2020-03-19
La filosofia dei giallorossi: aiuti a chi perde il lavoro, le briciole a chi tiene duro
Il grosso del Cura Italia (10 miliardi) va agli ammortizzatori sociali, solo mini sconti a chi produce. Pd e 5 stelle non capiscono che a forza di sussidi si uccide il Pil.Bisognerà saldare le imposte rinviate in questi mesi più l'Imu: ma chi avrà i soldi?Lo speciale contiene due articoliAlla fine dopo sei giorni di gestazione il decreto Cura Italia è arrivato in Gazzetta e quindi è diventato legge. Il governo giallorosso ha utilizzato tutte le risorse disponibile entro il deficit concordato con l'Ue e già preventivamente chiesto al Parlamento. Da un lato meglio così. Aver messo in campo le msire in pochi giorni consentirà in due settimane di far arrivare i sussidi a chi li attende. Dall'altro, significa che il nostro Paese ha già finito tutte le cartucce a disposizione e poi ci sarà la Provvidenza o la Troika. Vedremo. Nel frattempo il testo si articola su cinque pilastri principali. Il primo inietta subito nel sistema sanitario 3,1 miliardi di euro. Il secondo stanzia 10 miliardi per i lavoratori dipendenti che rischiano di perdere il posto o che lo perderanno. Il terzo pilastro è costituito da una serie di misure che riversano liquidità alle banche. Un miliardo serve per tenere in piedi i bilanci (soprattutto Popolare di Bari che è in fase di salvataggio) e il resto va a garanzia di fidi e del sistema Confidi pensato per irrorare le piccole imprese. Nel complesso si tratta di 5,2 miliardi. Le misure fiscale (quarto pilastro) sono sovvenzionate da soli 1,5 miliardi. Una serie di piccolissimi assegni che serviranno poco o nulla alle aziende toste che decidono in queste ore di tenere duro e andare avanti. Infine, il quinto pilastro si articola attorno all'emergenza vera e proprio. Dunque finanziamenti per Forze di polizia, protezione civile e tutti coloro che in queste ore sono impegnati a salvare la vita degli italiani. Più o meno 4,7 miliardi e bisogna dire tutti ben spesi. Basta prendere i cinque pilastri, metterli in fila con le rispettive voci di spesa per capire l'anima del Cura Italia. Il premier Giuseppe Conte ha puntato la cifra più alta per chi il lavoro lo perde e non per aiutare le aziende a non lasciare a casa le persone. Non vogliamo essere fraintesi, gli ammortizzatori sociali sono fondamentali ancor più in queste settimane. Ma leggendo il decreto emerge in pieno la mentalità dei giallorossi. Né il Pd né i 5 stelle sanno cosa significhi fare impresa, lavorare con passione oltre gli ostacoli e sudare per i propri utili. I quali diventano non solo ricchezza privata, ma anche ricchezza pubblica. I giallorossi riconoscono invece il valore dei sussidi e non dei premi per chi lavora. Messe in fila le norme del Cura Italia, si rischia di spingere le aziende a chiudere, per tutelare gli azionisti e i lavoratori stessi. Chi deciderà di andare avanti invece sarà bastonato due volte. Innanzitutto per le aziende che non hanno agevolazioni la scadenza Iva e le scadenze Inps da lunedì scorso sono state spostate a oggi: solo 4 giorni. Una scelta vergognosa. Inoltre, fra due mesi quando si capirà se si è raggiunto il fondo della crisi, le scadenze fiscali si accumuleranno. Peggio ancora, dal testo del decreto si evince che alcuni tagli fiscali (circa 900 milioni) sono messi a budget per il 2021. Vogliamo sperare che sia solo un trucco contabile del Mef e che veramente nessuno al governo pensi di tosare ancor di più le imprese il prossimo anno. Ancora più grave e significativo del distacco siderale di questo governo da chi crea il Pil è la scelta di dare un bonus a chi va in fabbrica o in ufficio. Ai lavoratori che non possono fare smart working e affrontare le insidie del virus saranno riconosciuti 100 euro in più per il mese di marzo. Un insulto, nemmeno una mancia. Chi lavora non vuole regali, vuole solo essere libero dall'oppressione burocratica e vuole che lo Stato se ne stia lontano senza intralciarlo salvo riconoscergli i diritti concordati per cui ha versato i contributi: salute e pensioni. Gli sconti fiscali nel complesso del decreto non valgono più di un miliardo e mezzo. E questa è la sintesi. Chi produce e crea ricchezza anche in condizioni di quarantena è sfruttato dal governo per pagare gli stipendi della Pa. Bisogna almeno dirlo e ammetterlo. P.s.: Ieri il numero uno dell'Inps ha proposto l'idea di un click day per gli autonomi che chiedono il sussidio. Tradotto: chi arriva prima prende i soldi, gli altri nulla. Speriamo voglia essere uno scherzo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-filosofia-dei-giallorossi-aiuti-a-chi-perde-il-lavoro-le-briciole-a-chi-tiene-duro-2645524307.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="cartelle-rottamate-da-pagare-tutte-in-un-colpo" data-post-id="2645524307" data-published-at="1764357759" data-use-pagination="False"> Cartelle rottamate da pagare tutte in un colpo La sospensione delle rate della rottamazione ter e del saldo stralcio non bastano. Il decreto Cura Italia ha infatti deciso di spostare la rata del 28 febbraio della rottamazione ter, e quella del 31 marzo del saldo e stralcio al 1° giugno 2020. Quindi, tutti i contribuenti che sono rientrati nelle agevolazioni fiscali in questione non perderanno la rateizzazione del loro debito se non pagheranno le rate di febbraio e di marzo. Queste però dovranno essere saldate il 1° giugno, altrimenti decadrà la rottamazione ter o il saldo e stralcio. E dunque si dovrà rifare la domanda l'anno prossimo, aspettare l'accettazione o no della richiesta di rateizzazione del proprio debito e procedere con il pagamento. Spostare in avanti le rate di febbraio e marzo può dare sicuramente un sospiro di sollievo a tutti quei contribuenti che in questa situazione stanno lavorando da casa. E dunque che riescono ancora a percepire uno stipendio a fine mese. Per questi non sarà un problema saldare le rate a giugno piuttosto che a febbraio o marzo. Il problema c'è invece per tutta quella fetta di contribuenti che non lavora e che dunque non sta percependo uno stipendio. Le partite Iva e i commercianti sono un esempio di soggetti che stanno vedendo le loro entrate compromesse. E gli aiuti stanziati dal governo (600 euro per le partite Iva) non sono sufficienti per far fronte al danno economico provocato dal coronavirus. Anche se la situazione di emergenza sanitaria dovesse scemare sempre di più, e chiudersi prima dell'estate, la ripresa economica non sarà così facile. Secondo un recente studio pubblicato da Cerved, le imprese italiane si devono aspettare due tipi di scenari. In quello positivo, l'emergenza coronavirus durerà fino a maggio 2020 e ci vorranno due mesi per tornare alla normalità. In questo scenario le imprese italiane registrerebbero delle perdite, in termini di fatturato, pari a 220 miliardi nel 2020 e 55 miliardi nel 2021. Nello scenario pessimistico si prevede invece che l'emergenza duri fino a dicembre 2020 e che per riprendersi ci vorranno sei mesi. In questo caso le perdite per le imprese italiane saranno molto più pesanti e si aggireranno intorno ai 470 miliardi nel 2020 e 172 nel 2021. I dati mostrano dunque come le ripercussioni economiche dell'emergenza coronavirus si estenderanno anche sul 2021. Il decreto Cura Italia ha invece previsto uno spostamento di soli tre mesi delle rate della rottamazione ter e del saldo e stralcio. Da tenere presente come nel mese di giugno i contribuenti dovranno pagare, oltre che le tasse sospese nel mese di febbraio e marzo, anche quelle di competenza del mese stesso oltre che l'Imu. Non si sa bene dove i contribuenti riusciranno a trovare la liquidità necessaria per versare tutte le imposte dovute, visto la situazione economica che si prospetta. Il rischio è dunque quello che a giugno molte realtà saranno messe ko dalle tasse da pagare.
L'Assemblea Nazionale Francese (Ansa)
«Stranger Things 5» (Netflix)
Giuseppe Conte. Nel riquadro, Antonio Chiappani (Ansa)