2024-03-12
Arrestati all’Aquila tre terroristi palestinesi
L'arresto di uno dei terroristi palestinesi all'Aquila (Ansa/Polizia di Stato)
La cellula faceva parte dei Martiri di Al Aqsa, gruppo paramilitare tuttora attivo in Cisgiordania. Gli estremisti stavano pianificando attentati, forse anche in Italia. Uno di loro è giunto nel nostro Paese dalla Norvegia, dove ha esibito una semplice autocertificazione.La finalità era compiere attentati terroristici contro Israele, sia in territorio estero (Giordania e Libano) sia in Italia, dove il Gruppo di risposta rapida brigata Tulkarem, una articolazione dei Martiri di Al Aqsa (paramilitari vicini al partito al-Fath tra i protagonisti della seconda intifada), si era annidato all’Aquila. Qui, ieri mattina, la Procura antiterrorismo ha coordinato un’operazione di polizia giudiziaria che ha smantellato la cellula palestinese, spezzato i legami con le organizzazioni estere e fatto saltare i piani dei tre arrestati, tutti residenti all’Aquila e tutti in possesso di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie: Afif Kamal Anan Yaeesh, classe 1987, già detenuto a Terni dopo essere stato arrestato il 27 gennaio scorso su richiesta di Israele (che ne chiede l’estradizione), Ribhi Saji Ali Irar, 30 anni, Mansur Doghmosh, 29 anni, secondo l’accusa, sarebbero stati i reduci di un gruppo più ampio, che comprende dei combattenti morti in battaglia. Tre in particolare: Jihad Maharaj Ibrahim Shehadeh, Qasim Muhammad Rajab e Moamen Saed Mahmoud Balawi, tutti deceduti il 6 novembre scorso a Tulkarem nel corso di un conflitto a fuoco con l’esercito israeliano. Le relazioni sul terreno di guerra, invece, le avrebbero mantenute Munir Al Maqdah, capo militare dei Martiri di Al Aqsa, e due combattenti in Cisgiordania: Anan Kamal Afif Yaeesh e Ali Saji Ribhi Irar. Proprio un messaggio inviato a Maqdah è risultato particolarmente allarmante: «Hai il comunicato che è stato diffuso da parte vostra, certamente vero? Se vuoi divulgarne un altro a nostro nome... si tratta di una unità di suicidi pronti ad agire in profondità e la nostra azione sarà prossima». Stando all’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del Tribunale dell’Aquila Marco Billi, i tre avrebbero «manifestato le finalità terroristiche tese a organizzare attentati anche mediante l’impiego di autobombe». Inoltre, avrebbero «svolto attività finalizzate alla creazione di video di propaganda in cui figurano miliziani armati in attività di addestramento militare e all’uso delle armi di giovani reclute e bambini». Con il capo militare, inoltre, gli indagati avrebbero «concordato attività di proselitismo a sostegno delle azioni terroristiche invitando “i fratelli a cooperare per vendicare i martiri”». Tra i messaggi intercettati ce n'erano alcuni molto espliciti e inquietanti: «O eroi, siamo tutti progetti di martirio»; «Annunciamo la mobilitazione generale soprattutto in Cisgiordania per fronteggiare il nemico e i suoi agenti e per vendicare i nostri martiri». Non mancano le questue per reperire fondi: «Bisogna muovere il bilancio»; «La cifra totale che riceverai è di 51.000 dollari». E, infine, avrebbero organizzato l’approvvigionamento delle armi per i giovani miliziani: «Capo, non vogliamo che nulla sorprenda i giovani dopo che abbiamo preso i ferri (le armi, ndr)». Sui loro profili social, poi, finiva di tutto. Compresi post per commemorare i caduti in battaglia che esaltavano il martirio: «Allah mi è testimone che hai adempiuto e mantenuto le promesse». E ancora: «Chiediamo ad Allah l’altissimo, il grande, di riunirci in paradiso». L’accusa formulata dai pm antiterrorismo, che hanno coordinato le indagini degli investigatori della Digos e del Servizio per il contrasto all’estremismo e al terrorismo internazionale della Direzione centrale della polizia di Prevenzione, è di «associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico». Uno dei tre arrestati ha raccontato agli investigatori di aver fatto parte dei servizi segreti palestinesi, spiegando di essersi occupato «di sicurezza interna» e di aver rivestito «il ruolo di ufficiale». Poi, stando al suo racconto, sarebbe stato rinchiuso in varie prigioni israeliane per quasi quattro anni. E sostiene di essere diventato una specie di eroe in Palestina proprio per le sue azioni da 007. Ma la cosa più preoccupante è un’altra. L’indagato ha spiegato di essere riuscito a ottenere il visto Schengen in Norvegia presentando una semplice certificazione che attestava il suo ruolo da direttore di una società di assicurazioni. Dopo qualche giro tra i Paesi del Nord Europa è arrivato in Italia passando dalla Svizzera. Come è arrivato all’Aquila? «Dietro consiglio di arabi incontrati in un ristorante di un siriano a Roma, vicino al Vaticano. Mi hanno detto che è una città piccola e avrei avuto più opportunità di lavoro e la possibilità di ottenere il permesso di protezione internazionale». L’attività investigativa, che si è arricchita di due segnalazioni dell’intelligence provenienti da Israele, ha anche accertato che gli indagati avevano viaggiato per le aree calde, con voli da Ciampino per la Giordania, per Malta, per la Germania, per la Malesia e per gli Emirati Arabi Uniti. Stando al gip che ha privato i tre indagati della libertà personale, «gli atti di terrorismo programmati e pianificati appaiono dichiaratamente rivolti contro lo Stato d’Israele (la popolazione civile, l’organizzazione militare e le strutture politiche di quel Paese), anche se da alcuni spunti d’indagine non appare possibile escludere che possano essere compiuti anche in Italia, non necessariamente soltanto nei confronti di obiettivi israeliani». E proprio da Israele sarebbe arrivato di recente un alert che avrebbe indicato obiettivi sensibili in Italia e in Germania. Di certo un target era già nel loro mirino: «l’insediamento israeliano di Avnei Hefetz nella West Bank». In questo caso, annota il gip, «il livello di programmazione è giunto fino all’individuazione e alla definizione di elementi di dettaglio». Gli elementi raccolti, secondo il gip, «consentono di escludere la natura rudimentale dell’organizzazione terroristica che appare, al contrario, efficacemente strutturata e in grado di operare anche all’estero in modo rapido e istantaneo». Le strategie concordate, come dimostrerebbero le conversazioni intercettate, non riguarderebbero solo la propaganda, «ma anche le azioni operative». Erano pronti al martirio.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 17 settembre 2025. Il nostro Giorgio Gandola commenta le trattative nel centrodestra per la candidatura a presidente in Veneto, Campania e Puglia.