2020-02-05
La Cartabia si sente già al Quirinale e allarga i poteri della «sua» Corte
Ieri la presidente della Consulta ha inaugurato l'anno accademico all'università degli studi di Milano. Nella lectio sull'articolo 1 della Carta, ha difeso la facoltà delle toghe di tutelare i diritti e disfare le leggi.Cos'è la Corte Costituzionale? «Il Fort Apache della democrazia». Gli studenti appena usciti dall'aula magna dell'Università Statale di Milano non hanno dubbi, le parole ascoltate dall'ex alunna Marta Cartabia non ammettono replica. Anzi ridefiniscono il perimetro della Consulta, oggi guidata proprio dalla giurista lombarda molto vicina al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e prima candidata ad eventualmente sostituirlo fra due anni sul Colle più ambìto. Nella ventosa mattinata milanese va in scena una rappresentazione sorprendente, che ha in sé qualcosa di politico, riassumibile con un concetto da strada: la democrazia è fragile, i cittadini vorrebbero esserne i protagonisti ma siamo qui noi a impedirglielo se e quando serve.Il messaggio è preoccupante. E noi, convinti che la Consulta debba semplicemente e autorevolmente custodire la costituzionalità delle leggi, abbandoniamo l'aula perplessi. La chiave di lettura si evince fin dal titolo della prolusione: «Nelle forme e nei limiti della Costituzione». Siamo al secondo capoverso del mitico articolo uno, quello citato (anche fuori luogo) più di Imagine di John Lennon. Non a caso l'accento è sulla seconda parte della frase, mentre la prima («La sovranità appartiene al popolo, che la esercita...») viene data per scontata. E già si intuisce che la presidente della Corte Costituzionale parlerà di argini naturali, invisibili barricate, trincee legislative per far sì che quel popolo possa guardare e non toccare la sua sovranità. A maggior ragione oggi, nell'era della disintermediazione, con il rischio della democrazia del web che scompagina vecchi riti e conduce il mondo verso un'incontrollabile «global agorà» per arrivare con una e-consultation alla inevitabile e-governance. Decaduti i partiti, indebolito il governo dai balletti di corte, impoverito il parlamento che si presta ai più subdoli ribaltoni della volontà popolare, sembra che la preoccupazione principale delle istituzioni non sia far scegliere al popolo il proprio consapevole destino col voto, ma disinnescarlo, congelarlo, appiattirlo sul centrosinistra minoritario. In una simile realtà serve qualcuno che diriga il traffico, che insegni al cittadino-bambino a distinguere fra bene e male, che promuova o bocci. Ed ecco la nuova Corte Costituzionale, green ma col turbo. Una Tesla del diritto. Il passaggio chiave è nell'intramontabile citazione di Montesquieu: «Ogni potere - politico, economico o giuridico - che non conosca limiti strutturali diventa facilmente tiranno. Quindi occorre che il potere limiti il potere». È la logica giuridica dei contrappesi, e la preoccupazione di Cartabia è sottolineare che «nella Costituzione italiana la sovranità è popolare ed è limitata. Il più potente limite è la garanzia delle libertà e dei diritti della persona. Per assicurare questi diritti nel secondo dopoguerra, le Costituzioni si sono dotate di Corti Costituzionali, chiamate a giudicare ed eventualmente ad annullare le leggi, pur democraticamente approvate dal Parlamento, che contrastino o comprimano i diritti della persona e gli altri principi costituzionalmente garantiti. È affidato alla Corte Costituzionale il compito di garantire il rispetto dei confini di ciascun potere».Questo significa uscire dall'ambito del controllo tecnico e prendere la strada del Quirinale per dire al capo dello Stato: «Ti aiutiamo noi». Così l'ombra della Consulta si allunga su tutto. Così i giudici non sono solo garanti del dettato costituzionale, ma diventano un potere che entra nel merito delle leggi su temi etici (come sul fine vita nel caso di dj Fabo) e su scelte politiche (il referendum sulla legge elettorale) sostituendosi di fatto alla discrezionalità legislativa del parlamento.La sottolineatura diventa importante se contestualizzata. Il giudice Cartabia, voluta presidente da Mattarella, fu salutata il giorno della nomina da un editoriale sul Corriere della Sera firmato da Sabino Cassese (emerito della Consulta) nel quale spiccava la solita caccia alle streghe antisovranista in due tempi. 1) «È una buona notizia perché alla presidenza della Corte Costituzionale arriva una persona in grado, per i suoi studi e le sue esperienze, di comprendere e contenere le posizioni regressive dei neo-nazionalisti che vorrebbero nuovamente rinchiudersi nei confini nazionali, ergendo barriere e muri». 2) «In un Paese impaurito dai miti negativi, agitati dai neo-nazionalisti, per i quali l'Italia sarebbe dominata da criminalità e corruzione e messa in pericolo dall'invasione di stranieri, la Corte Costituzionale - eleggendo all'unanimità, con straordinaria coesione, il suo nuovo presidente - ci dice che c'è ancora posto per la speranza».Scendere in campo con le regole a elastico e giocare la partita, preoccuparsi delle sensibilità politiche dei cittadini; ecco ciò che la Consulta non dovrebbe mai fare. Sarebbe un altro chiodo piantato dentro la Costituzione «più bella del mondo». La centralità della Corte è inoppugnabile (articolo 134 della Carta), ma da nessuna parte è scritto che possa essere al tempo stesso neutrale e partigiana. «Rispettare i confini dei poteri», spiega agli universitari la presidente Cartabia fra gli applausi. Buon esempio imporrebbe di cominciare dai propri.