Nelle stanze di Palazzo Loredan, sino al 22 dicembre 2023, la prima grande mostra veneziana dedicata a Italico Brass (1870-1943), pittore goriziano acclamato in vita e nel dopoguerra e quasi dimenticato per oltre sessant'anni. Da Piazza San Marco al Lido, passando per processioni e feste popolari, esposte un centinaio di visioni veneziane, in uno straordinario gioco di luci, ombre e di colori vibranti.
Nelle stanze di Palazzo Loredan, sino al 22 dicembre 2023, la prima grande mostra veneziana dedicata a Italico Brass (1870-1943), pittore goriziano acclamato in vita e nel dopoguerra e quasi dimenticato per oltre sessant'anni. Da Piazza San Marco al Lido, passando per processioni e feste popolari, esposte un centinaio di visioni veneziane, in uno straordinario gioco di luci, ombre e di colori vibranti.Goriziano , classe 1870, come suo padre irredentista convinto, Italico (e del resto, come dicevano i latini, Nomen omen… ) Brass , che sin da bambino dimostrò grande interesse per l’arte, aveva due grande passioni: la pittura e Venezia. Sua musa preferita, la città lagunare (dove si trasferì definitivamente nel 1895, prendendo casa a San Trovaso, nel sestriere di Dorsoduro) divenne la protagonista assoluta dei suoi quadri, tele che raccontano di calli e di campielli, di gondole, regate e canali, di feste, riti e processioni. Di una Venezia che apparteneva ancora ai veneziani, con pochissimi turisti e tanta umanità. Una città popolare, senza distinzioni di classi, che Brass rappresenta in uno stile originale, privo di retorica e sterotipi, nonostante le influenze vedutiste e impressioniste. E’ innegabile, osservando molte delle sue opere (per esempio Il Canal Grande verso la Salute e Caffè Florian), è chiaro il rimando al Canaletto e a Bellotto, a Monet e a Renoir, ma quello che colpisce è la sua modernità, quell’ essere «cronista accurato, divertito e partecipe di ogni aspetto della vita quotidiana [...] », come scrivono Giandomenico Romanelli e Pascaline Vatin, curatori della bella mostra allestita a Palazzo Loredan, un’esposizione che - finalmente - dopo oltre sessant’anni di oblio restituisce a questo artista (ma anche grande mecenate, mercante e collezionista d’arte, frequentatore della «Venezia che conta» e amico di imprenditori, intellettuali, politici e artisti) ingiustamente dimenticato il posto che gli spetta. E che merita.La mostra e le suggestioni di Hanryette PerlOrganizzato in una serie di «visioni veneziane», il percorso espositivo - che raccoglie un centinaio di opere, di cui molte mai esposte prima, parte del lascito dell’artista alla famiglia - è una sorta di suggestivo, inedito itinerario per la città, una passeggiata in una Venezia rappresentata con un utilizzo magico dei colori e della luce, che fanno sembrare veri l’acqua e il cielo, che creano ombre e sfumano i contorni. Fra le tele più interessanti, Caffè Lavena in Piazza San Marco, dove la basilica e la piazza brulicante fanno da sfondo a un grande tricolore mosso dal vento (quello della bandiera è un tema molto ricorrente in Brass, che fu pittore-reporter nella Grande Guerra e, come ho già sottolineato, irredentista convinto) ; Mascherata / Venezia: passano le maschere, veduta notturna di un campiello veneziano animato da un gruppo di maschere; la delicata Roulotte del coiffeur al Lido, spaccato di una normalissima giornata di veneziani in vacanza… A rievocare la Venezia di Brass, accanto ai suoi dipinti e alle numerose foto d’epoca che lo ritraggono in famiglia o in momenti particolari della sua vita, le descrizioni e i commenti della traduttrice, autrice e scrittrice di viaggi tedesca Hanryette Perl, fin da piccola frequentatrice dell'Italia e innamorata di Venezia, dove visse per oltre 20 anni. Con lo pseudonimo maschile di Henry, la Perl pubblicò una fortunatissima guida illustrata di Venezia (1894), un intelligente e appassionato percorso in città e il laguna in forma discorsiva, privo di luoghi comuni e con i caratteri, la vita e gli umori della stessa città immortalata nelle tele di Brass: «Guarda questo panorama impareggiabile: qui, a destra, la gigantesca Chiesa della Salute, che staglia la sua mole colossale su questo cielo notturno, e più in là il sottile promontorio bianco che si estende a perdita d’occhio sulla laguna, la Punta della Dogana, con Mercurio che danza così allegramente sul globo dorato. Non è bello? » (Henry Perl, Venezia, 1894).Una mostra che sorprende quella dedicata a Italico Brass. E non solo per la riscoperta di un artista (nonno di un nipote celebre, Tinto...). Ad arricchirla di suggestioni orientaliste, un profumo, creato appositamente per l’occasione da The Merchant of Venice e le lampade di seta di Fortuny, altro simbolo della vivacità creativa, culturale e artistica della Venezia di inizio secolo.
Galeazzo Bignami (Ansa)
Malan: «Abbiamo fatto la cosa istituzionalmente più corretta». Romeo (Lega) non infierisce: «Garofani poteva fare più attenzione». Forza Italia si defila: «Il consigliere? Posizioni personali, non commentiamo».
Come era prevedibile l’attenzione del dibattito politico è stata spostata dalle parole del consigliere del presidente della Repubblica Francesco Saverio Garofani a quelle del capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio Galeazzo Bignami. «L’onorevole Bignami e Fratelli d’Italia hanno tenuto sulla questione Garofani un comportamento istituzionalmente corretto e altamente rispettoso del presidente della Repubblica», ha sottolineato il capo dei senatori di Fdi, Lucio Malan. «Le polemiche della sinistra sono palesemente pretestuose e in mala fede. Ieri un importante quotidiano riportava le sorprendenti frasi del consigliere Garofani. Cosa avrebbe dovuto fare Fdi, e in generale la politica? Bignami si è limitato a fare la cosa istituzionalmente più corretta: chiedere al diretto interessato di smentire, proprio per non tirare in ballo il Quirinale e il presidente Mattarella in uno scontro istituzionale. La reazione scomposta del Pd e della sinistra sorgono dal fatto che avrebbero voluto che anche Fdi, come loro, sostenesse che la notizia riportata da La Verità fosse una semplice fake news.
Giorgia Meloni e Sergio Mattarella (Ansa)
Faccia a faccia di mezz’ora. Alla fine il presidente del Consiglio precisa: «Non c’è nessuno scontro». Ma all’interlocutore ha rinnovato il «rammarico» per quanto detto dal suo collaboratore. Del quale adesso auspicherebbe un passo indietro.
Poker a colazione. C’era un solo modo per scoprire chi avesse «sconfinato nel ridicolo» (come da sprezzante comunicato del Quirinale) e Giorgia Meloni è andata a vedere. Aveva buone carte. Di ritorno da Mestre, la premier ha chiesto un appuntamento al presidente della Repubblica ed è salita al Colle alle 12.45 per chiarire - e veder chiarite - le ombre del presunto scontro istituzionale dopo lo scoop della Verità sulle parole dal sen sfuggite al consigliere Francesco Saverio Garofani e mai smentite. Il colloquio con Sergio Mattarella è servito a sancire sostanzialmente due punti fermi: le frasi sconvenienti dell’ex parlamentare dem erano vere e confermate, non esistono frizioni fra Palazzo Chigi e capo dello Stato.
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Altro che «attacco ridicolo», come aveva scritto il Quirinale. Garofani ammette di aver pronunciato in un luogo pubblico il discorso anti premier. E ora prova a farlo passare come «chiacchiere tra amici».
Sceglie il Corriere della Sera per confermare tutto quanto scritto dalla Verità: Francesco Saverio Garofani, ex parlamentare Pd, consigliere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, finito nella bufera per alcune considerazioni politiche smaccatamente di parte, tutte in chiave anti Meloni, pronunciate in un ristorante e riportate dalla Verità, non smentisce neanche una virgola di quanto da noi pubblicato.







