
Nel 2005 non ho potuto assistere alla finale di Champions fra il Milan, la mia squadra del cuore con il Parma, e il Liverpool: mi sono dovuto accontentare della radiocronaca. Finì con un incredibile ko dei rossoneri. E ancora oggi non ho il coraggio di guardare i gol.L'interesse per il calcio, la necessità di seguire le partite, di vederle, o, comunque, di sapere come erano andate a finire, è cominciato, per me, quando avevo 6 anni, e continua ancora adesso che ne ho 55 ma non è stato costante, nel tempo. Ci son stati degli anni che mi sembrava così interessante, la vita che facevo, che era come se per il calcio non avessi tempo. È stato negli anni dal 1985 al 2003, più meno, che sono gli anni del mio apprendistato, se così si può dire: nel 1985, a 22 anni, sono andato a lavorare in Algeria, sulle montagne del piccolo Atlante, e lì, come in tutti i Paesi musulmani, il giorno di festa non era la domenica, era il venerdì, e io la domenica avevo altro per la testa che i risultati delle partite di calcio del campionato italiano: bisognava lavorare, era il primo lavoro da grande che facevo nella mia vita, ed ero molto interessato a capire se ero capace di farlo oppure no, e avevo molta paura che no, non sarei stato capace, ed era una paura che mi teneva sveglio e mi faceva star bene. Due anni e mezzo dopo, nel 1988, ho dato le dimissioni e mi sono iscritto all'università, ho cominciato a studiare lingua e letteratura russa, e continuo ancora adesso, e quei primi anni l'interesse per la lingua e la letteratura russa è stato così esclusivo che anche lì non c'era posto, per dei rivali. Mi ricordo, per esempio, i Mondiali di calcio del 1990, quelli in Italia, io intanto che l'Italia giocava le partite del girone eliminatorio, che faceva dei gran gol Salvatore Schillaci, io di quei gol non ne ho visto neanche uno perché ero al festival del nuovo cinema di Pesaro a vedere dei film la maggior parte dei quali erano muti e sovietici, e, a distanza di quasi 30 anni, credo di aver fatto bene perché sono dei film meravigliosi, primo tra tutti il tanto vituperato La Corazzata Potëmkin, di Sergej Ejsenstejn, che molti, in Italia, a causa del ragionier Ugo Fantozzi, pensano sia un film noiosissimo che dura ore e ore e invece è un film meraviglioso che dura, a misurarli, 64 minuti.Poi, dopo che mi sono laureato, che ho cominciato a scrivere e che mi sono trasferito a Bologna e che è nata anche mia figlia, dopo che son diventato uno degli innumerevoli padri di famiglia che popolano il globo terracqueo, a un certo momento è stato come se avessi pensato che, dopotutto, a più di 40 anni, ero diventato quasi una persona normale, e una persona normale non doveva per forza sempre occuparsi di cose importanti o importantissime, poteva permettersi anche, ogni tanto, di guardare una partita di calcio, o quasi; perché all'epoca, a Bologna, io non avevo la televisione, quindi le partite di calcio non le guardavo, le sentivo per radio, e la partita di cui voglio parlare oggi è una partita del maggio del 2005 che era un periodo che a casa mia, nel centro di Bologna, avevo ospiti una coppia di amici russi a cui ero molto affezionato ma che erano un po' impegnativi, da ospitare in casa.Loro, per esempio, che avevano vissuto tutta la vita in una città che si è chiamata con tre nomi diversi, San Pietroburgo, Pietrogrado, Leningrado e ancora San Pietroburgo, e avevano conosciuto, in quella città, molti di quelli che si erano occupati di letteratura, e con alcuni di questi non avevano un rapporto molto amichevole, e di uno di questi, in particolare, uno scrittore russo che si chiama Sergej Dovlatov dicevano che era, cito: «Una merda», loro, quando ho saputo che sarebbero venuti ospiti in casa mia, io, che avevo all'epoca una ventina di libri di e su Sergej Dovlatov, che è uno scrittore che mi piaceva e mi piace ancora moltissimo, io mi ricordo che avevo pensato che non potevo far loro lo sgarbo di fargli trovare nella stanza dove dormivano dei libri di Sergej Dovlatov che loro consideravano, cito ancora: «Una merda», e avevo trovato un nascondiglio temporaneo per quella ventina di libri che ancora oggi ho qui davanti a me nella mia libreria.Ma cosa c'entra il calcio?, direte forse voi.Ci arrivo. Il caso ha voluto che i miei due amici russi fossero ancora ospiti a casa mia il 25 maggio del 2005, che è il giorno in cui c'è stata la finale della Champions league tra Milan e Liverpool. Io, da giovane, prima di ridurmi come adesso, a tener solo per il Parma, tenevo anche per il Milan, e quel 25 maggio del 2005, se non avessi avuto a casa mia quei due letterati russi, probabilmente sarei andato a casa di un mio amico italiano non letterato a vedere la partita con la sua televisione, ma allora, sentendomi responsabile del soggiorno bolognese dei miei cari amici russi, ero rimasto a casa con loro, e, durante una cena e un dopocena nel corso dei quali amabilmente conversavamo di cinema e letteratura russi e sovietici, io, a basso volume, avevo tenuto accesa la radio che dava la radiocronaca della finale di Champions league, che era cominciata benissimo, per noi che, un po', tenevamo per il Milan: al primo minuto del primo tempo aveva segnato Paolo Maldini, al 38' del primo tempo aveva raddoppiato Hernán Jorge Crespo, al 44' del primo tempo aveva triplicato Crespo. Tre a zero. Con due gol di Crespo che aveva giocato anche nel Parma. Io stavo benissimo. Mi sentivo un po' Fantozzi, a sentir la partita senza farmi accorgermene, ma stavo benissimo lo stesso. Poi è cominciato il secondo tempo. Steven Gerrard, Vladimir Smicer, Xabi Alonso. Tre a tre. Tre gol in sei minuti. E poi niente. Fino alla fine. Supplementari. E niente neanche nei supplementari. Rigori. Ecco. Sentire perdere il Milan ai rigori la finale di Coppa dei campioni, dopo essere stato in vantaggio 3 a 0, e facendo finta di continuare a essere di ottimo umore, a distanza di 13 anni lo posso confessare, non è stato bello, e credo di poter confessare anche un'altra cosa, che io, i gol di quella partita lì, quello di Maldini, i due di Crespo, quello di Gerrard, di Smicer e di Alonso e i nove rigori che hanno tirato alla fine, tre gol e un errore del Liverpool, due gol e tre errori del Milan, io non li ho mai visti e credo che non li vedrò mai in vita mia. Anche per scrivere questa serie sulle dieci partite più interessanti tra tutte quelle che ho visto (o sentito) nella mia vita, io di solito, per le partite delle quali ho parlato finora, andavo a rivedere le fasi salienti, come si dice, su Youtube, per questa, no, non so come mai. Ho tanti di quei libri da leggere, in questo periodo. Sarà forse per quello. Ho un sacco di cose da fare. Sono così impegnato. (6. Continua)
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
Continua a leggereRiduci
Il presidente torna dal giro in Francia, Grecia e Spagna con altri missili, caccia, radar, fondi energetici. Festeggiano i produttori di armi e gli Stati: dopo gli Usa, la Francia è la seconda nazione per export globale.
Il recente tour diplomatico di Volodymyr Zelensky tra Atene, Parigi e Madrid ha mostrato, più che mai, come il sostegno all’Ucraina sia divenuto anche una vetrina privilegiata per l’industria bellica europea. Missili antiaerei, caccia di nuova generazione, radar modernizzati, fondi energetici e contratti pluriennali: ciò che appare come normale cooperazione militare è in realtà la struttura portante di un enorme mercato che non conosce pause. La Grecia garantirà oltre mezzo miliardo di euro in forniture e gas, definendosi «hub energetico» della regione. La Francia consegnerà 100 Rafale F4, sistemi Samp-T e nuove armi guidate, con un ulteriore pacchetto entro fine anno. La Spagna aggiungerà circa 500 milioni tra programmi Purl e Safe, includendo missili Iris-T e aiuti emergenziali. Una catena di accordi che rivela l’intreccio sempre più solido tra geopolitica e fatturati industriali. Secondo il SIPRI, le importazioni europee di sistemi militari pesanti sono aumentate del 155% tra il 2015-19 e il 2020-24.
Imagoeconomica
Altoforno 1 sequestrato dopo un rogo frutto però di valutazioni inesatte, non di carenze all’impianto. Intanto 4.550 operai in Cig.
La crisi dell’ex Ilva di Taranto dilaga nelle piazze e fra i palazzi della politica, con i sindacati in mobilitazione. Tutto nasce dalla chiusura dovuta al sequestro probatorio dell’altoforno 1 del sito pugliese dopo un incendio scoppiato il 7 maggio. Mesi e mesi di stop produttivo che hanno costretto Acciaierie d’Italia, d’accordo con il governo, a portare da 3.000 a 4.450 i lavoratori in cassa integrazione, dato che l’altoforno 2 è in manutenzione in vista di una futura produzione di acciaio green, e a produrre è rimasto solamente l’altoforno 4. In oltre sei mesi non sono stati prodotti 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. Una botta per l’ex Ilva ma in generale per la siderurgia italiana.
2025-11-20
Mondiali 2026, il cammino dell'Italia: Irlanda del Nord in semifinale e Galles o Bosnia in finale
True
Getty Images
Gli azzurri affronteranno in casa l’Irlanda del Nord nella semifinale playoff del 26 marzo, con eventuale finale in trasferta contro Galles o Bosnia. A Zurigo definiti percorso e accoppiamenti per gli spareggi che assegnano gli ultimi posti al Mondiale 2026.





