
Mentre il sindacato rosso perde rappresentanza, la sigla «centrista» ottiene risultati.Di polemiche sull’attendibilità dei numeri relativi agli iscritti di Cgil, Cisl e Uil è piena la storia della cronaca politica e sindacale del Paese: lo stesso soggetto messo in conto più volte, persone defunte che resuscitano, fino ad arrivare alle identità fasulle. Certo che da qualche anno a questa parte c’è maggiore attenzione alla trasparenza e soprattutto in casa Cisl è stata fatta un bel po’ di pulizia. Ci si è affidati a una società terza, la Pkf, che certifica i bilanci all’interno dei quali la voce tesseramenti ha un peso rilevante e si sono lasciate per strada alcune «cattive» abitudini. Proprio per questo motivo i dati annunciati nelle ultime ore dalla confederazione di via Po assumono un discreto significato e lasciano spazio a un ragionamento politico. Partiamo dai numeri: nel 2023 i tesserati della Cisl sono arrivati a quota 4 milioni 111.556, con una crescita dello 0,72% rispetto all’anno precedente. Mal contati 30.000 iscritti in più. Incremento non casuale, perché conferma un trend che ha portato negli ultimi tre anni a registrare 102.273 associati in più, di cui il 27% con una età inferiore ai 30 anni. Non solo. Perché forse il dato più rilevante è quello che riguarda i pensionati: i risultati di cui sopra sono arrivati nonostante il brusco calo degli iscritti alla categoria di chi ha lasciato il lavoro. La federazione dei pensionati nel 2023 si è fermata a quota 1 milione 630.804 associati registrando un calo di 23.521 iscritti (-1,42%) rispetto al 2022. Così come è significativa la crescita tra i lavoratori attivi, che passano dai 2 milioni 427.731 del 2022 ai 2 milioni 480.752 del 2023 (53.000 in più) e che rappresentano il 60,33% degli iscritti complessivi alla Cisl. I risultati migliori si segnalano nell’industria, nel pubblico impiego, nel terziario e servizi e in agricoltura. Ma se facciamo un confronto con la Cgil, è il sorpasso negli edili a fare notizia. Ed è proprio dal confronto con il sindacato rosso che bisogna partire se dai numeri si prova a ricavare un ragionamento politico. Il fatto che (parliamo di trend anche perché i dati 2023 della Cgil non sono ancora stati ufficializzati) la Cisl incrementi il numero degli iscritti e l’associazione che negli ultimi anni ha preso sempre più le sembianze di Maurizio Landini perda tesserati (nel 2019 la Cgil aveva 5 milioni e 346.000 iscritti, a fine dicembre 2022 sono 5 milioni 168.924) un significato ce l’ha. E rappresenta un premio al pragmatismo rispetto all’ideologia. A chi nel confronto con gli ultimi governi, dall’esecutivo Draghi a quello Meloni, ha preferito la strada del dialogo rispetto a quella dello sciopero generale. Alla necessità di scendere a compromessi per ottenere qualche risultato che «aiuti» i lavoratori piuttosto che dire no a prescindere, prima ancora che i provvedimenti (vedi l’ultima manovra) siano stati presentati. Un esempio concreto? Nell’ultima legge di Bilancio era stato previsto un taglio molto pesante per le pensioni dei medici e di altre categorie del settore pubblico, a partire dagli insegnanti. Oltre che dalle «necessarie» spinte politiche, quelle norme sono state «modificate» (il taglio è stato attenuato non certo cancellato) anche grazie al dialogo costruttivo portato avanti dalla Cisl. E lo stesso discorso potrebbe essere fatto per la detassazione sulla contrattazione aziendale e i fringe benefit e per il rinnovo dei contratti pubblici. Ecco, il vero dato che emerge dal tesseramento è questo. Gli slogan e la protesta facile non hanno pagato e l’artificio di usare il paravento della rappresentanza dei lavoratori per perseguire fini politici è stato portato allo scoperto. Se nei siti «caldi» dell’industria, l’esempio più eclatante è quello dell’ex Ilva, la Cgil ha perso delegati un motivo ci sarà. E che il numero di iscritti vada di pari passo con l’impegno sindacale sul campo è una buona notizia. Fare solo politica non premia.
Ansa
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Giorgia Meloni (Ansa)
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