2024-08-15
Khelif denuncia Rowling, Musk e Trump
Imane Khelif (Getty Images)
L’algerina è patrocinata da un big del foro. La Procura francese ha aperto un’inchiesta con l’ufficio che si occupa di crimini contro l’umanità e di crimini ispirati dall’odio. Una sorta di inquisizione digitale che minaccia la possibilità di esprimere critiche e opinioni.La decisione della pugile algerina Imane Khelif, fresca medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi, di difendersi dai cyberbulli che l’hanno presa di mira sul ring olimpico sembra viaggiare su percorsi politici di portata internazionale. La Procura di Parigi, dopo la denuncia della Khelif ha avviato un’indagine per «molestie informatiche a causa del genere, insulto pubblico a causa del genere, provocazione pubblica alla discriminazione e insulto pubblico a causa delle origini», affidandola all’Ufficio centrale che si occupa di crimini contro l’umanità e di crimini ispirati dall’odio. E già qui la portata del disegno della magistratura francese appare evidente: da una denuncia per molestie e insulti online il passaggio a una questione di diritto internazionale che rischia di stabilire una sorta di giurisdizione universale su queste materie è stato davvero breve. La denuncia è stata presentata contro ignoti, ma nel suo testo comparirebbero nomi di un certo calibro: da J.K. Rowling, ovvero l’autrice di Harry Potter, a Elon Musk e addirittura a Donald Trump, che aprono la porta a una caccia alle streghe su scala globale, coinvolgendo chiunque, dal Manzanarre al Reno, abbia osato esprimere opinioni controverse sulla Khelif sui social. In un messaggio a 14,2 milioni di follower, la Rowling aveva postato una foto della Khelif sul ring con la pugile italiana Angela Carini, accusando l’algerina di essere un uomo che stava «godendo» davanti «all’angoscia di una donna che aveva appena preso a pugni in testa». Musk aveva ritwittato un post della nuotatrice Riley Gaines nel quale si sosteneva che «gli uomini non appartengono agli sport femminili». Il proprietario di «X» aveva accompagnato il post aggiungendo: «Assolutamente». Trump, invece, aveva pubblicato una foto del match con Carini accompagnandolo con una promessa ai suoi elettori: «Terrò gli uomini fuori dagli sport femminili!». Il procedimento per ora è contro ignoti e questo, ha spiegato l’avvocato Nabil Boudi, che difende la Khelif, «garantisce che la Procura abbia tutta la libertà di indagare contro chiunque», compresi quelli che potrebbero aver scritto con degli pseudonimi. Il calderone, insomma, è ampio. E Boudi non ha escluso che l’indagine possa espandersi fuori dai confini francesi, «grazie a richieste di assistenza legale reciproca con altri Paesi, in particolare con gli Stati Uniti». Una mossa che, se andrà in porto, stabilirà un precedente giuridico internazionale di proporzioni enormi, con la Francia che si ergerà a paladina del controllo globale sulle comunicazioni online (un po’ come ha fatto l’Inghilterra con i recenti presunti sobillatori dei riots). In tutto questo, come verrà condotta la ricerca delle prove? Con una macchina investigativa mobilitata per scrutinare ogni singolo tweet, post o commento che possa essere ritenuto offensivo. Un apparato che ricorda più un’inquisizione digitale che un’indagine giudiziaria tradizionale, con il rischio di trasformare la libertà di espressione in un crimine punibile ovunque nel mondo. E a proposito di Trump, sul cui nome l’avvocato fa il vago (indiscrezioni di stampa, però, citano anche l’ex presidente Usa tra coloro che compaiono nella denuncia), Boudi appare come sicuro di giocare di sponda con la magistratura: «Trump ha twittato, quindi se è nominato oppure no nella nostra denuncia sarà inevitabilmente esaminato come parte dell’accusa». Sul web l’avvocato Boudi viene presentato come un principe del foro. Noto per la sua esperienza in casi di alto profilo e per la sua capacità di muoversi con disinvoltura tra le maglie della legge internazionale, si pubblicizza così: «Ha sviluppato una forte competenza in materia penale e nella difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali». E sul sito web conserva pure una notevole rassegna stampa con titoloni di Liberation e di altri quotidiani francesi di matrice progressista. Di recente ha ingaggiato una battaglia giudiziaria per un imam salafita di Marsiglia che il ministero degli Interni francese voleva espellere perché considerato radicalizzato, riuscendo, tramite un ricorso alla Corte europea dei diritti umani, a trattenerlo in Francia. Non è certo l’avvocato che ti aspetti di vedere accanto a un’atleta di origini umili, cresciuta in una famiglia povera e dedita a uno sport duro e di sacrificio come la boxe. Almeno è questo lo storytelling che ha accompagnato la Khelif durante tutte le Olimpiadi. Ma non è questo il punto. Il dettaglio per nulla secondario è che l’avvocato Boudi non è intervenuto dopo lo spam dei detrattori dell’atleta sui social. Ma ha firmato la diffida del 4 agosto, con la quale si intimava all’International boxing association (Iba) di non pubblicare i risultati dei test genetici della Khelif. Una mossa tempestiva, che suggerisce come Boudi fosse già da tempo al corrente di ciò che si sarebbe scatenato.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.