2021-07-10
La disumanità viene dai porti aperti
Ansa/U.Stampa/F.Gasperini
Ocean Viking ci porta altri 572 migranti. Ma continuare a far sbarcare questi disperati e ammassarli non ha nulla a che fare con la solidarietà. E l'Ue si gira dall'altra parte.Ieri è sbarcata ad Augusta, nel Siracusano, la nave Ocean Viking della Ong Sos Méditerranée con 572 naufraghi a bordo. Il via libera è stato dato dal governo italiano dopo che la Ocean Viking aveva registrato cinque richieste di Pos (Place of safety), cioè un sito sicuro dove attaccare, inviate alle autorità marittime. L'hotspot di Lampedusa è al collasso (più di mille migranti) nonostante il trasferimento di più di cento persone.Matteo Salvini ha scritto a Di Maio e Lamorgese: «Vediamoci entro la prossima settimana per fronteggiare una escalation pericolosa testimoniata dal numero degli arrivi: il triplo rispetto allo stesso periodo di un anno fa». Vogliamo proporre ai lettori della Verità quattro semplici riflessioni.La prima. Le condizioni nelle quali vengono tenuti (meglio sarebbe dire ammassati) questi esseri umani è indegna dell'aggettivo «umani». Essendo che «umano» è un aggettivo qualificativo le condizioni nelle quali vengono segregati questi migranti sono inqualificabili. Ciò che dovrebbe rappresentare un atto di umanità finisce per essere - in queste condizioni - un'accoglienza che non ha nulla a che vedere con la solidarietà. Né la situazione cambia quando questi migranti vengono trasferiti in alcuni luoghi che stipulano convenzioni con le prefetture locali che, regolarmente, non vengono rispettate. Questo è un fatto gravissimo perché non vengono fatte azioni (predisposizione di camere adeguate, formazione linguistica, mediazione culturale, ecc...) per le quali i - diciamo così - signori che gestiscono questi luoghi prendono regolarmente soldi pubblici non facendo ciò che dovrebbero fare. Accogliere ed ammassare non significa compiere atti solidali, ma atti di disumanità. Basterebbe andare a visitare, come abbiamo fatto spesso nella trasmissione Dritto e Rovescio, il centro di accoglienza straordinaria di Monastir, un comune sardo della Sardegna del Sud di 4.500 abitanti, per capire quale tipo di accoglienza riserva il nostro Paese ai migranti. Qui non si tratta di essere a favore o contro l'accoglienza dei migranti. Si tratta, più semplicemente, di sottolineare il fatto che l'accoglienza o è dignitosa o non è accoglienza. La seconda. Torniamo ancora sulla questione dei famosi ricollocamenti. Secondo i dati del ministero dell'Interno, su circa 52.000 arrivi di migranti in Italia siamo arrivati alla miserabile cifra di circa mille ricollocamenti. Questo significa che l'accordo di Malta firmato il 23 settembre del 2019 che prevedeva il ricollocamento in diversi Paesi europei è stato un fallimento totale. Ci ritroviamo punto e accapo e, semmai, tra i Paesi che avrebbero dovuto accogliere, tipo Francia e Germania, molti hanno intensificato non l'opera di ricollocamento ma quella di respingimento al mittente, cioè a noi. La terza. Sbaglia chi considera il numero dei migranti sulla base del numero degli abitanti in Italia, cioè circa 60 milioni. Il perché è presto detto. Il rapporto dei migranti che sbarcano non deve essere formulato in relazione agli abitanti italiani, ma in relazione ai luoghi che li accolgono perché spesso, come a Lampedusa, detti migranti lì arrivano e lì rimangono. Allora sono tante o poche le 572 persone che sbarcano ad Augusta, cittadina di 34.000 abitanti? Questo è secondo noi il calcolo da fare perché quei migranti, alla fine, ovviamente in modo non colpevole, vanno ad interessare la popolazione e le istituzioni di quei Comuni. Questo è l'angolo visuale dal quale considerare i numeri. La quarta. Quello che manca sono decisioni serie e conseguenti. Del tipo: prendiamo atto che l'Unione europea ci lascerà da soli a gestire il fenomeno migratorio? Bene, dobbiamo prendere decisioni conseguenti che sono quelle di accettare o no preliminarmente questa situazione europea e, nel caso in cui la si accetti come inesorabile, organizzare un'accoglienza degna di questo nome. Le non decisioni significano due cose fondamentali: subire le decisioni altrui e, forse ancora più grave, giocare allo scarica barile tra lo Stato che non decide e i comuni, spesso piccoli, che sono chiamati ad accollarsi in toto il problema. Volgiamo continuare su questa strada? Vogliamo continuare a tenere chiusi gli occhi per non vedere o per preferire discutere con l'Europa sui soldi del Recovery fund non insistendo su questa materia per non irritare la suscettibilità della burocrazia e dei responsabili politici europei? Qualche dubbio in proposito ce lo abbiamo.
Jose Mourinho (Getty Images)