
Sono essenziali, ma non ce ne sono abbastanza. Federfarma: «Il governo ce le dia a prezzo calmierato o stop alle vendite».A due mesi dal conclamato allarme, anche Giuseppi ha preso la sofferta decisione: meglio indossare la mascherina. Certo, mal si abbiglia ai suoi completi sartoriali. Smorza il suo eloquio rococò. Cela il suo ammaliante profilo. Ma la decisione non poteva più essere rimandata. Bisogna dare il buon esempio.I cittadini si preparano, il 4 maggio, alla libertà condizionata. E, sebbene non sia stato ancora ufficializzato, probabilmente sarà necessario coprirsi il voto. Ma poi, obblighi a parte, provate a girare per strada a viso scoperto. Impossibile evitare lo stigma. Dunque, prepariamoci a usare sempre la mascherina. Come, del resto, s'è appena deciso nell'assai meno martoriata Germania. Eppure, stima la task force di Vittorio Colao, servono altri tre milioni di pezzi al giorno. Macché, rassicura il commissario bis all'emergenza, Domenico Arcuri: la produzione è sufficiente. I superesperti nominati dal governo contraddicono quindi il megaesperto chiamato dal governo. Ma è solo l'ultima e tragica divagazione sul tema, purtroppo. Perché le mascherine sono ormai l'emblema dello sbaraglio giallorosso.Poche, maledette, in ritardo. Dovevano essere una manna. Sono diventate un mercimonio. Tanto che Federfarma è arrivata a suggerire alle farmacie «di astenersi dalla vendita». Per evitare che «un'intera categoria venga annoverata odiosamente tra gli speculatori». I prezzi, spiega la federazione, «sono alterati alla fonte». Come rivela un'inchiesta della Procura di Bari, dispositivi pagati 36 centesimi vengono rivenduti anche 20 euro alle aziende sanitarie. Sciacalli, certo. Ma le richieste di Federfarma all'esecutivo, come l'Iva al 4 per cento, rimangono inascoltate. Meglio, a questo punto, rinunciare. Proprio mentre si avvicina il rientro al lavoro e la fine della clausura. Al giurista Giuseppi sarebbe però bastato qualche rudimento d'economia. Invece trovare le mascherine, specie le più efficaci contro il virus, resta improbo e dispendioso. Eppure già il 31 gennaio 2020, il premier dichiara lo «stato di emergenza». Conte si conferisce quei poteri speciali che gli permetteranno di promulgare decreto su decreto, esautorando il Parlamento. Insomma, a fine gennaio già teme il peggio. E il 12 febbraio 2020 il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha già in mano un dossier segreto che prevede «tra le 600 e 800.000 vittime» se gli italiani non verranno rinchiusi a casa. Ma nessuno pensa alle mascherine. Altri Paesi, a partire da Francia e Germania, iniziano intanto a requisire le scorte. Al contrario, il governo italiano tentenna. Nessuna protezione, quindi. E non solo per i comuni cittadini, ma perfino per medici e infermieri. Dalla questione il premier si astiene. Tutto è delegato alla protezione civile guidata da Angelo Borrelli, nominato commissario straordinario all'emergenza. Ma soltanto il 14 marzo, dopo settimane di sbalorditiva penuria, in Lombardia arrivano le prime masche-rine. Peccato siano inutilizzabili: «Sembrano un fazzoletto o un rotolo di carta igienica. E non sono marchiate Ce, Comunità europea» lamenta l'assessore regionale alle Sanità, Giulio Gallera. Delle strategiche forniture comincia allora a occuparsi il commissario bis, Arcuri. Il 24 marzo, accanto a Conte, promette: «I nostri medici avranno finalmente munizioni per combattere la guerra». L'ennesima caporetto arriva però quattro giorni più tardi. Il governatore campano, Vincenzo De Luca, sventola a favor di telecamera l'ultimo modello arrivato: «Ci hanno mandato le mascherine di Bunny il coniglietto. Io ci pulisco gli occhiali». Una settimana dopo, perfino il presidente della Federazione italiana dei medici, Filippo Anelli, chiede di inviare indietro 620.000 pezzi: «Non sono autorizzati per l'uso sanitario: è carta straccia». E mentre Giuseppi latita, l'Oms brancola. Le mascherine, avverte l'Organizzazione mondiale della sanità, sono utili solo a medici e pazienti. Il 20 marzo 2020, addirittura, implora: «Per favore, non in-dossatele». Passate due settimane, ecco le prime, tiepide, ammissioni: «È una delle misure di prevenzione che può limitare la diffusione». Però, generano «falsa sicurezza». In effetti basta indossarle per trasformarsi in invincibili impavidi, che si abbeverano di goccioline sospette e non temono poderosi starnuti. Argomentazioni che avevano già convinto i governi più assennati ad arrangiarsi da soli. L'Italia, invece, no. Nessuno, in Europa, s'è messo nella mani dell'agenzia dell'Onu come noi, incerti e tremebondi su tutto. E dunque, poche mascherine e niente test agli asintomatici. Per evitare fraintendimenti, Speranza ha pure nominato consulente l'unico italiano nel board Oms: il professor Walter Ricciardi. L'ondivaga posizione degli esperti ginevrini fiacca ulteriormente le già dilatate scelte. Così, il 4 aprile la Lombardia decide di fare da sé. Si potrà uscire di casa solo indossando la mascherina. Lo stesso decidono Friuli-Venezia Giulia e Veneto. Insomma, le tre regioni del Nord a guida leghista. Circostanza che non sembra lasciare indifferente Borrelli. Che annuncia spavaldo: «Io non uso la mascherina, perché rispetto le distanze». Un'affermazione che, riletta oggi, fa il paio con quel «è solo un'influenza» pronunciata da certi virologi. O con l'inebriante certezza diffusa da Giuseppi in un'intervista al quotidiano spagnolo El Pais: «Se tornassi indietro, rifarei tutto allo stesso modo». Giustissimo. Chi se ne frega delle mascherine? Perché pianificare selvaggiamente il domani? Rimaniamo un popolo fatalista. Mica come i tedeschi, abituati a far di conto e a pianificare l'esistenza. Mentre noi pagavamo un euro a siringa, loro cumulavano 30 mila posti in terapia intensiva. Ma, anche stavolta, l'Italia non ha fretta. La fase due incombe. Bisogna mettersi l'anima in pace e la mano nel portafoglio: per una mitologica Ffp2 serviranno ancora otto euro. E a questo punto, quasi quasi, meglio lasciar passare pure l'estate. Poi, magari, il governo potrebbe cominciare a meditare sulla possibile recrudescenza autunnale del virus. Con usuale flemma e circospezione, ovviamente. Del resto, che sarà mai 'sto coronavirus?
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