2021-03-17
L’Italia prova a riprendersi la Libia con la sponda tedesco-americana
Lorenzo Guerini e Annegret Kramp-Karrenbauer (Getty Images)
Incontro tra Lorenzo Guerini e il collega tedesco avvia il coordinamento con la nostra missione nel Sahel iniziata in settimana. Francia più debole. Obiettivo: guardare a Tripoli.Zitti zitti, i militari italiani aggiungono un tassello in più nella rete delle missioni internazionali e in quella delle relazioni della diplomazia in uniforme. Ieri, quasi sotto traccia, si è tenuto un incontro bilaterale tra il titolare della Difesa, Lorenzo Guerini e il collega tedesco Annegret Kramp-Karrenbauer. Oltre ai saluti di rito, l'Italia ieri ha contribuito all'integrazione della missione «Gazelle» dislocata da Berlino nel Sahel con la bandiera Ue di Eutm dentro l'ombrello di un progetto più ampio che è la presenza dell'Europa nell'area che va dal Niger al Mali, esattamente il fronte meridionale rispetto alla Libia e il pezzo di deserto dove da questa settimana si stanno dislocando i militari italiani della Task force Takuba. Il progetto che entrerà per noi nella fase operativa verso giugno ha formalmente il compito di addestrare le truppe di Mali, Niger e Burkina Faso, ma nella sostanza garantirà una presenza tattica e strategica. Oltre che politica. La mossa di ieri ha infatti un duplice risultato. Pur all'interno di una logica europeista cara al Pd e a questo governo, permetterà di rendere i francesi un po' meno signori delle dune e al tricolore di prendere un ruolo di cuscinetto. Che non è una attività formale di coordinamento ma una sorta di soft power. Non a caso - questo è il secondo risultato del tassello della presenza di Guerini a Berlino - emerge con forza lo scricchiolio dell'asse franco tedesco, che da mesi è in difficoltà a portare avanti i temi industriali come il caccia di sesta generazione e il carro armato europeo, ma anche quelli geopolitici. Ci riferiamo alla strategia sulla Libia. Uno spazio nel quale vale la pena infilarsi senza indugio. Al di là delle singole missioni militari e delle formalità tra reparti è chiaro che le numerose bandierine piazzate nel Sahel (dalla missione bilaterale in Niger, la nuova Takuba fino a quella Onu in Mali) servono a riannodare i fili e cercare di recuperare il terreno perso in Libia anche a causa degli errori di gestione del Conte bis e nel dettaglio dell'asse tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Il momento adesso è propizio. Il cambio di passo alla Casa Bianca tra Donald Trump e Joe Biden sta tornando utile per chi cerca di rendere il ruolo atlantico dell'Italia un po' più solido. Per molti aspetti si può rimpiangere Trump, ma l'arrivo di un presidente dem ha fatto in modo che si stringessero le sinergie con la nostra sinistra. Un dettaglio che ai fini del nostro ruolo all'estero vale la pena sfruttare. Un esempio concreto potrebbe arrivare proprio nel Sahel. Trump aveva dato ordine di avviare il ritiro delle truppe concentrale in un solo luogo. L'alleggerimento è ora congelato.Non significa che ci saranno più soldati Usa nell'area ma che il centro operativo Africom resterà operativo. E noi potremo vantare rapporti privilegiati. Un gioco di sponda dentro un progetto europeo che vede la questione africana come un tutto unico. Ma che al tempo stesso ci lascia liberi di guardare agli Usa come interlocutori diretti. E non solo nel Sahel. Ma anche in Iraq e pure in Libano. A Mosul, nella periferia del Mediterraneo, toccherà a noi subentrare agli americani nella gestione della missione Nato che avrà il compito di vigilare affinché non si riformi lo Stato islamico. Nell'ultima ministeriale Nato c'è stato l'incarico informale. Il prossimo ottobre ci sarà la conferma e dopo un periodo di transizione danese usciranno gli americani e all'inizio della prossima primavera il cappello passerà ai nostri militari. Un compito che è stato rilanciato, anche se indirettamente, dalla recente visita di papa Bergoglio che là dove erano state decapitate le statue della Madonna è tornato a piantare la Croce. Un segnale per il cattolicesimo e per il cristianesimo molto importante, e che ora è possibile perché il terreno in questi anni è stato sgombrato dagli anfibi dei soldati. In fondo, speriamo che la storia si ripeta magari al contrario. E con il tempo si possa recuperare nell'area la presenza cristiana che l'uccisione di Tariq Aziz, il vecchio ministro di Saddam Hussein, ha contributo ad annichilire.Ma il vento in poppa per la diplomazia militare non si ferma qui. Un recente articolo della Repubblica ha svelato un retroscena anti cinese. L'Italia ha da tempo il comando della missione Onu in Libano. Saputo del ritiro di una nave indonesiana e della richiesta di Pechino di inviare una propria fregata davanti alle coste del Libano, «il ministro Guerini si è fatto avanti», scrive Repubblica, «per avanzare la candidatura di una nave italiana. Dal momento che la responsabilità della missione è tricolore», conclude l'articolo, «difficile immaginare che venga detto di no». A quel punto toccherà al Parlamento dare l'autorizzazione. Ma il segnale agli Usa è chiaro. Lungi da noi pensare che in futuro la Marina possa allungarsi fino a Taiwan, ma nel frattempo significa garantire che l'occhio cinese non si intrometta là dove le acque del Mediterraneo sono già turbolente. Da un lato la Turchia e dall'altro gli interessi dell'Egitto e la spinta francese. Navi cinesi sono già transitate da quelle parti e pure in Marocco nel 2013. A Gibuti dove c'è una nostra base logistica si sono ancorati anche i cinesi per osservare meglio il Corno d'Africa. Ma non è la stessa cosa. Nello spicchio di mare compreso tra Egitto, Cipro e Israele passano tubi sottomarini, informazioni sensibili oltre al gas. Ecco che è uno snodo fondamentale se si vuole tirare i puntini e fare in modo che dall'Iraq fino al confine con l'Algeria si uniscano i puntini e recuperare tutto il terreno perduto dopo la cacciata di Muhammar Gheddafi a Tripoli. Resta un tassello da rimpire. Si chiama Abdel Fattah Al Sisi e ultimamente frequenta molto l'Eliseo. Che, a differenza nostra, tiene ben separati gli affari militari e i temi dei diritti civili.!function(e,i,n,s){var t="InfogramEmbeds",d=e.getElementsByTagName("script")[0];if(window[t]&&window[t].initialized)window[t].process&&window[t].process();else if(!e.getElementById(n)){var o=e.createElement("script");o.async=1,o.id=n,o.src="https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js",d.parentNode.insertBefore(o,d)}}(document,0,"infogram-async");
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