnati tornano ancora sulla Shoah, se evasivi ripiegano su Sanremo. La fobia delle foibe.A me, vi confesso, non piace parlare di foibe, e ancor meno mi piace contrapporle all'eccesso mediatico-istituzionale sulla Shoah. Non mi piacciono queste partite sul dolore e non mi piace evocare la storia per associarla solo all'orrore. Tanto meno mi piace identificare due parole belle e dolci come memoria e ricordo, l'una che richiama alla mente e l'altra al cuore, con tremendi massacri. Non mi piace applicare il manuale Cencelli agli orrori. E poi sono tragedie incomparabili. Come catastrofe umanitaria la Shoah giganteggia. Se invece parliamo in relazione alla storia italiana, sono morti più italiani nella foibe (dai 12 ai 15.000) che nei lager nazisti (circa 6.000 di ebrei italiani su 7.200 deportati, in base al Libro della memoria - ed. Mursia, a cura di Liliana Picciotto, che ne riportava tutti i nomi). Il paragone comunque è improprio e ferisce la memoria di entrambi, soprattutto per l'uso politico che se ne fa; quel che paragoniamo è l'atteggiamento prevalente verso l'uno e verso l'altro. E' l'emiparesi della memoria, l'abuso ideologico. Ma torniamo sulle foibe. «Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città... Non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già scarsi». È Matteo Salvini, è CasaPound che scrive dei migranti? Nossignori, è l'Unità, organo del Pci, del 30 novembre 1946 a proposito dei profughi istriani, dalmati, giuliani. Italiani doc, che secondo i comunisti fuggivano non da un nemico «ma impauriti dall'alito di libertà che precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori». Nei documenti d'epoca il Pci sosteneva che non si dovesse rinunciare a quella che veniva definita «la tattica delle foibe». Ovvero lo sterminio, era per loro neutralmente «tattica». La banalità del male...I contatti tra Palmiro Togliatti e i capi dell'operazione sterminio erano continui.Le foibe finirono nell'omertà sin da quando furono perpetrate. Perché tiravano in ballo le responsabilità del Pci e di un'ala cospicua della lotta partigiana nei massacri, perché incrinavano il rapporto con la vicina Yugoslavia di Tito, perché c'era il tabù della cortina di ferro che spartiva i due mondi, l'Occidente filoamericano e l'Est filosovietico. A eccezione del Tg 2, tuttora si omette di dire che gli infoibatori erano comunisti. Certo, il nazionalismo precedente fu una delle cause che inasprì i rapporti sui confini orientali e le popolazioni slave. Ma lo sterminio degli italiani e la loro espulsione ed espropriazione dalle proprie terre obbedì a una triplice guerra: la guerra del comunismo contro l'Italia fascista, poi la guerra dei proletari comunisti contro i benestanti borghesi istriano-dalmati, quindi la pulizia etnica contro gli italiani. Infine vorrei sapere che fine hanno fatto i rari processi postumi che furono avviati contro gli infoibatori, da Piskulic in poi. Tutti arenati, dopo che fu tolta al magistrato Giuseppe Pititto l'indagine scottante. Ma non solo. Migliaia di pensioni vennero versate dallo Stato italiano agli infoibatori, grazie al vergognoso trattato di Osimo del 1975. Viceversa le famiglie degli infoibati e dei profughi hanno aspettato giustizia e spesso non hanno ricevuto un soldo da nessuno, slavi o italiani. Esempio atroce i 630 bersaglieri della Rsi. Si erano arresi con la garanzia della loro incolumità ma furono massacrati. E in quanto militi della Rsi, i superstiti e i loro famigliari non ebbero mai alcuna pensione. Gli infoibatori si, gli infoibati no.Le foibe furono per decenni il ricordo atroce di una minoranza di profughi e il ricordo polemico di una minoranza di «patrioti», in prevalenza legati al vecchio Msi. Solo mezzo secolo dopo cominciarono lentamente a risalire dal buio e ad affacciarsi timidamente nei libri di testo e nelle commemorazioni ufficiali, strappare messaggi ai Capi dello Stato e infine vedersi in tv in sceneggiati assai edulcorati (come Il cuore nel pozzo) in cui mai si parlava di partigiani comunisti ma solo vagamente di titini e dove non si capiva cosa fosse realmente accaduto; sembravano storie private, locali e famigliari, vicende avulse dalla storia. Infine avvenne l'ufficializzazione del ricordo con l'istituzione della giornata. Venerdì sera su Rai 3 andrà in onda il film Rosso Istria, uno squarcio nel velo della dimenticanza. La Giornata del ricordo è l'ultima commemorazione dedicata all'amor patrio istituita in Italia. Resta lì, orfana spaesata nel calendario dell'oblio. La giornata del non ricordo.
Oggi alle 16 si terrà a Roma l’evento Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti, organizzato dalla Verità. Tra gli ospiti, Roberto Cingolani, ad di Leonardo, e Marco Troncone, ad di Aeroporti di Roma. Si parlerà di innovazione industriale, sicurezza contro rischi ibridi, tra cui cyber e climatici, con interventi di Pietro Caminiti di Terna e Nicola Lanzetta di Enel. Seguiranno il panel con Nunzia Ciardi (Agenzia cybersicurezza nazionale), e l’intervista al ministro della Difesa Guido Crosetto (foto Ansa). Presenterà Manuela Moreno, giornalista Mediaset, mentre il direttore della Verità, Maurizio Belpietro, condurrà le interviste. L’evento sarà disponibile sul sito e i canali social del quotidiano.
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.
Il neo sindaco di New York Zohran Mamdani (Ansa)
Il sindaco di New York non è un paladino dei poveri e porta idee che allontanano sempre più i colletti blu. E spaccano l’Asinello.
La vulgata giornalistica italiana sta ripetendo che, oltre a essere uno «schiaffo» a Donald Trump, la vittoria di Zohran Mamdani a New York rappresenterebbe una buona notizia per i diritti sociali. Ieri, Avvenire ha, per esempio, parlato in prima pagina di una «svolta sociale», per poi sottolineare le proposte programmatiche del vincitore: dagli autobus gratuiti al congelamento degli affitti. In un editoriale, la stessa testata ha preconizzato un «laboratorio politico interessante», sempre enfatizzando la questione sociale che Mamdani incarnerebbe.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 7 novembre con Carlo Cambi






