2024-03-21
La Bari dem in odore di mafia e i compagni perdono la testa
Sempre pronti a distribuire patenti di moralità e ad accusare altri di sottovalutare le infiltrazioni della criminalità e l’influenza dei corruttori della vita pubblica, quando però le inchieste riguardano qualcuno di loro, a sinistra strillano e pure piangono. Le lacrime questa volta hanno rigato il volto di Antonio Decaro, sindaco di Bari, uno dei campioni del Partito democratico nel Mezzogiorno, che prima di Elly Schlein fu perfino immaginato come possibile segretario nazionale. La storia è la seguente: la Procura del capoluogo pugliese ha avviato un’indagine che a fine febbraio ha portato all’arresto di 130 persone. In manette sono finiti politici e professionisti, tutti accusati di essere in qualche modo legati ai clan e di aver infiltrato la malavita nel Comune di Bari. Tra i colpiti dal provvedimento della magistratura, esponenti politici del partito che in consiglio comunale sostiene Decaro e in Regione il governatore Michele Emiliano. Fin qui la cronaca dei giorni scorsi, ma vista l’ampiezza dell’operazione giudiziaria, e l’intreccio tra politica e criminalità, il ministero dell’Interno, come si fa di solito in questi casi, ha nominato una commissione per valutare fino a che punto le infiltrazioni della criminalità avessero contaminato il Comune di Bari. Insomma, il Viminale intende sapere se il virus dei clan abbia contagiato la vita pubblica. Peccato che il solo sospetto abbia fatto lacrimare Decaro, quasi che sia più preoccupante un commissariamento da parte di Piantedosi che non un’infiltrazione della malavita nel municipio da lui guidato. Ieri, nella sala del consiglio comunale si è scagliato contro la decisione del ministro. Anche la sola verifica di quel che è accaduto dentro quelle stanze, per l’uomo in cui il Pd riponeva la fiducia di un riscatto al punto da pensarlo segretario nazionale, è da considerare un insulto, una mancanza di fiducia. Decaro ha tirato in ballo l’onore, le figlie e pure la sua sicurezza personale, dicendo di voler a questo punto rinunciare alla scorta che lo Stato gli ha affidato per difenderlo dai clan.Tuttavia, il problema non è l’iniziativa del ministro, ma l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia. Non è colpa di Piantedosi se i magistrati (i quali sono colleghi del governatore Emiliano, sostenitore del sindaco) hanno individuato indizi di reato e hanno chiesto l’arresto di 130 persone. Il ministro dell’Interno non è responsabile di un’inchiesta che vede andare a braccetto malavitosi e politici, né si può pensare che la Procura voglia in questo modo colpire una parte politica, ossia la sinistra, visto che nel calderone dell’inchiesta sono finiti anche amministratori di centrodestra. Peraltro, da quando esiste la legge che consente al Viminale di disporre accertamenti, e anche di sciogliere consigli comunali che siano sospettati di essere stati infiltrati dalla criminalità, sono centinaia le amministrazioni commissariate. Da Nord a Sud, in Liguria come in Toscana, in Campania come in Calabria o in Lombardia. Dunque, non si capisce perché, se gli ispettori inviati da Piantedosi, suggeriscono l’opportunità di inviare un funzionario prefettizio e poi di indire nuove elezioni, la decisione debba essere ritenuta offensiva. Nessuno ha detto che Decaro abbia commesso reati, ma semmai che all’interno del municipio qualcuno ha aperto la porta alla malavita. Capisco che sia difficile da mandar giù per chi ha sempre usato la questione della criminalità e della corruzione come un’arma da dare in testa alla parte politica opposta, ma purtroppo come non lo è la destra (e anche il centro), la sinistra non può dirsi immune dalla contaminazione mafiosa. E infatti, i compagni del Pd dovrebbero smetterla di ostentare una certa superiorità morale, perché spesso a finire nelle ordinanze della magistratura ci sono anche i campioni dell’antimafia. Non vorrei fare l’elenco, ma siccome a volte le indagini arrivano a toccare pure la magistratura (in Sicilia ne abbiamo avuto ampio esempio), credo che sia giunto il momento di dire che di intoccabile non c’è nessuno. Che abbia la tessera in tasca del Pd oppure di un altro partito. Ma anche che aspiri a un incarico più elevato e non voglia essere ricordato per un commissariamento. Le elezioni non sono mai un male, soprattutto se c’è il sospetto che nel consiglio comunale di prima il male fosse incistato.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)