2018-03-31
Israele cade nella trappola di Hamas che ha bisogno di una nuova Intifada
Violenti scontri al confine, spari, morti e feriti. Disordini sobillati dai palestinesi di Gaza per non perdere il controllo dei territori in favore di Fatah. Soprattutto adesso che la Striscia è al collasso economico.Tutti i media del mondo hanno gli occhi puntati sulla striscia di Gaza. Una nuova ondata di violenza con morti e feriti. Il bilancio dei manifestanti palestinesi uccisi negli scontri lungo i reticolati ieri è salito a 12: lo riferiscono le agenzie palestinesi Wafa e Maan. La seconda spiega che gli ultimi due morti sono dovuti a colpi di artiglieria israeliana a Beit Hanun, nel nord della Striscia. Il ministero della sanità palestinese diffonde una nota e parla di oltre 1.000 feriti. L'esercito israeliano ha calcolato in circa 17.000 i manifestanti in «sommossa in sei luoghi lungo la striscia di Gaza, bruciando gomme, lanciando sassi alla barriera di sicurezza e verso le truppe israeliane che rispondono con mezzi di dispersione e sparando verso i principali istigatori», hanno riferito le fonti ufficiali di Gerusalemme sottolineando che Hamas «mette in pericolo le vite dei civili e le usa a fini terroristici, è responsabile dei disordini violenti e di tutto quello che avviene sotto i suoi auspici». Come sempre la battaglia tra Israele e i palestinesi si basa sulla diffusione di informazioni manipolate e mirate a danneggiare l'immagine dell'avversario. In questo caso la vittima è Israele che sembra caduta in un trappolone. Districare i fatti non è semplice, ma ci proviamo. Innanzitutto i colpi di cannone. Ci sono stati ma sono stati esplosi tre giorni fa. Non sulla folla come Hamas ha provato a far credere. L'Idf, Israel defence force, ha utilizzato un tank per far saltare in aria due avamposti di osservazione costruiti a ridosso del confine. Ha seguito le regole d'ingaggio. I punti di osservazione secondo l'intelligence israeliana servivano a fornire informazioni sensibili ai terroristi di Hamas che hanno ricevuto recentemente nuovi fondi. L'esplosione ha causato due morti. Da qui si è innescata la spirale di violenza. Esattamente ciò che Hamas sperava. Tant'è che sono state organizzate in pochissimo tempo mobilitazioni di massa lungo le principali postazioni di confine. Per alzare i toni i vertici palestinesi hanno pensato bene di utilizzare il vecchio schema degli scudi umani, solo stavolta invertendo gli addendi. «Una bambina palestinese di sette anni», si legge in un comunicato dell'esercito, citato dal Jerusalem Post, «è stata mandata da Hamas verso la barriera del confine, di fronte ai soldati israeliani. Le forze dell'Idf hanno immediatamente realizzato che si trattava di una bambina e si sono assicurati che fosse riportata al sicuro dai familiari. L'organizzazione terroristica di Hamas usa con cinismo donne e bambini, mandandoli verso il confine e mettendo a rischio le loro vite». Nulla di nuovo però stavolta l'escalation contro Israele sta funzionando, tant'è la folla di manifestanti ha richiamato altri manifestanti fino ad arrivare all'importante numero di 17.000 persone. Ieri molti palestinesi hanno cercato di avvicinarsi ai reticolati per lanciare bottiglie molotov e assaltare le torrette dei militari. Che a loro volta hanno «imposto una zona chiusa tutto attorno alla striscia. Con il rinforzo delle truppe, l'esercito, se necessario è preparato a rispondere», si legge in una nota, «ai violenti disordini programmati lungo il confine». Il ministro della difesa, Avigdor Lieberman, ha avvisato in arabo, sul suo profilo Twitter, che «ogni palestinese che da Gaza si avvicina alla barriera di sicurezza con Israele metterà la propria vita a rischio». Come sempre accade, le note del governo arrivano immancabilmente in ritardo rispetto ai fatti che appunto come abbiamo scritto sopra hanno purtroppo comportato morti e feriti. La violenza è sempre da condannare, ma la difesa dei confini è un'altra cosa. E non si può non notare che i vertici terroristici della Palestina sono in profonda crisi. Da tempo Hamas e Fatah sono in rotta. Dopo una profonda crisi nei rapporti bilaterali, lo scorso ottobre Hamas e Fatah hanno raggiunto un accordo di riconciliazione firmato al Cairo, in Egitto. L'accordo prevedeva la cessione progressiva di Hamas del controllo della Striscia di Gaza, che sarebbe passato all'Autorità palestinese in cambio della formazione di un governo di unità nazionale e di una più generale collaborazione tra le due fazioni. Le cose però non sono andate così: una serie di scadenze mancate e la rimozione il mese scorso del capo dell'intelligence egiziana, il quale aveva svolto un importante ruolo nei colloqui, hanno fatto crollare piano piano l'accordo, e hanno di fatto messo in crisi il riavvicinamento. La Striscia è al collasso dal punto di vista economico. L'embargo di Israele e soprattutto quello egiziano acuiscono le difficoltà. Hamas sa bene che se non scoppia una nuova guerra si troverà in forte minoranza e rischia di perdere il controllo dell'area.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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