2023-01-28
Gli italiani sono sempre più poveri. Impietoso il confronto con gli altri
Report di Istat e Bankitalia: famiglie penalizzate dal crollo dell’immobiliare. Aumenta il divario con Europa e Usa, a loro volta fiaccate da inflazione e tassi in risalita. Unica buona notizia, le aziende poco indebitate.Se c’è qualcosa che caratterizza le famiglie italiane nel confronto con quelle europee, quella è la povertà. La conferma arriva ancora una volta da Istat e Banca d’Italia, due istituti nazionali che certificano che le famiglie italiane sono mediamente più povere rispetto a quelle europee e americane, già a loro volta fiaccate dall’inflazione e dai tassi delle banche centrali in risalita. Noi italiani, insomma, amiamo lo status quo finanziario, quello per cui il reddito medio resta sempre inesorabilmente fermo al palo, nonostante un caro vita che erode ogni giorno che passa il potere d’acquisto. Misurata, infatti, in rapporto alla popolazione, la ricchezza netta pro-capite delle famiglie italiane alla fine del 2021 era inferiore a quella di tutti gli altri Paesi, a eccezione della Spagna. Dal 2018, la crescita della ricchezza pro capite è stata modesta per le famiglie di Francia, Regno Unito, Germania e Italia, mentre è stata più sostenuta per le famiglie canadesi e soprattutto statunitensi, grazie a una dinamica favorevole dei prezzi delle attività finanziarie. Negli ultimi anni, e soprattutto nel 2021, il tasso di crescita per l’Italia è risultato inferiore rispetto a quello degli altri Paesi. In particolare, alla fine del 2021 la ricchezza netta delle famiglie italiane è risultata pari a 8,6 volte il reddito disponibile, misurato al lordo degli ammortamenti. Il valore si colloca al di sopra di quelli riportati da Germania, Regno Unito e Stati Uniti, ma è inferiore a quanto registrato dalle famiglie canadesi, francesi e spagnole (per Madrid, l’ultimo dato disponibile è relativo al 2020). In Italia l’indicatore, dopo una crescita nel biennio 2019-20, è leggermente diminuito, in controtendenza rispetto agli altri Paesi. In dettaglio, nel 2021 la ricchezza netta delle famiglie francesi e canadesi, in rapporto al reddito lordo disponibile, ha superato quella dei nuclei italiani. Dando uno sguardo ai valori assoluti, insomma, alla fine del 2021 la ricchezza netta delle famiglie italiane è stata pari a 10.422 miliardi di euro. Come afferma lo studio, rispetto all’anno precedente è cresciuta del 3% in termini nominali, ma si è leggermente ridotta in rapporto al reddito lordo disponibile (da 8,71 a 8,66). Nonostante il lieve aumento del valore delle abitazioni, dopo la prolungata fase di calo dal 2012, il peso di tale componente sulla ricchezza lorda è diminuito nel 2021 più di un punto percentuale, dal 46,6 al 45,4%.Detto in parole povere, non solo le famiglie italiane sono in media più povere di quelle europee, ma negli anni si sono anche a loro volta impoverite. A livello pro-capite la ricchezza netta degli italiani ammonta a 176.000 euro. In dettaglio, la ricchezza netta è aumentata di oltre 300 miliardi a valori correnti rispetto all’anno precedente (+3%), proseguendo la crescita iniziata nel 2019 e non interrotta dalla crisi pandemica; in termini reali, si è ridotta dell’1,1%, in controtendenza rispetto a quanto osservato nel 2020 (+1,7%).Ad averci fregato, va detto, è il mattone. Il principale tipo di investimento degli italiani. L’immobiliare, infatti, è crollato dal 2012 (solo ora si sta riprendendo) e con esso la ricchezza degli italiani. Le attività reali (6.186 miliardi di euro) sono aumentate dello 0,3% a prezzi correnti (+16 miliardi), soprattutto per effetto delle abitazioni (+0,4%; +23 miliardi), il cui valore di recente ha registrato una crescita per la prima volta dal 2012. Il valore degli immobili non residenziali si è invece ridotto (-1,5%), proseguendo la fase di contrazione in atto dal 2012. Del resto, alla fine del 2021 oltre la metà della ricchezza lorda delle famiglie italiane era composta da attività reali (54%) ed in particolare da abitazioni (45%) e immobili non residenziali (6%). Rispetto al 2020, il peso delle abitazioni è calato più di 1 punto percentuale (dal 46,6 al 45,4%).Al contrario, le attività finanziarie (5.237 miliardi) hanno segnato una crescita più robusta rispetto a quelle reali, pari al 6,6% (per un controvalore di 325 miliardi), trainata prevalentemente dalle azioni (+150 miliardi) e dalle quote di fondi comuni (+89 miliardi). È stata rilevante anche la crescita dei depositi (+70 miliardi), anche se meno accentuata di quanto osservato nel 2020 (+104 miliardi). Lo stock di titoli obbligazionari ha continuato a calare dal 2012. Anche le passività finanziarie sono aumentate del 3,7%, superando la soglia dei 1.000 miliardi. Si è osservato in particolare un incremento della componente dei prestiti (+3,8%).L’unica buona notizia, rilevano Istat e Banca d’Italia è che le aziende italiane sono poco indebitate. Non è una novità, va detto. In Italia siamo spesso tra i più poveri, pur amando molto poco i debiti. In Italia, alla fine del 2021 i debiti delle società non finanziarie sono ammontati al 50% delle attività non finanziarie, in sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente. Ma non siamo soli quanto a scarsa esposizione ai debiti. Le imprese italiane, così come quelle inglesi e tedesche, presentano un livello di indebitamento decisamente inferiore a quello delle società francesi e canadesi. Anche in questo caso, però, l’Italia primeggia. Nel 2021 l’indebitamento delle imprese si è ridotto in tutti i Paesi ad eccezione dell’Italia.
Charlie Kirk (Getty Images)