
È uno dei prodotti più umili dell'orto ma ha virtù infinite, non solo a tavola. Prometeo vi custodì la fiamma rubata agli dei per darla agli uomini. Fresco, croccante, profumato, buono crudo e cotto, ha riconosciute proprietà digestive e depurative.È un prodotto dell'orto dalle apparenze di cenerentola, e invece può vantare un pedigree illustre. La battaglia di Maratona è stata uno scontro epico tra Greci e Persiani, tramandata in ogni testo di storia. Nessuno sa che si svolse su di una distesa ricoperta di finocchio selvatico che gli antichi chiamavano marathon. Negli annali della mitologia si narra che Prometeo rubò una scintilla della sacra fiamma a Zeus arrampicandosi sull'Olimpo. Dopo averla nascosta entro un gambo di finocchio selvatico ritornò a valle tra gli umani che così, grazie all'utilizzo del fuoco, fecero uno storico salto di civiltà, passando dal crudo al cotto nella preparazione dei cibi. Il nome ha radici antiche in quanto deriva da foeniculum, un diminutivo del fieno, per indicare una pianta dalle foglie sottili come il fieno. Finocchio selvatico, quindi, che un tempo cresceva in libertà e di cui si usava tutto: germogli, foglie, fiori, frutti. Poi si cominciò a coltivarlo con quella forma che troviamo ora sui mercati. Se ne usa il grumolo, ovvero la corposa parte bianca che, a seconda della forma, viene definito femmina, se dal corpo più allungato. Generalmente consumato cotto, perché dalla maggior componente fibrosa. Oppure maschio, se più panciuto. Ideale crudo, in quanto più croccante. Tra l'altro, per renderne bianco candido il suo aspetto, si usa il metodo dell'imbiancamento, come ad esempio con gli asparagi, ricoprendolo di terra nei giorni precedenti la raccolta, sì da preservarne sapore e croccantezza. Un tempo la sua stagione andava da ottobre a maggio anche se adesso, con le moderne tecniche, la produzione si è spalmata lungo tutto l'anno. In Italia le varianti più ricercate sono il gigante di Napoli come il grosso di Sicilia o le varianti romana, parmense, mantovana. Il finocchio è sempre stato considerato una bomboniera di minerali e vitamine. Un ortaggio di poche pretese, ma che, in realtà, ha numerose proprietà che lo rendono tra i prodotti che possono essere valorizzati in millanta modi. Ci avevano già pensato, nell'antichità, Galeno e Dioscoride, indicandone le doti digestive, diuretiche, espettoranti, purgative sottoforma di tisane o decotti delle sue varie componenti. Ippocrate, uno dei padri fondatori della medicina, consigliava i semi di finocchio quando alle puerpere veniva meno il latte. Latte che poi fluiva più dolce al gusto, gradito quindi ai neonati, consigliato anche per le sue proprietà digestive e per la capacità di prevenire le coliche dei primi mesi. Da un'osservazione di Plinio il vecchio, il quale aveva notato come i serpenti si sfregavano contro le piante di finocchio, dopo aver cambiato pelle, per riacquistare la vista, prese piede l'usanza di preparare degli impacchi nei casi di congiuntivite. Lo stesso Carlo Magno, nel ridare ordine ai territori dopo le distruzioni barbariche, ne prescrisse la presenza negli orti imperiali per le sue eclettiche capacità taumaturgiche. La scuola salernitana, la prima e più importante istituzione medica d'Europa nel Medioevo, antesignana delle moderne università, lo raccomandava come ricostituente. Virtù del finocchio valorizzate anche nell'epoca moderna. Grazie ad un suo componente, l'anetolo, ha un efficace effetto carminativo, ovvero contribuisce ad eliminare i gas intestinali, oltre a prevenirne la formazione. Utile quindi nei casi di meteorismo, flatulenza, oltre a ridurre la componente dolorosa in chi soffre di colon irritabile, in quanto disinfetta l'apparato digerente e riequilibra la flora batterica. È tra i detossificanti per eccellenza, che contribuisce anche a disintossicare il fegato e a depurare la pelle quando inserito nella preparazione di alcune creme. Per la capacità di rinfrescare l'alito e la bocca i suoi principi attivi si possono trovare anche in alcuni dentifrici e collutori. Oltre ad essere in assoluto la verdura con il minor apporto calorico, circa 30 Kcal per 100 grammi, la sua ricca dotazione di fibre, soprattutto se mangiato a crudo, sazia in fretta in quanto, obbligando a masticare, trasmette al cervello una sensazione precoce di sazietà, riuscendo a domare quindi gli «incontrollabili» impulsi della fame, soprattutto se su base nervosa. Agli impenitenti peccatori di gola può essere utile per alleviare i postumi di pasti luculliani se assunto come calda tisana prima di affidarsi al sonno rigenerante. Eppure, di fronte a tanta generosità, c'è chi lo ha strumentalizzato per fini poco nobili che, nella memoria storica, lo hanno svilito a prodotto di incerta virtù. Ci avevano pensato già i romani, che ne sfruttavano gli aromi per camuffare agli incauti avventori il sapore e odore di cibi poco freschi. Per non dire degli osti medioevali che offrivamo generosamente come esche spuntini a base di finocchio quando volevano abbindolare i loro clienti con vino andato precocemente a male, come gli stessi semi di finocchio servivano a «carburare» con i loro aromi le botti di terza categoria. Da qui il termine infinocchiare giunto sino a noi, anche se non tutto il male vien per nuocere. I sapienti norcini toscani utilizzavano i semi di finocchio per aromatizzare i piatti di maiale e lo usavano nella concia degli insaccati, tanto è vero che della finocchiona si tramanda ne fosse assai ghiotto l'autore de Il Principe, Niccolò Macchiavelli, che ben sapeva distinguere il grano dal loglio nelle italiche virtù. Tanto eclettico nella farmacopea quanto efficace nelle varie declinazioni dell'arte gastronomica. I suoi semi vanno ad aromatizzare pane e dolci. Un esempio grandi classici come i taralli pugliesi, ma anche il finocchino, un biscotto tipico del Monferrato, per non parlare della pinza veneta. Con gli strati più esterni dei finocchi, ciuffi e gambi, si può preparare un'ottima vellutata. Essendo ipocalorici, possono permettersi il lusso di qualche abbinamento peccaminoso. Quindi gratinati con besciamella, burro e grana, se non addirittura con pancetta, cui si aggiunge il fatto che il loro gusto rinfrescante aiuta a ripulire la bocca. Un giro d'Italia in chiave finocchiesca permette di incontrare grandi classici, come anche curiose sorprese. In Sicilia il finocchio è protagonista nella pasta con le sarde, ma anche nell'intrigante insalata con le arance, disponibile ad accogliere nel piatto pure olive nere, capperi in un mirabile equilibrio tra dolce e salato. La si prepara nel giorno dei morti e da lì prosegue per tutto l'inverno, nel napoletano con l'aggiunta dell'acciuga. Un piatto sassarese del Carnevale è la favata, in intrigante gemellaggio suino, oltre che con le fave, con una gnam session fatta di salsiccia, pancetta, cotenna, costine e guanciale, oltre al peperoncino, giusto per non farsi mancare niente. In Calabria, a Senise, è tradizione la zuppa di fagioli e finocchi. Ma vi è anche l'insalata leccese in cui, oltre a diverse verdure, si irrobustisce il tutto con feta e salame. Altro piatto muscolare il barese benedetto di Noicattaro. La preparazione base prevede finocchio, pomodoro, mozzarella e mortadella, il tutto ricoperto da una crema di uova e formaggio e passato poi al forno. Se nel Molise troviamo, la vigilia di Natale, la zuppa di baccalà e finocchi, impreziosita da uvetta sultanina e pinoli, in Abruzzo ecco invece le cotiche, con fagioli e finocchi, mentre in Toscana le cotolette di maiale vengono aromatizzate con finocchio, peperoni e peperoncino. Semi di finocchio indispensabili nella preparazione della porchetta laziale mentre nella Marche troviamo i bombetti in porchetta, alias lumachine di mare, spadellate con pomodoro e aromi. Non poteva mancare, il nostro, al saluto della staffa. Lasciamo ai timorosi della linea le varie tisane o decotti, considerato che si può festeggiare in gloria a tanta golosità con un buon bicchierino di sambuca, ma anche dell'anisette francese oppure, tornando in Sicilia, con un rinfrescante liquore al finocchietto. Prosit.
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