2024-08-30
Il conservatore ex trotzkista che denunciò le imposture liberal con 60 anni di anticipo
True
Ripubblicato Il suicidio dell’Occidente, di James Burnham, un saggio del 1964 che inquadra già perfettamente la funzione nichilista della sinistra e dei suoi sensi di colpa.La pubblicistica sull'Occidente giunto ormai al termine della sua parabola a causa delle ideologie maturate al suo interno che ne hanno eroso lentamente le fondamenta ha avuto in questi ultimi anni un'esplosione. L'uscita di un saggio dal titolo Il suicidio dell'Occidente ha quindi fatto poco rumore, vista l'inflazione di saggi sul tema. Se però consideriamo che il testo in questione è del 1964, le cose cambiano. Parliamo di Suicide of the West, di James Burnham, appena ristampato da Oaks. Nell’introduzione, il filosofo Francesco Ingravalle segnala la vicinanza, non solo lessicale, con Suicidio occidentale, di Federico Rampini, uscito però nel 2023. In effetti la consonanza di toni e argomenti è impressionante, con la differenza, appunto, che il testo dell’americano è uscito 60 anni fa, in un’era in cui c’era ancora la guerra fredda, non era ancora scoppiato il 1968 e la parola woke era solo una specifica coniugazione del verbo to wake.Nato a Chicago nel 1905, Burnham era stato negli anni Trenta un attivista trotzkista: aveva contribuito a organizzare l'American Workers Party guidato dal ministro pacifista di origine olandese A. J. Muste e poi sostenuto la fusione del 1934 con la Communist League of America che formò l' US Workers Party. Successivamente, con una parabola che può ricordare quella dei neocons dell’era di Busj Jr., era passato alla destra conservatrice. Il suo libro più famoso resta The managerial revolution (1941), in cui si prospetta il tramonto del capitalismo per la sua incapacità di mantenere alto il livello della produzione e dell'occupazione, e l'avvento di una supremazia dei tecnici o tecnocrazia in un ambiente di economia parzialmente socializzata. Durante la seconda guerra mondiale, Burnham si prese un periodo di aspettativa dalla New York University, dove presiedeva il dipartimento di filosofia, per lavorare per l' Office of Strategic Services (Oss), ovvero l’ente dell’intelligence statunitense che poi sarebbe diventato la Cia. Raccomandato da George F. Kennan, Burnham fu invitato a guidare la divisione semi-autonoma «Political and Psychological Warfare» dell'Office of Policy Coordination. Degno di nota è anche il fatto che Burnham fu uno dei pochi autori americani che Julius Evola lesse, apprezzò e citò in varie sue opere.Suicide of the West è una lunga analisi delle colpe dei «liberali» nel declino dell’America, fermo restando che dal contesto si evince come, con ogni evidenza, l’autore ce l’abbia con i liberal (è nota la differenza tra l’accezione italiana di «liberale», che indica una persona piuttosto di destra, e quella americana di «liberal», che indica invece un uomo di sinistra attento alle battaglie per i «diritti»). Anche qui nulla di nuovo, ma che tale analisi arrivi prima del Sessantotto è comunque significativo.Quanto mai attuale è la questione del senso di colpa, vero e proprio carburante eterno della sinistra da svariati decenni a questa parte. Senso di colpa per le sofferenze altrui e per l’opulenza e il benessere propri (anche se, su quest’ultimo fronte, l’Occidente si sta impegnando a sanare quanto prima questa iniqua diseguaglianza, riducendo anche le nostre società a livelli da Terzo Mondo). Scrive Burnham: «La più significativa caratteristica del liberalismo, che giustifica la sua pretesa di essere considerato un'ideologia superiore, è rappresentata dalla sua capacità di risolvere il problema della colpa per un gran numero di persone senza alcun sacrificio personale da parte di queste persone. E riesce a far questo elevando il problema al livello rappresentativo, simbolico e istituzionale. Non è necessario che io mi rechi di persona negli slums, nella giungla, nelle prigionieri, nei ristoranti del Sud, al Senato, e contribuisca direttamente all'attuazione delle riforme che apriranno la strada alla pace, alla giustizia e al benessere. Perché, grazie alla rassicurante dottrina dell'ideologia liberale, posso seguitare tranquillamente ad occuparmi dei miei affari e nello stesso tempo adempiere ai miei doveri morali aderendo ai principi egualitari, votando i candidati liberali, lodando gli attivisti e offrendo un contributo ai fondi per la loro difesa nel caso in cui venissero a trovarsi nei guai, e associandomi prontamente alle proteste contro i reazionari che di tanto in tanto si agitano in un disperato tentativo di conservare il potere».Un’istantanea di incredibile attualità. Peccato che l’autore non abbia potuto assistere all’esplodere dei social network, dove basta un tweet contro il fascismo immaginario per portare a casa la giornata e considerarsi a posto con la coscienza.