2019-07-03
La concorrenza fiscale vale 6 miliardi. Sfruttiamola per trattare la flat tax
La denuncia del presidente dell'Antitrust mette nel mirino Irlanda, Olanda, Lussemburgo e Gran Bretagna: «Competizione malsana». Il governo può trasformarla in un arma per convincere l'Ue pure sul bilancio 2020.«Il dumping fiscale che ha trasformato alcuni Paesi europei in veri e propri paradisi fiscali mina i valori e la prosecuzione del processo di integrazione Ue», ha sostenuto ieri il presidente dell'Antitrust, Roberto Rustichelli, nel corso nella relazione annuale dell'Authority, dimostrando che la concorrenza causa all'Italia danni annuali che sia aggirano fino a un massimo di 6 miliardi di euro. «È essenziale dunque», ha aggiunto, «ricostruire il consenso intorno al mercato unico. Su questo terreno l'Europa e i governi nazionali possono e devono fare di più: innanzitutto rimuovendo quelle asimmetrie e distorsioni competitive che impediscono a esse di funzionare correttamente a beneficio di tutti». Rustichelli ha parlato del «fenomeno del dumping fiscale realizzato da alcuni Paesi membri divenuti ormai veri e propri paradisi fiscali: questo tipo di malsana competizione è frutto di egoismi nazionali e rischia di incrinare i valori che hanno finora sorretto il processo di integrazione europea». Anche quel fondamentale processo che in Europa ha portato all'instaurazione di un mercato interno senza barriere tra gli Stati membri basato sulla libera circolazione delle persone, dei capitali, delle merci e dei servizi, ha perso slancio e spinta propulsiva. «Di fronte a valori e obiettivi fino a ieri celebrati come vessilli di prosperità e benessere (l'allargamento dei mercati, il mercato unico, la moneta europea) emergono dubbi e incertezze», ha proseguito il presidente Antitrust. «Il rischio non secondario è che tutto ciò venga vissuto come un tradimento e come il frantumarsi di una promessa, innescando pericolose spirali protezionistiche», ha osservato. «La concorrenza fiscale posta in essere da alcuni Stati quali, ad esempio, l'Olanda, l'Irlanda, il Lussemburgo è utilizzata, come rilevato dalla stessa Commissione europea, dalle imprese multinazionali per porre in essere forme di pianificazione fiscale aggressiva», ha proseguito il presidente dell'Antitrust. Dai documenti dell'Antitrust si evince che la concorrenza fiscale genera evidenti vantaggi per taluni Paesi: il Lussemburgo è in grado di raccogliere imposte sulle società pari al 4,5% del Pil, a fronte del 2% dell'Italia. Anche l'Irlanda (2,7%) fa meglio dell'Italia, nonostante un'aliquota particolarmente bassa, che è, però, in grado di attrarre imprese altamente profittevoli con un margine operativo lordo mediamente pari al 69,4% del valore aggiunto prodotto. L'uscita dell'Authority potrebbe non essere causale. Il giorno i cui è in atto la grande trattativa per le nomine in Commissione e al Consiglio Ue il peso di una tale osservazione non è irrilevante. E potrà in qualche modo essere utilizzato anche per la futura diatriba in tema di conti. Lunedì sera il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto di assestamento del bilancio 2019. In sostanza, il governo spiega che quest'anno si chiuderà con minori spese per 3 miliardi di euro. Metà legate a quota 100 e al reddito di cittadinanza, l'altra metà ai fondi destinati ai ministeri che rimarranno congelati. Altri 4,6 miliardi di euro sono l'extra gettito previsto dal Tesoro. Almeno 1,5 miliardi di euro grazie alla fatturazione elettronica e agli adempimenti stile esterometro. Circa 800 milioni derivano dall'extra gettito di Cassa depositi e prestiti, il rimanente non è stato svelato. Al netto dell'interrogativo che resta insoluto, appare chiaro che l'Ue sul 2019 non applicherà alcuna procedura d'infrazione, ma in vista di ottobre chiederà maggiori garanzie perché nemmeno il 2020 violi i parametri di bilancio comunitari. La battaglia si sposterà in autunno, quando capiremo anche se la Lega andrà avanti sulla questione flat tax. Quello sarà il momento giusto per tirare fuori dal cassetto la documentazione dell'Antitrust e utilizzarla per accoppiare la partita flat tax e deficit. Il dumping fiscale dell'Ue dovrebbe essere uno stimolo per il taglio delle imposte. Al contrario Bruxelles chiede all'Italia tagli di spese al tempo stesso aumento dell'Iva. Il gap di 6 miliardi di euro dovrebbe essere un cuscinetto sul quale trattare e da detrarre dal deficit corrispondente per l'avvio della flat tax. Anche se il paragone può sembrare scomposto, o comunque frutto di un confronto non omogeneo, l'Italia dovrebbe insistere sulla riforma fiscale nel Vecchio Continente. Gli svantaggi che abbiamo sempre subito fino a oggi dovrebbero essere trasformati in leva politica. Certo, dovremmo trovare comunione d'intenti con il blocco di Visegrád e capire quali margini di manovra avremo una volta assegnate tutto le poltrone in Commissione. Insomma, non basta l'ottimismo di Giovanni Tria «Abbiamo approvato delle misure importanti senza toccare nessun programma di spesa», ha spiegato il ministro dell'Economia, rispondendo ai cronisti al suo arrivo al ricevimento dell'ambasciata statunitense. «Non ci sono tagli qua e là. C'è un aggiustamento di bilancio che risponde al fatto che le nostre finanze pubbliche sono andate molto meglio del previsto. Sono state condotte bene», ha concluso senza però fare alcun accenno al 2020. Ed è sul prossimo anno che sia riaccenderà la trattativa, la quale richiederà armi non convenzionali come la contestazione del dumping fiscale.