2025-11-24
«L’autonomia aiuterà le Regioni ad alleggerire le liste d’attesa»
Roberto Calderoli (Getty Images)
Il ministro leghista Roberto Calderoli: «L’opposizione strepita ma si è trattato per un anno. Ai governatori dico: la pre intesa è un’opportunità. Più libertà a chi lavora bene, più Stato per gli altri».Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, ha appena dato un colpo di acceleratore al grande sogno leghista dell’autonomia differenziata. Quattro accordi preliminari con altrettante Regioni del Nord - Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria - su materie precise: Protezione civile, previdenza complementare, professioni, e coordinamento della finanza pubblica in ambito sanitario. Con queste pre intese è stato servito l’«antipasto» dell’autonomia, e si è attirato ancora una volta le ire dell’opposizione: perché l’ha fatto? «Abbiamo trattato per un anno con le Regioni. Otto ministeri coinvolti, più il dipartimento della Protezione civile. Siamo arrivati a un testo che accontenta molti e scontenta pochi». E gli alleati?«C’è stato un vertice di maggioranza con tutti i leader. Giorgia Meloni ha condiviso i contenuti e il metodo. I governatori hanno preteso un’autorizzazione specifica del premier, e questa delega si è materializzata una settimana fa. E poi abbiamo firmato. Avendo un testo in mano, potrò portare questo schema di intesa in Consiglio dei ministri entro dicembre». E intanto? «Intanto lancerò un appello a tutti i governatori, soprattutto quelli che saranno neo-eletti, e gli dirò: studiate bene questa opportunità. Per alcune Regioni del Mezzogiorno la pre intesa sarebbe un bel passo in avanti. Si è fatto un gran parlare per slogan intorno all’autonomia differenziata, e poco si è parlato dei contenuti». Per esempio: cosa cambia sulla Protezione civile con queste pre intese?«In caso di evento catastrofico, invece di aspettare per mesi che lo Stato dichiari una Regione in emergenza nazionale, il presidente di Regione potrà emanare una prima ordinanza. E potrà affrontare gli eventi con maggiore tempestività. Fa comodo a tutti, sia in Calabria che in Lombardia». Nelle pre intese è finita anche la gestione della sanità: ma sotto quale punto di vista? «Ci sono troppi parametri a livello nazionale che mettono un tetto alla spesa farmaceutica, ai gas medicali, al personale, alla medicina convenzionata. Alcune Regioni hanno degli avanzi economici ma non riescono a spenderli. Con queste intese concediamo autonomia nella gestione di alcune spese sanitarie, senza far pagare un euro in più allo Stato. È l’unico strumento con cui si potrà concretamente affrontare il tema delle liste d’attesa». Grandi proteste arrivano dal centrosinistra e dai sindacati. Dicono che prima di muoversi sull’autonomia bisogna fissare i livelli minimi che lo Stato deve garantire su tutto il territorio nazionale. Altrimenti si spacca il Paese. «Se uno non capisce ciò che è stabilito per legge, non so cosa farci. Nove materie sono già cedibili alle Regioni e si può procedere tranquillamente». Ma la Consulta non vi ha smontato la legge? «Al contrario, ha confermato l’intero impianto. Di più: ha detto che possiamo procedere anche sulla sanità». Il cammino dei cosiddetti Lep sembra davvero accidentato… «Mercoledi prossimo inizierà l’incardinamento della legge delega per la definizione dei Lep. Io dico di partire intanto con le pre-intese, dove possibile. Poi, strada facendo, procederemo anche con le altre materie». Tempi?«Gli obiettivi di legislatura sono questi: la conferma delle pre intese con le Regioni che ci stanno, e la definizione dei Lep. Durante il cammino parlamentare, che durerà almeno un anno, si potrà andare avanti a negoziare una parte delle materie coinvolte». Parallelamente, c’è anche una scadenza importante da rispettare: quella sul federalismo fiscale. Pena la perdita dei fondi europei. «È stata introdotta da Mario Draghi una tappa del Pnrr che prevede l’attuazione del federalismo fiscale, entro il marzo del 2026. Ci siamo portati avanti nella legge di Bilancio, e poi prevediamo un decreto legislativo ad hoc, ma devo dire che siamo abbastanza avanti. Penso che l’approvazione di questo decreto entro marzo sia un’ipotesi assolutamente realizzabile». Il candidato del centrosinistra in Campania, Roberto Fico, dice che il progetto di autonomia è la «rovina del Sud».«Ricordo a Fico che 5 stelle e Lega firmarono un “patto di governo”, quando lui era presidente della Camera. E l’articolo 20 dava più autonomia alle Regioni, applicando le intese già sottoscritte dal governo Gentiloni. Fico rinnega sé stesso?». Edmondo Cirielli, anche lui candidato in Campania, dice: «Chiederò l’autonomia ma solo in cambio di risorse». E Occhiuto continua a sollevare dubbi. «Nella legge di Bilancio abbiamo stanziato 200 milioni sulle materie di valore sociale, e 250 milioni sul diritto allo studio universitario. Sul capitolo sanità, certe Regioni potranno ottenere risorse quando metteranno in regola i conti e saranno in grado di garantire gli attuali Livelli essenziali di assistenza». Sta dicendo che le Regioni del Sud potranno avvantaggiarsi dell’autonomia se prima faranno i «compiti a casa»?«Esatto, anche perché ciò che chiediamo alle Regioni è giustificare sulla base del principio di sussidiarietà, se sia davvero conveniente che una materia sia gestita sul territorio. La domanda da fare alle Regioni è questa: hai dimostrato di essere efficiente oppure no?». In sintesi: l’autonomia non divide l’Italia, ma i buoni amministratori dai meno buoni?«Proprio così. Non è colpa mia se le Regioni che garantiscono oggi i livelli essenziali sono di un certo tipo. Dicono che l’autonomia alimenta le sperequazioni? Ma quelle ci sono già e sono i cattivi amministratori a determinarle, perché non concedono ai cittadini i servizi di cui hanno diritto». Non pensa che debba esserci solidarietà e la parte del Paese più ricca debba aiutare l’altra? «Luca Zaia dice: “Ci sono Regioni dove ci vorrebbe più Stato, perché c’è già troppa autonomia”. Ha ragione. Basta andare a vedere le carte della Corte dei Conti per capire quali Regioni meritano più autonomia e quali invece più Stato». Più Stato vorrebbe dire anche presidenzialismo o premierato? «Io ho sempre pensato che il premierato, con un capo del governo eletto dal popolo, sia complementare all’autonomia». Perché?«Perché le regioni virtuose vanno premiate con la fiducia e l’autonomia, mentre le altre hanno bisogno di un maggior controllo centrale. In certi casi, quando le Regioni non riescono nemmeno a gestire bene le competenze che hanno oggi, i poteri sostitutivi dello Stato devono essere attivati».Quindi sta dicendo che vanno commissariate le Regioni male amministrate?«Sì, ma con buon senso. Se il commissario del governo, come accade in Italia, è il presidente della Regione stessa che ha combinato guai, è come mettere la volpe nel pollaio. Serve semmai, in certi casi, un super tecnico che possa davvero risolvere i problemi». Cosa ha pensato quando ha letto le frasi pronunciate al ristorante del consigliere della presidenza della Repubblica, Francesco Saverio Garofani?«Sarebbe una cosa da ridere, se non fosse un consigliere del presidente della Repubblica. Ci sono ruoli che obbligano ad avere un certo atteggiamento: certe cose le puoi pensare, ma non dire in pubblico».Non può restare al suo posto? «Quelle sono decisioni che riguardano il Quirinale e poi ci sono le valutazioni personali che spettano all’interessato. Non mi piace chi grida ogni giorno alle dimissioni di questo o quell’altro». C’è chi dice che, in caso di fallimento del referendum sulla giustizia, il governo vacillerà. Qualcun altro sostiene che possa essere la stessa Meloni a staccare la spina per andare a nuove elezioni. Lei cosa dice? «Non ti curar di loro, ma guarda e passa. Io sono stato in prima linea sul fronte giustizia, con i cinque referendum della Lega che intervenivano anche sulla separazione della carriere. Li ho promossi e sottoscritti personalmente, e abbiamo portato a votare milioni di persone. Stavolta il quorum non c’è, sono convinto che il referendum passerà: gli italiani sosterranno convintamente una riforma di buon senso. I critici si mettano il cuore in pace: questo governo arriverà a fine legislatura e vincerà anche le prossime elezioni».
Il tavolo del vertice di Ginevra (Ansa)