2018-12-28
La Corte europea dei diritti dà l’ok all’applicazione della legge islamica
I magistrati accolgono il ricorso di una musulmana residente in Grecia vessata dalla propria comunità. Ma precisano: «Di per sé non è proibito creare dei gruppi separati che seguano le norme coraniche».La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha aperto la porta all'applicazione della sharia in Europa. In una sentenza del 19 dicembre scorso, i giudici hanno sì condannato l'applicazione forzosa della legge islamica, senza però dichiararla di per sé stessa incompatibile con i diritti umani. Tutto parte da una sentenza della giustizia greca che aveva imposto l'applicazione della sharia, privando una donna di religione musulmana di una parte di un'eredità. I giudici ellenici avevano motivato la decisione con il fatto che la suprema legge islamica era applicata alla minoranza islamica residente in Grecia già dagli anni Venti del secolo scorso. Questo in seguito alla ratifica, da parte di Atene, dei trattati di Sèvres e di Losanna, scritti per regolare le questioni delle minoranze in Grecia e Turchia, dopo la Grande guerra.La giustizia greca aveva autorizzato la riduzione di una parte dell'eredità del marito spettante alla donna in applicazione della legge islamica, appunto. Questo perché la coppia apparteneva alla minoranza musulmana. In pratica i magistrati ellenici non avevano preso in considerazione la decisione della coppia di regolare la questione della successione ereditaria sulla base della sola legge greca.La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha dato ragione alla donna, ma non ha condannato la sharia. Secondo l'analisi pubblicata su Le Figaro a firma di Grégor Puppinck, direttore del Centre européen pour le droit et la justice e membro di un gruppo di esperti Osce specializzati nella libertà di coscienza e di culto, se, da un lato, i giudici di Strasburgo hanno posto l'accento sulla libertà dei cittadini di essere inclusi o meno in una minoranza, dall'altro hanno anche posto due condizioni che si prestano a diverse interpretazioni controverse. La prima è che uno Stato può, se vuole, «creare un quadro giuridico determinato per accordare alle comunità religiose uno statuto speciale che implichi dei privilegi particolari». La seconda dipende da «interessi pubblici importanti» che lo Stato potrebbe prendere in considerazione per autorizzare o meno l'applicazione di un diritto parallelo.Spiega Puppinck: «In altri termini, uno Stato europeo può accordare alla propria comunità musulmana la libertà di essere retta da norme della sharia senza che ciò sia contrario alla convenzione europea dei diritti umani». Inoltre, continua il giurista sul quotidiano francese, «la Corte ha aggiunto che il rispetto da parte dello Stato delle “identità minoritarie di un gruppo specifico" non debba portare pregiudizio al “diritto dei membri di questo gruppo di scegliere di non appartenere a questo gruppo" o “di non seguire le pratiche e le regole dello stesso"». In altre parole, se un cittadino appartiene a una minoranza, ma non si riconosce in essa oppure rifiuta di applicarne i costumi, la sua volontà deve essere più forte dei diritti della minoranza stessa. Sulla carta non fa (quasi) una piega, ma nei fatti le cose potrebbero andare molto diversamente, anche perché il libero arbitrio, soprattutto nelle minoranze, non è facile da determinare.Puppinck fa notare, ad esempio, che «non è perché una ragazza musulmana accetta di sposare un uomo scelto dai propri genitori, che la sua scelta è libera. A maggior ragione quando si sa a che punto l'islam può costituire una società chiusa». Inoltre sempre secondo l'analisi del giurista pubblicata da Le Figaro, «questa sentenza pone le autorità in una situazione difensiva» che richiede allo Stato «di dover giustificare il rifiuto opposto a dei musulmani che rivendicassero il diritto a “godere" di una o più norme della sharia, a partire dal momento che ne sono accettate alcune». L'impressione è che la Corte europea dei diritti dell'uomo abbia voluto tirarsi una zappa sui piedi, mettendo in concorrenza la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (che nel 1950 ha creato la Cedu stessa) con il diritto coranico. La diversità di percezioni dei diritti dell'uomo è evidente. Va ricordato tra l'altro che la Cedu non è un organo dell'Unione europea, ma a essa aderiscono quarantasette paesi del Consiglio d'Europa, tra cui figurano anche la Russia o la Turchia. La notizia della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo è passata piuttosto inosservata dalla stampa europea, oppure è stata fraintesa nella sua essenza, ma la questione suscita interrogativi e inquietudini. Come non pensare alle numerose esecuzioni e violenze commesse da Al Quaeda, prima, e dall'Isis, poi, proprio in nome della sharia? Le lapidazioni o le torture, a suon di frustate, sulla pubblica piazza di donne giudicate meretrici dagli integralisti islamici sono compatibili con i diritti umani di cui le democrazie europee si fanno portatrici dalla fine della seconda guerra mondiale in poi? E che dire dei diritti delle donne e dei gay? Potranno ancora esistere in un'Europa che ammette l'esistenza di bolle integraliste islamiche? La palla passa ora ai governi. Vedremo se prevarrà il politicamente corretto oppure no.
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