2024-09-19
L’«Unione etica» vuole lo stop del fumo all’aperto per tutti i Paesi
La Commissione uscente chiede di bloccare anche i dispositivi senza combustione. «Mercato in crescita», ma è fermo dal 2020.Stop al fumo all’aperto, dai parchi giochi alle fermate degli autobus. In tutta Europa. Ecco il piano della Ue che non vuol vietare solo le bionde ma punta ad estendere le politiche «per un ambiente senza fumo» ai prodotti emergenti, come appunto i prodotti del tabacco riscaldati e le sigarette elettroniche, che raggiungono «sempre più spesso i giovani». Il nuovo obiettivo della Commissione europea è stato comunicato agli Stati membri Ue con un aggiornamento della raccomandazione sugli ambienti privi di fumo risalente al 2009 che riguarda solo i prodotti del tabacco tradizionali. Per «sostenere i governi nell’attuazione delle misure di prevenzione», Bruxelles prevede di mobilitare una sovvenzione diretta di 16 milioni di euro dal programma EU4Health e di 80 milioni dal programma Horizon, per rafforzare il controllo del tabacco e della nicotina e la prevenzione delle dipendenze. L’iniziativa non è vincolante per i governi ma tra le raccomandazioni proposte, leggiamo a pagina 14 del documento datato 17 settembre 2024, c’è quella di «fornire una protezione efficace dall’esposizione al fumo passivo e agli aerosol nelle aree ricreative esterne designate, in particolare dove possono essere spesso presenti bambini. Queste dovrebbero includere parchi giochi pubblici, parchi di divertimento, piscine, zoo e altri spazi esterni simili». E ancora: «Fornire una protezione efficace dal fumo passivo e dagli aerosol in qualsiasi area esterna o semi-esterna (ad esempio aree parzialmente coperte, recintate, con muri o altrimenti delimitate accanto o vicino a uno stabilimento, inclusi tetti, balconi, portici o patii) associata a stabilimenti di servizi. Queste dovrebbero includere spazi esterni di ristoranti, bar, caffè e spazi esterni di altri locali simili». L’elenco prosegue con il punto 5: «Fornire una protezione efficace dal fumo passivo e dagli aerosol in qualsiasi area esterna o semi-aperta correlata al trasporto pubblico, inclusi fermate di autobus, tram e treni e aeroporti». Il 6: «Fornire una protezione efficace dal fumo passivo e dagli aerosol in qualsiasi area esterna associata a un luogo di lavoro». E poi ancora la settima raccomandazione agli stati: «Fornire una protezione efficace dal fumo passivo e dagli aerosol in qualsiasi area esterna di locali correlati all’assistenza sanitaria. Tra questi dovrebbero rientrare ospedali, cliniche, centri sanitari, case di cura e altri locali simili.Una stretta molto simile a quella varata qui in Italia dal sindaco di Torino. Stefano Lo Russo, che invocando la «cultura del rispetto» ha introdotto nel capoluogo piemontese Il divieto di fumare all’aperto a una distanza inferiore ai 5 metri da altre persone. Mentre le raccomandazioni inviate dalla Ue confermano che «l’America fa, la Cina copia, l’Europa regola». Anzi, regola e vieta. Ispirandosi allo stato etico, ovvero a quella forma istituzionalizzata dai filosofi Thomas Hobbes e Georg Wilhelm Friedrich Hegel in cui l’istituzione statale è il fine ultimo a cui dovrebbero tendere le azioni dei singoli per la realizzazione di un bene-universale. Il concetto di Stato etico può però arrivare - vi ricordate i lockdown e il greenpass? - ad avere una dimensione totalitaria, in cui il bene e il male sono il risultato di un’imposizione indipendente da quello che dovrebbe essere il contratto di base tra Stato e cittadini. O dal necessario supporto dei dati scientifici. La proposta di revisione delle raccomandazioni del Consiglio europeo estende lo stop all’aperto a determinati nuovi prodotti alternativi alla sigarette tradizionali evidenziando, come fattore determinante, «la rapida crescita del mercato e l’attrattiva dei prodotti emergenti». Ebbene, secondo i dati forniti dalla stessa Unione europea, dall’ultimo sondaggio dell’Eurobarometro sull’attitudine degli europei al fumo emerge che gli utilizzatori delle sigarette elettroniche sono aumentati solo dell’1% dal 2020 al 2023. Un aspetto particolarmente preoccupante dell’adozione di prodotti emergenti negli ultimi anni, viene evidenziato dal documento sull’estensione dei divieto, è stato il «loro appeal tra bambini e giovani; infatti, il 54% dei fumatori attuali ed ex fumatori inizia a fumare prima dei 19 anni e il 14% inizia prima dei 15 anni». Solo il 5% degli europei che non hanno mai usato le cosiddette e-cig trovano questo di prodotto attrattivo. Non solo. I dati su quando si inizia a fumare sono in linea con quelli del 2020 e non sono riferiti ai consumatori di nuovi prodotti tecnologici ma alle classiche «bionde». Altro punto evidenziato nelle proposte sulla stretta è che «le emissioni di seconda mano dei prodotti emergenti possono avere impatti potenzialmente dannosi sulla salute». Il Comitato scientifico europeo su salute, ambiente e rischi emergenti (Scheer) ha concluso che ci sono prove «deboli o moderate di rischi di danni respiratori, cardiovascolari e cancerogeni dovuti all’esposizione passiva agli aerosol delle sigarette elettroniche». Sullo sfondo del nuovo divieto cui sta puntando la Ue, va infine considerato un altro dato: 15 miliardi di euro. E’ il valore delle accise versate alle casse dello Stato per i prodotti da fumo ed inalazione (sono i dati del 2023 che emergono dall’ultimo rapporto di Logista e The European House Ambrosetti). I prodotti tradizionali (sigarette, sigari, trinciati, eccetera) rappresentano ancora oltre l’80% del fatturato, ma i prodotti di tabacco senza combustione, sono ormai il 18% del totale, le e-cig il 5 per cento. Se la Ue metterà al bando il fumo, a perderci non saranno solo le multinazionali ma anche lo Stato italiano che smetterà di incassare.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson