2019-01-04
Juventus-Milan con il burqa indigna tutta l’Italia eccetto i padroni del pallone
La partita del 16 gennaio, in Arabia Saudita, con allo stadio le donne segregate in piccionaia, solleva i malumori di tutta la politica. Ma il presidente della Lega di Serie A Gaetano Micciché è trionfale: «La nostra Supercoppa sarà ricordata dalla storia come la prima competizione ufficiale internazionale a cui le donne saudite potranno assistere dal vivo, senza nessun accompagnatore uomo, come scritto erroneamente da chi vuole strumentalizzare il tema».E per ultima venne la Lega di Serie A. Quando lo scandalo Supercoppa è già bello che scoppiato, il presidente della Lega, Gaetano Micciché, interviene sul clamoroso caso dello stadio saudita con interi settori vietati alle donne per il match tra Juventus e Milan del 16 gennaio: «La nostra Supercoppa sarà ricordata dalla storia come la prima competizione ufficiale internazionale a cui le donne saudite potranno assistere dal vivo, senza nessun accompagnatore uomo, come scritto erroneamente da chi vuole strumentalizzare il tema». Una replica stizzita, ma clamorosamente fuori fuoco, perché il piccolo (e del tutto ipotetico) passo avanti per le donne saudite, corrisponde a un enorme passo indietro per le tifose italiane, che si ritroveranno ad andare a vedere una partita senza poter liberamente scegliere il settore in cui sedersi.E anche sulle condizioni delle donne saudite, la questione andrebbe approfondita: solo dal 12 gennaio dello scorso anno, infatti, le donne locali hanno libero accesso agli stadi, ma non certo in condizioni di parità. Alle donne è riservato un settore dedicato alle famiglie, lontano dagli sguardi degli uomini non sposati. Persino nei parcheggi e nei percorsi di accesso alla struttura resta in piedi la segregazione di fatto. Sarebbe interessante sapere se queste siano le regole in vigore anche per la finale di Gedda. E, in tal caso, cosa giustifichi il trionfalismo di Micciché. Alla vicenda si è interessata anche la politica. Matteo Salvini ha detto che si tratta di «una schifezza», aggiungendo: «Io quella partita non la guardo». Giorgia Meloni ha chiesto di bloccare «subito questa vergogna assoluta» e portare «la Supercoppa in una nazione che non discrimina le nostre donne e i nostri valori». Paolo Grimoldi, deputato della Lega e vicepresidente della commissione Esteri della Camera, ha definito l'operazione «roba da Medioevo». Persino Laura Boldrini si è sentita in dovere di tuonare: «I signori del calcio vendano pure i diritti delle partite ma non si permettano di barattare i diritti delle donne». Analogo concetto Roberto Calderoli, vicepresidente leghista del Senato: «Juve e Milan boicottino la finale, dimostriamo con i fatti che valori e diritti umani vengono prima del vil denaro».Ma ricapitoliamo i fatti: lo scorso giugno, la Serie A e il governo saudita hanno concluso un accordo per portare la Supercoppa italiana, che vede di fronte le vincenti di scudetto e Coppa Italia, nella penisola arabica per tre anni di seguito a cominciare da questa edizione. Non si tratta di un'iniziativa estemporanea, quindi, ma di una vera e propria partnership che continuerà nel tempo. Il tutto grazie ai 21 milioni di euro sganciati dai sauditi, più 3 milioni a testa per le due finaliste. La cosa ha generato sin da subito delle perplessità, a causa della disastrosa situazione dei diritti umani nella monarchia del Golfo. Le polemiche si sono intensificate dopo che, nei giorni scorsi, si è saputo che i biglietti in vendita per il match saranno divisi in due categorie, singles e families: i primi sono riservati ai soli uomini, come il grosso dello stadio, mentre i secondi sono sia per uomini che per donne. Si tratta dei settori posizionati più in alto, più lontani dal campo e dove la partita si vede peggio. Dal fatto che le donne debbano accedere solo ai settori families, molti hanno dedotto che esse possano vedere la partita solo se «accompagnate» da uomini, come da usanze locali. Sembra tuttavia che, almeno per le italiane, non sia così, e infatti il comunicato dalla Lega non dice nulla di tutto ciò e dai fan club delle società arriva la medesima indicazione. Accompagnate no, ma confinate in piccionaia sì. Per gli standard sauditi, la semplice presenza femminile in tribuna può anche essere considerata un progresso; per i nostri, la segregazione in base al genere resta ancora ripugnante. Che il nostro sport debba retrodatare i suoi criteri a quest'agenda oscurantista resta assai discutibile, anche se la cosa riempie di orgoglio Micciché. Prima ancora, la Lega di Serie A aveva fatto pure peggio, rilasciando un comunicato trionfalistico: i biglietti per il match, si esultava, «sono andati letteralmente a ruba, facendo registrare un dato di oltre 50.000 tagliandi staccati in poche ore. Lo stadio King Abdullah sports city stadium contiene circa 60.000 tifosi, per cui si prevede una cornice di pubblico da “tutto esaurito" a fare da scenario alla gara». C'è da chiedersi se fosse necessario andare fino a Gedda per riempire uno stadio con Juve e Milan, due tra le squadre più seguite d'Italia. Su Twitter, la gaffe non è passata inosservata e praticamente la totalità dei commenti si è orientata verso lo sbeffeggiamento dell'ipocrisia di fondo dell'operazione: «Ma i giocatori entreranno in campo con il baffo rosso sulla guancia? Ridicoli», scrive un utente, in riferimento alla recente campagna contro la violenza sulle donne. «Con le donne confinate in posti riservati? Ma vergognatevi, che è meglio», twitta un altro. E ancora: «Parliamo di razzismo e poi per quattro soldi assecondiamo un Paese in cui la donna vale zero e che non può vedere la gara insieme agli uomini»; «Invitate tutti i tifosi di qualunque squadra d'Italia a non guardare questa partita in tv. La coppa della vergogna»; «Vi boicottiamo. Retrogradi, incoerenti, venduti». E così via.Tra le tante critiche di semplici tifosi, anche quelle di numerosi addetti ai lavori. Uno su tutti, il popolare telecronista Mediaset, Sandro Piccinini, che ha scritto sui social, proprio commentando il comunicato della Lega calcio: «Vendersi per soldi lo fanno in tanti, però vantarsi dei “tagliandi staccati" è un po' troppo, la vergogna andrebbe vissuta in silenzio». A pochi giorni dalla tragedia di Milano e dalle lacrime di coccodrillo che hanno seguito Inter-Napoli, in effetti, l'autogol del calcio italiano appare clamoroso. E rivedendo col senno di poi le foto di quella roncola trovata sul luogo degli scontri tra tifosi, viene da pensare che, forse, lo sdegno in merito delle istituzioni calcistiche risulta meno credibile se poi una scimitarra sguainata in piazza per tagliare teste, come accade ogni anno a qualche centinaio di sfortunati prigionieri sauditi, suscita solo un silenzio imbarazzato e complice.
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