2020-06-19
La Bce pompa liquidità per aiutare l’Italia
Christine Lagarde e Angela Merkel (Ansa)
Christine Lagarde certifica che siamo stati i più colpiti dalla crisi scatenata dal Covid e stanzia altri 1.300 miliardi per le banche: Intesa e Unicredit da sole ne hanno chiesti 140. Mossa per rispondere alla Bundesbank, che vuole far saltare il quantitative easing.Il bollettino - di guerra - diffuso ieri dalla Bce certifica quello che sapevamo già: si è registrato un calo dell'attività economica più marcato in Italia, Francia e Spagna che in Germania e nei Paesi Bassi. E in alcune singole categorie siamo da record. Per le Pmi la contrazione del fatturato «è stata più brusca» in Italia rispetto ad altri Paesi dell'Eurozona, peggiore pure di quella della Grecia. Anche nel settore del commercio il 19% netto delle Pmi dell'area dell'euro ha registrato un calo degli utili; «tale quota raggiunge il 37% in Italia e il 30 in Spagna», si legge nel bollettino. Non solo. Il trasporto aereo internazionale è stato tra i più penalizzati dalla pandemia di coronavirus ma l'Italia ha fatto registrare un crollo relativo alla capacità dei voli di linea superiore alla media globale. In generale, la stima centrale per il Pil dell'Eurozona è di un -8,7% nel 2020. Ma, nell'attuale clima di «eccezionale incertezza» legato al futuro dei contagi e delle misure di lockdown, quel numero potrebbe arrivare a -12,7% nello scenario peggiore. «I disavanzi più consistenti sono previsti per Belgio, Spagna, Francia e Italia, che erano nel novero dei paesi che all'insorgere della crisi presentavano un elevato rapporto debito pubblico/Pil». Nessuna sorpresa. Francoforte mette però agli atti che il nostro Paese è stato il più colpito dalla crisi Covid-19 e quindi in questo momento ha più bisogno, rispetto ad altri meno colpiti, di supporto finanziario in Europa. Serve dunque una risposta europea di bilancio condivisa, che non gonfi ulteriormente i debiti pubblici degli Stati già in difficoltà. Tanto che ieri la banca centrale guidata da Christine Lagarde ha sganciato 1.308,4 miliardi di euro tramite il Tltro III, ossia le operazioni di rifinanziamento più a lungo termine vincolate all'impegno a prestare all'economia reale. All'ondata di liquidità hanno attinto 742 banche europee. Con un «tiraggio» notevole proprio in Italia. Intesa Sanpaolo ha richiesto circa 35,8 miliardi, portando così il totale delle operazioni Tltro III cui il gruppo ha partecipato a circa 70,9 miliardi. Unicredit ha ottenuto ancora di più: 94,3 miliardi a livello di gruppo in linea con l'importo massimo richiedibile. Considerando solo le due nostre big del credito parliamo di 140 miliardi di liquidità in poche ore. L'operazione maturerà a giugno 2023 ma tutti gli istituti avranno la possibilità di rimborsare i prestiti ricevuti nel frattempo all'inizio di settembre 2021. Fino a giugno 2021, il costo del finanziamento può arrivare fino al -1%, mentre il tasso meno favorevole sarà del -0,5%, lo stesso livello del tasso di deposito della Bce. Lo schema dei Tltro conferma quello seguito dalla Lagarde con il cosiddetto Pepp (Pandemic emergency purchase programme) varato per alleviare gli effetti della crisi economica scatenata dall'epidemia. Lo scorso 5 giugno Francoforte ha aumentato la dotazione iniziale del piano da 750 a 1.350 miliardi. Tutti siluri, compreso quello sganciato con il maxi Tltro di ieri, diretti verso la Bundesbank dopo la dichiarazione di guerra di Karlsruhe. All'inizio di maggio, infatti, la Corte costituzionale tedesca ha accolto in parte i ricorsi contro l'acquisto di titoli di Stato da parte della Bce (Pspp) avvenuti a partire dal 2015 e ha dato tre mesi di tempo alla Bce per fare chiarezza sul programma di acquisto dei bond. Stando alla Corte i programmi di acquisti di bond contrastano le competenze della stessa Bce. L'organo principale della giustizia del Paese afferma che le misure prese da un organo europeo «non sono coperte dalle competenze europee» e per questo «non potrebbero avere validità in Germania». Se la Bce non fornirà entro tre mesi chiarimenti sulla proporzionalità del Pspp, la Bundesbank cesserà la sua partecipazione all'iniziativa. Ieri il quotidiano Die Welt ha riportato il contenuto di una lettera inviata dal presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, a Frank Schäffler, deputato del Fdp al Bundestag. «La Banca centrale della Germania non è un organo puramente esecutivo della Banca centrale europea, ma è soggetta al diritto tedesco», ha scritto Weidmann. Chiarendo, se ci fossero stati dubbi, da che parte sta. La sentenza di Karlsruhe non si applica ai programmi adottati in risposta alla crisi del coronavirus. In particolare al Pepp. Bisognerà comunque capire se anche il previsto ampliamento con la massima flessibilità e «senza limiti» di questo piano finirà davanti ai giudici tedeschi in un prossimo ricorso. Meglio quindi chiudere in fretta con il Recovery fund avviando nuove linee di credito che rendono misure non convenzionali come il Pepp meno necessarie. Non a caso proprio ieri Angela Merkel, parlando al Bundestag, ha detto che il Recovery fund è «uno strumento doveroso e urgente in questo momento» auspicando un accordo entro l'estate. Se il piano viene definito prima della scadenza dell'ultimatum dato da Karlsruhe, infatti, lo scontro tra Bundesbank e Bce viene disinnescato.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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